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C’è stato un tempo, a Bruxelles, in cui i sospetti e i pregiudizi erano appuntati su Forza Italia. Nella seconda metà degli anni Novanta, la creatura politica di Silvio Berlusconi era ancora un oggetto misterioso e l’anticonformismo del suo leader poco piaceva ai politici europei di vecchio conio.
Non fu facile, per Forza Italia, essere ammessa nella famiglia politica europea più autorevole e rappresentativa.
L’ingresso nel Partito popolare europeo avvenne l’8 giugno del 1998, ai 27 europarlamentari berlusconiani fu consentito di aderire solo “a titolo personale” e ciò nonostante il gruppo del Ppe si spaccò: in 94 votarono a favore dell’ingresso, i contrari furono 34.
Il resto della storia è noto. Forza Italia è diventata una colonna portante del Ppe, Antonio Tajani ha ricoperto importanti incarichi istituzionali a Bruxelles, l’approccio europeista di Silvio Berlusconi non è mai venuto meno. C’è da credere che le porte dell’establishment europeo gli fossero state sbattute in faccia, la linea politica di Forza Italia rispetto all’ortodossia europesista sarebbe stata ben più scanzonata, e il fronte trasversale più o meno esplicitamente antieuropeo si sarebbe assicurato un nuovo protagonista.
Giova ricordare questo precedente per meglio inquadrare le possibili conseguenze delle resistenze del cancelliere tedesco Scholz, del presidente francese Macron, del gruppo socialdemocratico europeo e di diversi settori dello stesso Ppe ad interloquire su un piano di pari legittimità con il partito di Giorgia Meloni, e, in prospettiva, con gli altri partiti del gruppo conservatore Ecr.
L’esperienza insegna che i veti sortiscono spesso risultati contrari a quelli voluti. Rendere accessibile l’area del governo a forze politiche apparentemente antisistema è il modo migliore per depotenziarle elettoralmente e allinearle politicamente. È quello che è successo con Matteo Salvini in Italia.

Isolare Meloni in Europa è un errore. Il precedente di Forza Italia raccontato da Cangini

L’esperienza insegna che i veti sortiscono spesso risultati contrari a quelli voluti. Rendere accessibile l’area del governo a forze politiche apparentemente antisistema è il modo migliore per depotenziarle elettoralmente e allinearle politicamente. Va ricordato l’originario scetticismo dell’establishment europeo verso Forza Italia. Ecco perché le resistenze di Scholz e di Macron verso l’interlocuzione con Meloni ed Ecr potrebbero essere controproducenti. Il corsivo di Cangini

Crescono le chances di Marco Rubio come vice di Trump. Ecco perché

C’è stato un tempo in cui Trump e Rubio non si amavano affatto. Durante le primarie presidenziali repubblicane del 2016, i due divennero acerrimi avversari, non risparmiandosi pesanti stoccate reciproche. Poi, dopo l’arrivo alla Casa Bianca, i loro rapporti sono notevolmente migliorati. Va detto però che Trump non ha intenzione di rivelare il nome del suo candidato vice prima della Convention nazionale repubblicana, che si terrà a Milwaukee in luglio

Verso il summit Nato. Focus sulle minacce ibride russe

Alla recente riunione dei ministri della Difesa, il segretario generale Stoltenberg ha sottolineato l’urgenza di affrontare sabotaggi, attacchi informatici e campagne di disinformazione. Si lavora su condivisione d’intelligence, protezione delle infrastrutture critiche e le restrizioni sui visti. Ma serve la sponda Ue

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Il ricordo del generale Claudio Graziano, presidente di Fincantieri e per cinquant’anni servitore in uniforme del Paese, nelle parole del generale Pietro Serino, già capo di Stato maggiore dell’Esercito

Vi spiego la linea del G7 contro il traffico dei migranti. Scrive l'amm. Caffio

Per la prima volta i Paesi membri (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Regno Unito, Stati Uniti, oltre all’ Unione Europea che, non essendo uno Stato sovrano, non ne fa parte a pieno titolo), si sono confrontati sulle migrazioni irregolari. Il problema è stato visto nella sua globalità, senza far riferimento a determinate rotte migratorie o al caso specifico dell’immigrazione via mare che angustia l’Italia dai primi anni Novanta del secolo scorso. Il commento dell’ammiraglio Fabio Caffio

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