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Ieri, alla Commissione Giustizia del Senato statunitense, è stato il giorno della doppia deposizione del giudice Brett Kavanaugh – che il presidente Donald Trump ha scelto per la Corte Suprema – e di Christine Blasey Ford, una professoressa universitaria che lo accusa di averla molestata ai tempi del college (era il 1982, lei aveva 15 anni e lui 17; erano a una festa in piscina, entrambi ubriachi e lui, insieme a una amico, ha provato ad approfittare di lei, legata a un letto di una stanza chiusa a chiave).

Per prima ha parlato Ford, leggendo una dichiarazione scritta piuttosto toccante, in cui, con voce rotta dal pianto, ha raccontato le sofferenze che la violenza le ha provocato (segnante, portata a galla davanti all’attuale marito anche durante una seduta di terapia di coppia anni fa) e l’ansia provata in questi giorni, finita in mezzo al turbine mediatico che non le ha risparmiato frecciate velenose (dopo che comunque lei stessa aveva deciso di raccontare la sua storia al Washington Post).

Attenzione: Ford si è fatta avanti spontaneamente quando il nome di Kavanaugh era dato ancora soltanto tra quelli presenti in una lista di papabili diffusa dalla stampa, ma non era stato ufficialmente nominato. Per questo quello che dice è considerato credibile, e indipendente dalle dinamiche successive: per questo è così importante.

I senatori hanno scelto la procuratrice Rachel Mitchell per porre le domande a Ford: una scelta praticamente obbligata, visto che la commissione è comandata politicamente dalla maggioranza repubblicana, composta esclusivamente da uomini, e dunque sarebbe stato imbarazzante per loro interrogare una donna su una violenza sessuale nel sistema piuttosto politically correct che governa certe dinamiche negli Stati Uniti.

La strategia di far porre le domande a una procuratrice serviva pure per far passare l’audizione come un interrogatorio, in modo che i repubblicani – che tengono alla nomina del giudice perché considerato molto conservatore e quindi potrebbe sbilanciare ulteriormente la Corte verso certe posizioni – avessero potuto battere sulla propria linea, che è: Ford accusa Kavanaugh soltanto per ragioni politiche, vuole attenzione e intralciare il processo di nomina, la metteremo a nudo.

Ma la donna è sembrata piuttosto convincente, ha risposto con calma alle domande che le sono state poste, l’opinione pubblica americana (anche sulla base dei commenti usciti su media e social network), sembra aver apprezzato Ford, che non ha dato l’idea di essere lì per altre ragioni se non per un servizio al paese. “Sai che non sei sotto processo. Non sei sotto processo. Hai il coraggio di farti avanti perché, come hai detto, ritieni che sia stato un tuo dovere civico”, le ha detto Kamala Harris, democratica californiana nata da una madre di etnia Tamil, che ha ringraziato più volte per il loro coraggio le donne che hanno denunciato molestie con la spinta del #MeToo.

Poi, chiusa l’audizione di Ford, è toccato a Kavanaugh. Il giudice s’è difeso, anche con aggressività, incattivito ha respinto ogni genere di accusa, ha detto di essersi ubriacato ai tempi del college come tutti gli studenti americani (“Voi non bevete birra?” ha gridato in faccia ai senatori), ma di non aver mai commesso tutto quello di cui è incolpato: è tutto un piano ordito contro di me “su ordine dei Clinton in cerca di vendetta”, ha detto il giudice seguendo il distillato della linea trumpiana che incolpa complotti dello stato profondo, progettati dai democratici, per ogni cosa che non va nella sua presidenza.

La linea difensiva di Kavanaugh, piuttosto violenta, pare – dicono le fonti interne alla Casa Bianca dei media americani – che sia piaciuta molto al presidente: è il suo stile, d’altronde. Secondo quelle stesse fonti, Trump è rimasto piuttosto provato dalla solidità di Ford, e per tutta la mattinata di ieri sembrava aver dato per persa la candidatura di Kavanaugh. Pare, sempre per quegli insider, che Trump iniziasse a parlare del giudice come di “un debole”, aggettivo che nella visione del Prez significa aver già un piede nella fossa.

Però alla fine è rimasto convinto dall’audizione, tanto che – dopo aver tenuto fondamentalmente una linea distaccata sulla faccenda – il presidente ha scritto su Twitter: “Il giudice Kavanaugh ha mostrato all’America esattamente perché l’ho nominato. La sua testimonianza è stata potente, onesta e avvincente. La strategia cerca e distruggi dei democratici è oltraggiosa e questo processo è stato una totale vergogna e un tentativo di ritardare, di ostacolare e di resistere. Il Senato deve votare!”.

Ford non è l’unica ad accusare Kavanaugh: ci sono altre due donne che ne hanno parlato pubblicamente sui giornali, raccontando che il giudice e alcuni suoi amici (su tutti Mark Judge, scomparso dalla sua casa nel Maryland, e ritrovato dal Washington Post a casa di un altro amico in Delaware) erano soliti dare alle ragazze molto alcol e anche farmaci e droghe per stordirle e approfittare di loro.

Sono accuse pesantissime, respinte sotto giuramento dal giudice – ma anche alzate sotto giuramento dalla donna – che dice che non ha nessuna intenzione di ritirarsi dalla candidatura. I democratici della commissione vorrebbero approfondire e ascoltare anche le altre due donne che accusano Kavanaugh, ma al di là di colpi di scena si voterà oggi, 28 settembre, nella mattina di Washngton D.c. (saranno circa le tre del pomeriggio in Italia), perché i repubblicani hanno un solo voto di vantaggio (11 a 10) e vogliono chiudere rapidamente la pratica della ratifica per affidare alla camera il voto definitivo – anche se pure in Senato la maggioranza è di un solo voto e almeno quattro repubblicani sono dati per indecisi.

 

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Kavanaugh contro Ford. Trump convinto dal giudice, gli americani dalla sua accusatrice

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