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Il Giappone ha deciso di allinearsi agli standard di Stati Uniti ed Europa anche per quanto riguarda la classifica di segretezza, cioè l’indicatore del livello di segretezza attribuito in ambito nazionale a una determinata informazione. A rivelarlo è il giornale Nikkei, che evidenzia come la mossa sia dettata dalla volontà di facilitare la condivisione di informazioni e i rapporti industriali e commerciali. La svolta interessa anche l’Italia, alla luce del recente rafforzamento della relazione bilaterale, diventata a gennaio partenariato strategico, e del programma, che coinvolge anche il Regno Unito, per la realizzazione di un aereo da combattimento di sesta generazione (Global Combat Air Programme). Come evidenziato già mesi fa su Formiche.net, nella nuova, e più forte, relazione tra Italia e Giappone la condivisione di intelligence ha un ruolo centrale, sia a livello industriale sia per quanto riguarda i dossier di sicurezza nazionale.

Il governo giapponese sta lavorando alla riforma. Le bozze prevedono controlli più severi e sanzioni per chi fa trapelare segreti. Ma la vera novità è rappresentata dai due livelli di classificazioni: “informazioni che metterebbero seriamente a rischio la sicurezza nazionale” e “informazioni che potrebbero essere dannose per la sicurezza nazionale”, che riguardano questioni come i dati sulle sanzioni economiche e le tecnologie spaziali e informatiche critiche.

Si tratterebbe, come evidenzia il giornale giapponese, di un sistema più simile a quello utilizzato dagli Stati Uniti, che hanno tre livelli, ovvero “Top Secret”, “Secret” e “Confidential”. Anche il Regno Unito ne ha tre, dove aver abolito “Confidential” nel 2014, cioè “Top Secret”, “Secret” e “Official-Sensitive” (che prima era “Restricted”). L’Italia, come molti Paesi europei e come Nato e Unione europea, ne ha quattro: “Segretissimo”, “Segreto”, “Riservatissimo”, “Riservato”.

L’auspicio è che l’introduzione delle abilitazioni di sicurezza in Giappone, unico Paese membro del G7 a non averle – possa rendere più facile per le imprese lavorare con società straniere allo sviluppo di tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale. Inoltre, potrebbero partecipare a gare d’appalto all’estero che richiedono queste autorizzazioni.

Ma non solo. La svolta è legata anche alla condivisione di intelligence, visto che gli Stati Uniti stanno allargando la cooperazione in questa materia con i Paesi asiatici per contrarre lo spionaggio e i cyber-attacchi cinesi. L’amministrazione Biden, come ha ricordato ieri Bloomberg, ha sviluppato una serie di formati in Asia che vedono il Giappone sempre presente: il Quad con India e Australia e i trilaterali con Corea del Sud e Filippine. Senza dimenticare il rafforzamento dei rapporti bilaterali con Giappone, India e Vietnam. “I contatti tra le intelligence possono fungere da importante moltiplicatore di forze”, ha dichiarato Daniel Byman, esperto del Center for Strategic and International Studies di Washington, a Bloomberg. “Possono espandere la raccolta complessiva, poiché diversi Paesi avranno accesso a diversi segreti in diverse parti del mondo”. Basti pensare che secondo U.S. News & World Report alla fine dello scorso anno l’India è stata in grado di respingere un’incursione militare cinese sull’Himalaya grazie a una maggiore condivisione di informazioni con le forze armate statunitensi.

Evidenzia Bloomberg che queste partnership andranno a integrare il patto Five Eyes, che da tempo costituisce la pietra miliare delle partnership di intelligence degli Stati Uniti. Questa rete informale, composta da Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda, negli ultimi anni ha spostato la sua attenzione sulla Cina, ma il fattore lingua inglese ne limita la portata e la rilevanza in Asia, spiega ancora la testata. “La posizione predominante dei Five Eyes è abbastanza consolidata, ma quando si inizia a lavorare su problemi diversi, le priorità cambiano”, ha detto Byman. “Quando si passa alla Cina, Paesi come il Giappone e la Corea del Sud diventano più importanti, insieme ai partner Five Eyes della regione come l’Australia e la Nuova Zelanda”.

La svolta degli 007 giapponesi interessa anche Roma

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