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Brexit, si può tornare indietro. E non solo per la triplice caduta del governo di Theresa May a pochi giorni dal voto definitivo del parlamento di Westminster sull’onda della constatazione del procuratore generale Cox che Londra resterà sempre un po’ invischiata nei vincoli europei. Ora c’è anche un’exit strategy, semmai gli inglesi volessero ripensarci dopo il referendum del 2016.

La road map l’ha tracciata non un analista qualsiasi, ma l’avvocato generale della Corte di Giustizia europea il quale ritiene che la Gran Bretagna può decidere, unilateralmente, di revocare la sua decisione di lasciare l’Unione europea. Secondo l’avvocato Campos Sánchez-Bordona l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato sull’Unione (Tue) può infatti essere cancellata fino alla conclusione dell’accordo di separazione. Cosa che avevo previsto in Euxit citando una considerazione di Giuliano Amato.

La questione era stata sollevata davanti ad un Tribunale scozzese da numerosi parlamentari del Parlamento locale, di quello del Regno Unito e del Parlamento europeo. Quella magistratura ha poi deciso di sollevare il problema alla Corte Ue. L’Avvocato Generale, le cui conclusioni dovranno poi essere accolte dalla Corte e di solito avviene, interpreta dunque l’articolo 50, quello che regola le modalità di uscita dall’Ue, facendo riferimento alle pertinenti disposizioni della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, sulla base del quale si basa l’articolo, per ciò che non è espressamente previsto in esso. Ai sensi dell’articolo 68 della Convenzione, ha ricordato Eunews, le notifiche di recesso da un trattato internazionale possono essere revocate in qualsiasi momento prima che entrino in vigore.

Campos Sanchez Bordona sottolinea che il ritiro di un trattato internazionale, che è il corollario del potere di concluderlo, è, per definizione, “un atto unilaterale di uno Stato parte e una manifestazione della sovranità di quello Stato”. La revoca unilaterale sarebbe anche una manifestazione della sovranità dello stato uscente, che sceglie di annullare la sua decisione originale. In virtù della legge britannica sul ritiro dall’Ue (European Union Withdrawal Act), l’accordo che potrebbe essere concluso tra il Regno Unito e l’Ue non può essere ratificato se non con l’approvazione del Parlamento britannico. In assenza di approvazione, se nessun’altra proposta viene formulata, l’uscita del Regno Unito dall’Unione sarà comunque effettiva dal 29 marzo 2019. Ma gli scozzesi, che vogliono restare nell’Ue, come accadrà incredibilmente all’Irlanda del Nord, cosa che fa traballare tutto l’accordo Londra-Bruxelles, si sono portati avanti col lavoro.

Su richiesta del loro tribunale , il presidente della Corte ha così disposto la procedura accelerata prevista dal suo regolamento, stante “l’urgenza della domanda e tenuto conto dell’importanza fondamentale che riveste la corretta interpretazione e applicazione dell’articolo del trattato che prevede l’abbandono dell’Ue sia per il Regno Unito sia per l’ordine costituzionale dell’Unione nel suo complesso”. Ora Londra e il governo di Theresa May avrebbero una exit strategy qualora l’accordo sulla Brexit venisse bocciato dal Parlamento di Westminster e tutto tornasse in discussione. Insomma, la perfida Albione sembra battuta dall’imperturbabile Sfinge di Bruxelles, che prova, attraverso la Corte di Lussemburgo, a tendere una mano agli spaesati e divisi di oltremanica.

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