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Sia in Europa sia in Turchia, quando si parla delle relazioni bilaterali tra Ankara e i partner europei, i toni sono piuttosto aspri. Le interazioni politiche ad alto livello sono circoscritte, mentre in Europa l’opposizione dell’opinione pubblica a una futura adesione della Turchia ha toccato un incredibile 77%. Gli stessi turchi, che a metà degli anni Duemila si schieravano a sostegno di un ingresso nell’Unione per il 74%, avversano oggi – pur se in lieve maggioranza – un allargamento dell’Ue ad Ankara. Allo stato attuale, è infatti difficile immaginare un’adesione alla casa comune europea come l’abbiamo concepita sinora.

A rigore, la Turchia non sembra più soddisfare i criteri di Copenhagen, in particolare quello politico, al cui rispetto l’accesso di un nuovo Stato membro è condizionato.Da parte sua, Ankara guarda comprensibilmente con diffidenza una Ue che viene percepita come in deficit di credibilità, avvezza a doppi standard e accusata di aver spostato sempre più in avanti, sin dall’allargamento del 2004, i traguardi fissati per l’adesione di Ankara. Come se non bastasse, il processo di pace cipriota, dopo il fallimento dell’ultimo round di negoziati, sembra ormai finito in un vicolo cieco.

Sarebbe ora che le parti coinvolte, in particolar modo la Repubblica di Cipro, ammettessero chiaramente di non essere interessate a questo tipo di accordo. Dulcis in fundo, ad arricchire il già composito quadro c’è il progressivo deterioramento delle relazioni bilaterali fra Germania e Turchia, condito da indecenti accuse rivolte da Ankara ai suoi partner europei su cui è meglio tacere.

Il quadro complessivo, tuttavia, è più articolato di quanto appaia. È vero: sul piano politico i rapporti fra Bruxelles e Ankara hanno toccato il minimo storico. Ma se altre dimensioni delle relazioni Ue-Turchia, come quella commerciale e finanziaria, sono tenute in considerazione, il quadro cambia significativamente. Gli indicatori strutturali economici e di sviluppo umano dimostrano infatti un inesorabile avvicinamento fra Ue e Turchia, avvalorato anche dall’accresciuta cooperazione in settori come immigrazione, energia, politica estera e antiterrorismo, fondata spesso non su una convergenza ideale, ma piuttosto sulla consapevolezza delle reciproche esigenze. Queste considerazioni suggeriscono che le relazioni fra Ue e Turchia sono in realtà così intense e cruciali che è impensabile possano finire su un binario morto.

Per dare senso a questa apparente contraddizione e sfuggire la logica del conflitto perenne tra Ue e Turchia occorre adottare una prospettiva multidimensionale. I rapporti Europa-Turchia sono stati perennemente caratterizzati da un equilibrio in continua evoluzione fra conflitto e convergenza. Proprio l’oscillazione e la coesistenza fra questi due termini cattura l’essenza dell’(in)stabile posto della Turchia in Europa.

Una relazione istituzionalizzata fra Bruxelles e Ankara in grado di catturare a fisarmonica tale oscillazione dovrebbe essere da un lato sufficientemente intensa da incorporare e approfondire i trend convergenti, soprattutto nella sfera economica, e da fornire una cornice per costruire un ponte verso i democratici e riformisti turchi, oggi minoranza perseguitata. Dall’altro lato, essa dovrebbe essere sufficientemente flessibile da consentire un’agevole cooperazione in ambiti di interesse sia per l’Ue sia per la Turchia, anche laddove tali interessi non dovessero essere perfettamente convergenti o coincidenti. D’altra parte, la riduzione delle relazioni Ue-Turchia a una serie di transazioni contrattuali in ambiti specifici di comune interesse ma al di fuori di una cornice regolatoria o istituzionale è da scoraggiare perché non in grado di impedire che il dissenso politico sfoci in deflagrante conflitto. Il risultato finale non sarebbe, come avvenuto nei precedenti sette allargamenti, una piena adesione all’Ue, resa impossibile dalla diversità di vedute e le tensioni tra Ue e Turchia.

Una terza via passa invece per un rafforzamento dell’unione doganale, che darebbe un ancoraggio politico e un quadro di regole alla relazione Ue-Turchia e fornirebbe da trampolino di lancio per una graduale integrazione della Turchia nel mercato unico. Allo stesso tempo, tenere in vita la prospettiva europea per la Turchia non implicherebbe in alcun modo una convergenza della Turchia rispetto al cuore “federale” dell’Unione. Tale processo aprirebbe infine la strada a un percorso di integrazione differenziata che è sempre stata la realtà dell’Europa unita, ma soltanto di recente è divenuta programma politico per il rilancio del progetto europeo. Sarebbe irresponsabile e pericoloso oggi non solo arrestare il processo di adesione della Turchia, ma anche solo non portarlo avanti, perché è proprio in un’Unione improntata alla differenziazione che le difficili relazioni fra Bruxelles e Ankara potranno trovare una cornice nel prossimo futuro.

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