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Fonti diplomatiche turche rivelano al quotidiano Hurriyet che Ankara avrebbe respinto la richiesta americana a proposito dei dispositivi di difesa aerea S-400: gli Stati Uniti vorrebbero che la Turchia, secondo per grandezza tra gli eserciti Nato, rinunciasse all’acquisto dei sistemi fabbricati dalla Russia, perché creerebbero un problema gestionale, ma soprattutto un precedente politico delicato.

A quanto pare la questione è stata presa in considerazione direttamente dal segretario di Stato americano, Mike Pompeo, e dal suo omologo turco, Mevlut Cavusoglu, durante l’incontro di tre giorni fa a Washington. Ma la richiesta, dicono le fonti
è stata respinta “con fermezza” dalla Turchia.

Due giorni fa turchi e americani avevano raggiunto un accordo per la gestione congiunta di Manbij, una città del nord-siriano che le forze speciali statunitensi avevano liberato dall’occupazione dello Stato islamico grazie all’aiuto dei miliziani dell’Ypg. Un passaggio che sembrava segnare un riavvicinamento formale tra Ankara e Washington: alleati de iure, ma con i rapporti ai minimi storici de facto – i primi pensavano che con l’arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump le relazioni, raffreddate durante la presidenza Obama, sarebbero cambiate, ma nonostante i contatti formali tenuti da Pompeo già ai tempi in cui dirigeva la Cia, poco o niente è cambiato.

La questione di Manbij è rappresentativa di uno dei temi caldi tra i due paesi. Da mesi la situazione in quell’area era tesissima, addirittura i Ranger americani avevano girato per l’hinterland cittadino con le bandiere Stars&Stripes alzate per evitare l’attacco dei turchi, che vedono le Ypg (alleati Usa) come milizie nemiche, collegate al Pkk, e contro cui hanno lanciato una campagna militare in accordo – tacito – col governo siriano e con il beneplacito di Mosca, che ha incluso la Turchia nel sistema a tre che sta negoziando il futuro siriano in modo indipendente dall’Onu. Un modo per allontanarla dall’asse occidentale, sfruttando punti di rottura come per esempio la Siria, dove per i turchi l’alleanza tra americani e curdi siriani è stata un tradimento, che ha segnato uno degli argomenti da cui sono iniziate le divisioni.

Secondo le informazioni rivelate, Cavusoglu avrebbe sottolineato a Pompeo che “tutti i paesi” che circondano la Turchia hanno in dotazione sistemi missilistici: “Immaginate se, per esempio, i rapporti con l’Iran peggiorassero a causa della Siria e la Repubblica islamica lanciasse missili contro la Turchia: come potremmo difenderci?”, e dunque per questo Ankara avrebbe diritto agli S-400 (in alternativa gli americani hanno proposto sistemi di propria fabbricazione, ma i turchi vorrebbero scegliere quelli russi lo stesso).

Il punto critico è che, a quanto pare, gli americani hanno anche ventilato l’ipotesi di sanzioni contro la Turchia, che secondo le fonti turchi di Hurriyet “non resterebbero senza risposta”, e dunque aprirebbero uno scenario delicatissimo. La Turchia ospita infatti un base strategica americana, a Incirlik, in cui sono stoccati anche ordigni nucleari, parte della deterrenza Nato e Usa.

I turchi si difendono con un dettaglio tecnico che proverebbe la loro franchezza: Ankara avrebbe rifiutato i tempi di consegna proposti dalla Russia. Mosca voleva far arrivare gli S-400 in nove mesi, ma questo significava che la gestione dell’intero sistema sarebbe stata affidata a tecnici russi; il governo turco avrebbe invece scelto una consegna in 19 mesi, in modo da completare i lavori su un software di produzione propria per porre le batterie sotto il pieno controllo di suoi militari e addetti.

C’è anche un’altra pendenza sugli approvvigionamenti militari, collegabile: nei prossimi mesi dovrebbero arrivare in Turchia i primi F-35 ordinati (il primo in assoluto degli F-35 turchi è decollato per i test a Fort Worth il 23 maggio), ma la consegna potrebbe essere rallentata in connessione alla faccenda degli S-400 e alla scarsa empatia – leggasi: affidabilità – con la Turchia secondo una richiesta inserita nella legge per la Difesa da due congressisti statunitensi (Jeanne Shaheen, democratica del New Hampshire, e Thom Tillis, repubblicano del North Carolina).

Cavusoglu, il giorno dopo aver visto Pompeo, aveva già detto durante un’intervista alla rete televisiva Ntv Haber che ricatti del genere non sono costruttivi, aggiungendo che se non fossero arrivati gli aerei della Lockheed Martin allora Ankara si sarebbe sentita libera di scegliere altri fornitori (e torna ancora la Russia, con i Su-57, affare di cui aveva parlato lo Yeni Safak, velina del presidente Recep Tayyp Erdogan).

Intanto, per quanto noto, la ditta americana ha già invitato i funzionari militari turchi a una cerimonia di consegna il 21 giugno, e almeno la prima fornitura non dovrebbe essere a rischio: successivamente dipenderà dai passaggi congressuali americani, che potrebbero decidere di bloccare o meno gli scaglioni di fornitura dei circa cento caccia ordinati.

Il blocco degli F-35 è una delle sanzioni con cui l’America può minacciare la Turchia per via degli s-400. Cavusoglu ha già risposto che c’è un contratto legalmente vincolante, e ammonito gli americani su potenziali conseguenze, come la chiusura di Incirlik.

(Foto: Twitter, @StateDept)

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