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Non si placa la guerra di nervi tra Grecia e Turchia, con schermaglie diplomatiche che hanno lasciato il campo ad azioni di disturbo e reazioni scomposte. Mentre la Corte suprema di Atene libera gli otto presunti golpisti, che erano detenuti in Grecia, Erdogan minaccia di riprenderseli con la forza per mandarli alla Corte marziale e reagisce con gli F16 che sconfinano provocatoriamente su quattro isole dell’Egeo: sintomo di un malessere che da diplomatico è scivolato sul terreno economico e geopolitico.

Sullo sfondo le strategie sugli idrocarburi, l’asse di Atene con Il Cairo e Tel Aviv (oltre al rafforzamento del legame con gli Usa), quello di Ankara con Teheran e Mosca.

IL CASUS

Dopo 18 mesi di detenzione sono liberi gli ultimi quattro soldati turchi che erano fuggiti in Grecia dopo il fallito colpo di stato del luglio 2016. I soldati sono stati rilasciati e ora vivono sotto stretta sorveglianza, in un luogo segreto, dopo la sentenza da parte della Corte Suprema, che aveva respinto la richiesta di Ankara di estradizione. La reazione di Ankara questa mattina si è concretizzata nella violazione dello spazio aereo ellenico per quattro volte in un’ora con due coppie di F16 che hanno sorvolato quattro isole greche.

La minaccia diretta del rapimento degli 8 soldati turchi sarebbe stata lanciata da Ankara, come ha denunciato il deputato di Syriza Christos Simorelis. “Non siamo né il Kosovo né il Montenegro” ha detto ai microfoni di Skai il parlamentare della maggiornaza come a voler sottolineare il fatto che in Grecia esiste ancora lo stato di diritto.

Ad attaccare il governo ci aveva pensato lo speaker dell’esecutivo turco, Bekir Bozntag, secondo cui la Grecia “sostiene esponenti dell’organizzazione di Gülen e non possiamo accettarlo”. E ha aggiunto: “Subito dopo il colpo di stato abbiamo registrato un clima positivo in Grecia e abbiamo avuto molte speranze. Abbiamo pensato che il signor Tsipras avesse tenuto la sua parola, che fosse un uomo. Ma poi…”.

Infine la minaccia: “Qualunque cosa accada, è nostro dovere trovare quei golpisti affiliati all’organizzazione di organizzazione Gulen, per imballarli e portarli in Turchia. Ovunque siano”.

Intanto le opposizioni al governo Tsipras, già sugli scudi per via della questione legata al nome della Fyrom, chiedono di sapere se effettivamente il premier greco avesse fatto o meno qualche promessa al Presidente turco Erdogan: “È giunto il momento che il signor Tsipras risponda alle promesse turche sul presunto ritorno degli otto” ha osservato il segretario del partito conservatore Nea Dimokratia, Kyriakos Mytsotakis.

SCINTILLE

La questione è legata alla cattura dei due soldati greci al confine con l’Evros prima di Pasqua, che la Turchia accusa di essere delle spie, mentre invece secondo fonti militari sarebbero la “risposta” di Ankara al riparo offerto agli otto militari turchi.

Il tenente Angelos Mitretodis e il sergente Dimitrios Kouklatzis sono ancora agli arresti, ma mentre Atene parla di un semplice sconfinamento durante un’operazione di pattugliamento a causa delle avverse condizioni climatiche Ankara li accusa di spionaggio. Il ministro della difesa Panos Kammenos ha definito “ostaggi” i due militari ellenici parlando apertamente di rapimento effettuato da un commando turco. La questione è stata al centro di un appello dei 15 europarlamentari ellenici che hanno chiesto ad Ankara il rilascio per un’iniziativa partita dall’eurodeputato di Syriza Kostas Chrysogonos, che ha visto in seguito convergere il consenso di tutti gli altri gruppi politici.

Lo scorso 24 maggio a margine della 12ma Conferenza dei capi di Stato maggiore dei paesi dei Balcani a Belgrado, i vertici militari dei due paesi si erano incontrati: l’ammiraglio capo delle Forze armate greche Evangelos Apostolakis con il suo omologo turco Hulusi Akar. Al centro del meeting la possibile riduzione delle tensioni nel Mare Egeo ed evitare nuovi incidenti tra i due paesi, con la questione dei due soldati greci in primo piano.

twitter@FDepalo

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