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Il premier ellenico Alexis Tsipras ne è certo: dice che il Paese è alla fine del percorso di “stretta sorveglianza” dei creditori. Ma nonostante l’evidente sforzo di riforma degli ultimi anni, la Grecia non sembra invertire il profilo prestazionale degli indicatori di competitività.

Inoltre il debito pubblico nel 2017 è aumentato rispetto al 2016 e nessuno sa come farà Atene a coprire i 100 miliardi di deficit di investimenti creati cumulativamente tra il 2009 e il 2017 nonostante la svendita del proprio territorio, isole comprese (una l’ha comprata Lionel Messi).

Ecco tutti i numeri sciorinati da Tsipras e dalla troika per la fine della crisi greca: ma è davvero passata “‘a nuttata”?

OTTIMISTI

Il governo Syriza festeggia: ha registrato un avanzo primario del 4% del Pil, 7,080 miliardi di euro nel 2017, da un avanzo del 3,9% o di 6,709 miliardi di euro nel 2016. Ma il debito pubblico greco aumenta: ammonta a 317,407 miliardi di euro nel 2017 (178,6% del Pil), mentre invece nel 2016 era da 315.009 miliardi di euro (180,8 per cento del Pil).

E cerchia in rosso il prossimo agosto, quando secondo Tsipras il governo sarà riuscito a raggiungere l’uscita “dai memorandum e da una stretta sorveglianza”, per abbracciare il “ritorno della nazione alla normalità anche se la fine ufficiale del cordone ombelicale che lega Atene alla troika (Bce, Ue e Fmi) è il 2052.

Da Bruxelles il vice presidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis ha più volte sostenuto che Atene deve andare avanti con le riforme e con i noti obiettivi fiscali anche dopo il termine del programma. Tra l’altro è del 2 marzo scorso il nulla osta all’ennesima tranche di prestiti da 5,7 miliardi. La luce verde era arrivata dopo che il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno aveva certificato i progressi del governo Tsipras, previsti dalla terza revisione del programma di salvataggio legato al Meccanismo europeo di stabilità (Esm).

E l’Italia dopo le ferrovie si prende un altro pezzo greco, privatizzando Desfa (gas naturale). Snam (in consorzio assieme a francesi e belgi) si aggiudica il 66% dell’operatore ellenico di distribuzione del gas naturale per un valore di 535 milioni.

L’accordo porta in grembo sia il 31% di Hradf sia il 35% dalla società di raffinazione petrolifera greca Hellenic Petroleum (Helpe) molto appetita dopo che il governo di Atene ha aperto alla ricerca di petrolio a Creta e nello Ionio. La Snam è in consorzio con la francese Enag Internacional e la belga Fluxys.

DUBBIOSI

In occasione della proposta per uno shock positivo sugli investimenti per l’economia greca sono stati diffusi numeri secondo cui il Paese non è ancora in grado di coprire i 100 miliardi di deficit di investimenti creati cumulativamente nel periodo tra il 2009 e il 2017. In particolare la Grecia ha perso 16 posizioni nel World Economic Forum – Competitiveness Index nel periodo 2008-2016: è al 28esimo posto rispetto ai 28 paesi dell’Ue. Inoltre ha perso 6 posizioni nell’indice Doing Business della Banca Mondiale nel 2016/2017, mentre è al 27esimo posto tra i 28 paesi dell’Ue.

Secondo i dati della Banca di Grecia inoltre nel periodo gennaio-febbraio 2018 le presenze turistiche sono sì aumentate del 4,2% rispetto allo stesso periodo dei 12 mesi precedenti, attestandosi a un ricavo bimestrale (quindi con riferimento al periodo natalizio) di 305 milioni grazie all’aumento dell’8,3% dei visitatori da Paesi extra Ue.

Ma in tutto sono diminuiti i ricavi fiscali: significa che non tutti ancora pagano le tasse, sia per il rafforzamento del sommerso sia per la carenza del sistema di riscossione dei balzelli. Nelle ultime settimane sta circolando la proposta di prevedere il pagamento delle tasse per i liberi professionisti con bonifico bancario obbligatorio. Per tutti gli altri solo da pochi giorni è operativo il sistema elettronico per il pagamento di imposte e debiti tramite Taxis, con bancomat e carte di credito.

Ad oggi il contribuente greco è tra i cinque contribuenti più tartassati dei Paesi dell’Ocse: a fronte di uno stipendio medio mensile di 900 euro, paga il 40% di tasse. In media in Irlanda si paga solo il 14%. In Grecia, nel 2017, è stata applicata la quarta aliquota massima per le persone fisiche, raggiungendo il 55%. E nonostante il livello di tassazione, un disoccupato di lungo periodo in Grecia riceve a malapena il 7% del reddito percepito prima di essere licenziato. Lo stesso tasso è del 55% nella Repubblica ceca e del 68% in Lussemburgo.

REALISTI

Secondo un report di Goldman Sachs tre sono gli obiettivi che la Grecia dovrebbe centrare per poter ottenere un quadro chiaro circa un ritorno sostenibile sui mercati. Contrariamente sarebbe vista dagli investitori ancora come un “caso speciale” e quindi totalmente vulnerabile a eventuali nuovi crac.

Il primo riguarda il debito pubblico. Se non dovesse essere alleggerito, secondo gli analisti del gruppo, non sarà più sostenibile. “Stimiamo – osservano – che senza una riduzione del debito, il debito in percentuale del Pil salirà ben al di sopra dei limiti che il Fmi giudica necessari per prevenire una nuova crisi”.

Il secondo è quello di avere un importante ammortizzatore sociale/finanziario prima di poter uscire dal programma. Rispetto al quadro osservato in Portogallo, Irlanda e Cipro, quello ellenico resta caratterizzato da una politica monetaria che resterà dura, “il che rende ancora più necessario il grande cuscino della liquidità”.

Infine la terza condizione, ovvero continuare sulla strada della disciplina fiscale. “Il fare affidamento esclusivamente sulla disciplina imposta dai mercati non è sufficiente” sostiene la banca d’affari.

twitter@FDepalo

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