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“L’Isis cerca di crescere, ma noi contrastiamo questo tentativo con notevole successo. Ne abbiamo drasticamente ridotto le capacità offensive nelle città occidentali”. Ad affermarlo a Formiche.net è Alessandro Orsini, direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss e autore del libro “L’Isis non è morto. Ha solo cambiato pelle”, edito da Rizzoli.

I riflettori sul terrorismo si erano spenti, almeno in apparenza, per un po’, eppure nelle ultime settimane, soprattutto a ridosso della Pasqua passata, l’allarme è stato al centro dell’informazione.

Tra l’attentato in Francia, il monito del capo della Polizia Gabrielli, l’arresto di un egiziano a Foggia accusato di formare futuri terroristi  e l’arresto di un marocchino a Torino e le relative perquisizioni, prevalentemente nel nord Italia, si è tornati a parlare di questo tema che non permette alle intelligence di abbassare la guardia. Sulla situazione attuale dell’Isis e di al-Qaida, in Italia e nel resto del mondo, Formiche.net ha ascoltato proprio Alessandro Orsini.

Direttore, alla luce degli ultimi allarmi nelle metropoli, lei ritiene che l’Isis stia crescendo all’interno delle città occidentali?

Direi che l’Isis cerca di crescere, ma noi contrastiamo questo tentativo con notevole successo. Abbiamo drasticamente ridotto le capacità offensive dell’Isis nelle città occidentali. Nonostante ciò, l’Isis continua e continuerà a colpirci. È in corso una guerra, che noi stiamo vincendo, attraverso la riduzione progressiva delle capacità offensive del nemico.

La minaccia non è mai stata così alta come ora, come sostiene Marco Minniti?

Minniti ha ragione. Le probabilità che l’Italia subisca l’attentato di un lupo solitario o di una cellula autonoma è cresciuta negli ultimi mesi.

Il suo ultimo libro “L’Isis non è morto” spiega proprio come non ci debbano fuorviare alcuni ultimi avvenimenti, come ad esempio la liberazione di Raqqa dall’Isis, perché quest’ultimo ha solo cambiato pelle.

L’Isis è passato da un terrorismo ricco, basato su cellule ben addestrate e finanziate, come quella del Bataclan, a un terrorismo povero, basato sull’attivazione di lupi solitari o di cellule autonome che non ricevono alcun sostegno da parte dell’organizzazione. Il pericolo è cambiato, ma persiste.

Come si stanno intersecando i rapporti fra Isis e al-Qaida?

Per ora, sono in evoluzione.

Negli ultimi casi di atti di matrice terroristica si sono visti alternarsi quelli che lei ha definito lupi solitari e/o cellule autonome. Che differenza c’è esattamente tra questi?

Le cellule autonome sono gruppi di amici e di parenti che non ricevono sostegno dai capi dell’Isis. I lupi solitari sono singoli individui. In entrambi i casi, sono terroristi “fai da te”, anche se operano in nome dell’Isis. Le cellule più pericolose sono quelle guidate dai capi dell’Isis.

Se guardiamo al caso italiano, sembra che il nostro Paese sia più terra di radicalizzazione. Ė corretto?

È sempre questione di confronti. L’Italia ha certamente un problema con la radicalizzazione jihadista, ma il problema sparisce, se il nostro Paese viene posto a confronto con Belgio, Francia e Inghilterra.

Nel caso dell’arresto dell’egiziano a Foggia, le indagini sono state svolte dalla polizia tributaria, Guardia di Finanza e Digos. Si è verificato un primo caso di “confisca per sproporzione”, la disponibilità economica era sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati. Anche la lotta al terrorismo internazionale quindi deve seguire il movimento del denaro?

Certo. Il terrorismo ricco, come ho proposto di chiamarlo, è il nemico più pericoloso. Tanti soldi, significa tanti morti.

OrsiniISIS300dpiAlessandro Orsini

L’Isis non è morto. Ha solo cambiato pelle

Rizzoli,2018, pp. 234 euro 18

isis

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