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“Questa non è una mostra sul passato ma sul futuro. Sul futuro che sognava l’ultima generazione che non ha avuto paura di cambiare tutto per rendere il mondo migliore”. Un 1968 raccontato da 178 immagini e 15 filmati che ci trasportano direttamente nell’epoca in cui tutto sembrava in bilico tra il possibile e l’irraggiungibile. Un percorso a ritroso che getta le basi per la comprensione profonda della lotta generazionale di quegli anni. L’esposizione, dal titolo “Dreamers. 1968: come eravamo, come saremo” è stata ideata, curata e introdotta oggi alla Sala Stampa Estera da Riccardo Luna, direttore dell’Agi.

Promossa da Roma Capitale, dalla Sovrintendenza capitolina ai Beni Culturali e con il patrocinio del Miur, la mostra è stata resa possibile grazie alle numerose fotografie provenienti dall’archivio storico di Agi e completata con gli altrettanto numerosi prestiti messi a disposizione, tra gli altri, da Aamod, archivio audiovisivo del Movimento operaio e democratico, Afp, Agence France-Presse, Rai Teche e Ansa.

“Quello che ci ha colpito costruendo questa mostra – ha detto Luna -, sfogliando le migliaia di foto che decine di agenzie e archivi ci hanno messo a disposizione con una generosità davvero stupefacente, come se tutti sentissero il dovere di contribuire alla ricostruzione di una storia che riguarda i nostri figli molto più che i nostri genitori; quello che ci ha colpito sono gli sguardi dei protagonisti, l’energia dei loro gesti, le parole nuove che usavano”.

Un archivio storico che analizzerà quell’anno cruciale guardandolo da diverse prospettive. Prima di tutto ci saranno i “sognatori del futuro”. Martin Luther King, Robert Kennedy condurranno i visitatori in quella che era la cronaca internazionale dell’epoca. La guerra in Vietnam, la segregazione razziale negli Stati Uniti fino alla primavera di Praga e al maggio francese. E poi la sezione dedicata alle rivolte studentesche con particolare riferimento alla “Battaglia di Villa Giulia”. Senza dimenticare le opinioni degli intellettuali dell’epoca che esaminavano gli avvenimenti con prospettive diverse. Tra questi, come d’altra parte è evidenziato dalla mostra, senza dubbio vi è Pierpaolo Pasolini che con il testo “Vi odio cari studenti” ha gettato la sua ombra critica sul fervore contestatorio dei giovani universitari, simpatizzando con i poliziotti che definisce i veri “figli dei poveri”.

E poi ancora le immagini che contrappongono due Italie diverse: quella della gente comune, della disperazione, dello sconforto delle famiglie dopo il terremoto nella Valle del Belice e quella delle celebrità che in quegli anni orbitavano intorno al club romano Piper. Tra feste e balli, andando incontro, però, con il termine degli anni ’60, alla fine della “Dolce vita” felliniana. Ultimi sprazzi di fulgore nostalgico prima che arrivino gli anni di piombo.

Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione ha sottolineato come la lettura critica di un fenomeno generazionale così ampio come il ’68, sia la valvola giusta per far sì che anche i giovani di oggi imparino l’arte della mobilitazione in base ai  valori e gli ideali. Uno spirito critico, quello sei sessantottini, che traspare tutto attraverso l’esposizione delle immagini. ” Importante che i ragazzi che vedranno questa mostra recuperino il senso critico nella lettura e interpretazione dei fatti, che il ’68 non sia ricordato solo come periodo di violenza e protesta. Mi ha colpito una frase della presentazione: nessuno si salva da solo”, ha detto la Fedeli.

Tra gli intervenuti alla conferenza stampa c’era, poi, anche Giuseppe De Rita del Censis che descrive il 1968 come un momento di “discontinuità” in un Paese, l’Italia, in cui ha sempre regnato la silenziosa “continuità” delle cose. Il sessantotto, dunque, come “prototipo” di questa interruzione, di questo tentativo di sovvertire il calmo svolgimento degli eventi. “Si diceva cambierà tutto, ma poi non è cambiato niente”, ha detto De Rita.

La mostra è organizzata in collaborazione con Siae-Società Italiana degli Autori ed Editori e, in un clima generale suscitato dal ricordo vivo di quel convulso e appassionato periodo, il direttore generale Gaetano Blandini ha così commentato l’iniziativa: “Tra gli slogan del sessantotto uno mi piace particolarmente, perché non ha confini ideologici, culturali, temporali. È l’immaginazione al potere! È l’immaginazione che ha permesso ai grandi autori di quegli anni – da Fo a Pasolini, da De Andrè a Guccini, da Bellocchio a Bertolucci ai Taviani e a moltissimi altri – di comporre musiche, scrivere testi, girare film, mettere in scena spettacoli che hanno accompagnato, come questa mostra racconta, la storia di una generazione che ci ha lasciato alcune delle immagini più forti della nostra storia recente. L’immaginazione è la creatività, è il talento umano che SIAE per sua vocazione difende e che 50 anni fa ha avuto una delle sue espressioni più autentiche e generose. Ci impegniamo ogni giorno perché il diritto di ogni autore alla sua immaginazione non sia messo in discussione”.

In partnership, tra gli altri, con la Rai, Sky e la Figc, la mostra sarà aperta al pubblico dal 5 maggio al 2 settembre 2018 al museo di Roma in Trastevere. L’evento è, inoltre, realizzato con il contributo di Intesa Sanpaolo che ha partecipato con suoi materiali fotografici provenienti dal progetto Finafrica, nato nel 1967. Michele Di Gennaro, responsabile coordinatore Territoriale Prodotti e Segmenti della banca ha dichiarato in proposito: “Da sempre siamo attenti a situazioni globali e ai processi di crescita sostenibili. Prestiamo attenzione alle iniziative che possano stimolare virtuosi processi di sviluppo e promozione dei territori. Forte attenzione ai temi umanitari e di inclusività”.

Alcune foto della mostra:

La conferenza stampa:

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