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“Le elezioni in Russia non sono reali, ma un processo burocratico per affermare Putin come presidente”. Non usa mezzi termini Alina Polyakova, docente di relazioni internazionali alla John Hopkins University e senior fellow di prestigiosi think tank d’oltreoceano come l’Atlantic Council, il Council of Foreign Relations e il Brookings. Commentando ai microfoni di Formiche.net il voto che questa domenica ha incoronato per la quarta volta Vladimir Putin “zar” di Russia, l’esperta critica quella che considera una messa in scena per mettere il vestito buono agli occhi dell’Occidente, e che di certo “non ha lo scopo di eleggere il presidente democraticamente”.

Certo, per Putin le elezioni di domenica sono state un plebiscito, ancora una volta: è stata abbondantemente superata la soglia di consenso auspicata con il 76,67% dei voti, mentre la partecipazione, pur essendo leggermente al di sotto delle aspettative, ha comunque toccato quota 67%. Un dato maggiore rispetto alla tornata del 2012, anche grazie a una poderosa campagna mediatica del governo per portare al voto i cittadini, che ha di fatto nullificato gli sforzi di avversari come Aleksej Navalny, che a più riprese aveva invitato gli elettori a boicottare le urne. “Putin ha consolidato il suo controllo sul Paese, e questo ovviamente lo spinge a rimanere al potere” ci spiega la Polyakova. Che però non manca di sottolineare un cruccio che già inquieta i palazzi di Mosca: “oggi non c’è un chiaro successore politico di Putin”. Parlando alla folla dalla piazza del Maneggio la sera stessa del voto, il ri-eletto presidente ha infatti smentito l’ipotesi di una modifica alla Costituzione per correre di nuovo nel 2024, sulla scia di quanto ha fatto in Cina Xi Jinping.

In un articolo a quattro mani con Benjamin Haddad sul The American Interest la docente della John Hopkins prende le difese dell’amministrazione Trump, che ha dato il via a un nuovo round di sanzioni contro la Russia nel giorno in cui Mosca ha espulso 23 diplomatici inglesi per il caso Skripal. Piuttosto che criticare i tweets del presidente statunitense, spiega l’esperta, in Europa “si potrebbe e si dovrebbe fare molto di più per contenere Mosca”. Sull’omicidio dell’ex spia russa a Salisbury e l’avvelenamento della figlia con il gas Novichok la Polyakova non ha dubbi: “mi fido delle dichiarazioni del governo britannico” confida a Formiche.net, “ma anche degli esperti indipendenti che hanno confermato come la fonte del gas nervino sia la Russia”.

Non tutte le minacce per le democrazie occidentali però arrivano dall’altra parte degli Urali, alcune si annidano nel web anche in Paesi insospettabili. Oltre a una più decisa reazione al caso Skripal, l’esperta del Brookings Institute invita l’Europa a non sottovalutare la vicenda di Cambridge Analytica, la società di marketing e consulenza che ha supportato la campagna presidenziale di Trump ed è stata recentemente bannata da Facebook, accusata di aver sottratto illegalmente informazioni utili al marketing politico a milioni di naviganti. “La vera questione qui è che i big data, e gli obiettivi che permettono di raggiungere, possono essere usati da aziende private e regimi autoritari per manipolare gli elettori” ci spiega la Polyakova. Da queste società che rubano i dati degli utenti web per rispettare un’agenda politica si devono guardare anche i Paesi europei, perché “questo nuovo tipo di tecnologie in futuro sarà usato da molti altri attori per influenzare le elezioni, le tendenze e per vendere i prodotti”.

Putin, il caso Skripal e Cambridge Analytica. Perché l'Europa non può abbassare la guardia. Parla Alina Polyakova (Brookings)

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