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La situazione del debito pubblico in Italia rischia di divenire drammatica nel 2019. Molto evidentemente dipenderà dalla manovra di bilancio che sarà definita dal governo nel prossimo mese di ottobre. Pesa grandemente non solo l’entità del debito pubblico e l’aumento dello spread, già avvenuto e difficilmente rientrabile. Ma pesano anche le limitazioni previste dalla Banca Centrale Europea all’acquisto dei titoli di stato e il fatto che, a parte il normale turnover, il ministero del Tesoro dovrebbe collocare sul mercato circa 250 miliardi di euro di nuovi titoli.

I due ministri preposti al tentativo di impedire che “la barca affondi”, cioè quello dell’Economia e Finanze, Giovanni Tria, e quello degli Affari Europei, Paolo Savona, stanno cercando di evitare un disastro non solo finanziario, ma anche sociale e politico. Il secondo ha avuto un lungo colloquio con il governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, centrato sulla possibilità di utilizzare per investimenti, evidentemente infrastrutturali, una somma pari al consistente avanzo commerciale italiano. Procurato dall’Italia che lavora più che chiacchierare a vuoto, esso ammonta a una cinquantina di miliardi di euro. L’intera economia ne riceverebbe un benefico impulso. Taluni sperano in una crescita che consenta un progressivo contenimento del debito.

Circola inoltre la notizia che il ministro Tria si recherà a fine agosto-inizi di settembre in Cina, per cercare di convincere la Banca Centrale, cioè il governo cinese che la controlla “a briglie molto strette”, di investire sul mercato dei titoli di stato italiani. Teoricamente la cosa sarebbe fattibile. La Cina dispone di oltre 3.100 miliardi di dollari. Il problema centrale è cosa la Cina chiederà in cambio. La questione è molto delicata, anche per i legami che l’Italia ha con gli Stati Uniti e l’Europa. Non basterà certamente l’offerta di aprire i porti dell’Adriatico o quello di Genova alla “Belt and Road Initiative”, per il trasporto delle merci cinesi verso l’Europa Centrale. I cinesi non sono certamente disponibili a fare regali. Quando intervengono a favore di un altro paese, impongono condizioni capestro, come è stato il caso delle grandi compagnie energetiche russe. Lo dimostra il fatto che il credito concesso a Rosneft è ripagato dai russi vendendo alla Cina il petrolio a 20 dollari al barile!

Indubbiamente il ministro Tria ha buone carte in mano. Parla correttamente il cinese, fatto sicuramente molto apprezzato dai suoi interlocutori del nuovo Celeste Impero. Ma tali atout sono pressoché solo personali. Il ministro non ha alle spalle un “sistema-paese” che osservatori attenti come i cinesi possano considerare solido e serio. Basti pensare solo alle capriole compiute da vari esponenti politici in occasione del disastro di Genova. Un fatto che avrebbe consentito di migliorare l’immagine nazionale sarebbe stata la richiesta del governo che il “vate Beppe Grillo” chiedesse scusa per aver definito una barzelletta l’ipotesi del crollo del ponte. Con mia meraviglia, devo confessarlo, questo non è avvenuto. Per questo “auguri al prof. Tria” e ad una missione che si presenta molto difficile e delicata, dati anche i rapporti sempre più tesi fra la Cina e gli Stati Uniti.

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