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Fermare un cantiere può fermare un Paese? Forse. Sicuramente può intaccare la sua reputazione, che in un contesto globale in cui la fiducia e l’affidabilità (spread?) sono il metro di misura della civiltà, conta.

Nel caso del Tap, poi, va anche peggio. Tenendosi per un attimo lontani da valutazioni di tipo politico e scendendo nel pratico, importare il gas azero in Italia significa metterla al riparo da eventuali e nemmeno tanto temoti shock energetici russi. Se Mosca chiudesse i rubinetti per qualche contesa con chi non paga il gas (o molto più semplicemente intendesse cambiare fornitore, si veda il caso Ucraina), l’Italia non solo potrebbe affidarsi a una fonte alternativa ma persino risparmiare in bolletta. Più gas c’è, meno costoso diventa importare energia.

Eppure il governo gialloverde è dinnanzi alla prima vera spaccatura da quando si è insediato e il tema, nemmeno a dirlo, riguarda le infrastrutture. Da una parte la Lega, che non vuole lo stop su larga scala alle opere avviate negli anni scorsi e definite strategiche: la Tav, la Torino-Lione e il Tap su tutte. Dall’altra il Movimento Cinque Stelle che invece della Tav e del gasdotto intercontinetale farebbe a meno senza porsi troppi problemi. Ma come stanno davvero le cose? L’Italia può davvero permettersi di bloccare dall’oggi al domani opere che tra manovalanza e indotto danno lavoro a centinaia di persone?

Di Maio questa mattina, parlando della Tav ha fatto questo ragionamento. Se andare da Torino a Lione costa dieci miliardi tanto vale investirli per consentire allo studente del paesello di collina di raggiungere l’università in città con un buon treno regionale. Va bene, però prima di qualunque ragionamento bisogna ricordarsi una cosa: il Tap, come la Tav, sono opere bi-tri-laterali cioè che coinvolgono imprese di altri Paesi. E interrompere i lavori significherebbe arrecare un danno a quel sistema produttivo, cioè al Pil del Paese partner (per la Tav, la Francia). Per questo i contratti in essere hanno previsto penali da capogiro. Non proprio una buona notizia per un Paese col terzo debito al mondo.

L’opinione di un esperto come Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente alla Sda Bocconi, in casi come questi aiuta a mettere a fuoco il problema. Raggiunto da Formiche.net, Carnevale Maffè mette subito in chiaro delle cose. “Allora, facciamo una premessa. Qui stiamo parlando di opere che coinvolgono altri Paesi, non siamo soli,  l’Italia si gioca la reputazione. I patti presi e sottoscritti vanno rispettati a prescindere dal colore del governo in carica. Punto. Poi si può discutere del merito delle cose e io parto proprio dal Tap”.

Ebbene, “stiamo parlando del nulla. Sapete cos’è il Tap? Un tubo, largo qualche metro, che ha un impatto ambientale ridottissimo. Un non problema perché non c’è alcuna battaglia nel nome dell’ambiente da combattere. Casomai converrebbe ricordarsi degli enormi benefici che questo gasdotto può dare. Sicurezza energetica e miglior approvvigionamento. E poi la vuole sapere una cosa? Il Movimento Cinque Stelle dice che il gasdotto mina l’ambiente. Si sbagliano. Il gas è il vero antidoto al carbone che invece inquina ecccome. Pù gas uguale meno carbone: il Tap fa bene all’ambiente, paradossalmente molto più ambientalista di chi dice di essere ambientalista”.

Rimanendo nel campo del Tap, il docente Bocconi fa un altro ragionamento. “Ho appena detto che stiamo parlando di opere condivise con altri Paesi. Bene, misuriamo le pretese dei Cinque Stelle al cospetto degli interessi dell’Italia, della Grecia e dell’Azerbaijan. Sono niente e questo dimostra solo una cosa: il grande provincialismo di chi dice delle cose senza conoscere gli interessi in ballo, il valore della reputazione i costi della rinuncia”.

Discorso simile sulla Tav ma con qualche aggiustamento di tiro. “Qui la questione è di portata maggiore perché parliamo di un corridoio europeo di logitica integrata. Non è solo la Torino-Lione ma è un’infrastruttura strategica in un’ottica di piano di sviluppo europeo. Ecco che cosa è la Tav. Io ci sono stato poche settimane fa in Val di Susa e anche lì il discorso ambientale non regge proprio. I viadotti di accesso per esempio sono già tutti fatti e realizzati, che vogliamo fare, abbandonarli? Poi altro che danno ambientale”.

Il punto, conclude Carnevale Maffè, “non è la convenienza o meno dell’opera ma quanto costa fermarla. In Cinque Stelle dicono di aver calcolato i costi e i benefici? Bene, allora sapranno benissimo che interrompere la Tav ora costa molto più del concluderla. Ci sono opere che non si possono abbandonare lì e ci sono accordi che vanno rispettati. I Cinque Stelle dovrebbero saperlo. Anche questo è provincialismo oppure chiamiamola mancanza di basi culturali. Un prezzo che oggi l’Italia paga”.

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