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Ci sono due timidi segnali circostanziali che la guerra diplomatica all’interno del Golfo, che vede Arabia Saudita ed Emirati Arabi da un lato e Qatar dall’altro, potrebbe indirizzarsi verso un downgrade.

Primo: il Wall Street Journal ha fatto uscire la notizia sui contatti tra i consiglieri per la Sicurezza nazionale americana, John Bolton, e i vertici di alcuni Stati arabi sunniti dell’area Mena (Medio Oriente e Nord Africa) per discutere della creazione di una forza congiunta da piazzare al nord della Siria in sostituzione delle forze speciali americane che hanno aiutato i curdo-arabi a liberare quel territorio dal Califfato.

Al di là della bontà dell’idea – discutibile secondo diversi esperti, che spiegano che la cosa potrebbe esasperare lo scontro intra-regionale tra forze sunnite a guida saudita e quelle sciite filo-iraniane, che sono già diffusissime in Siria – secondo quanto detto dal WSJ e confermato poi indirettamente dal ministro degli Esteri saudita durante un incontro onusiano, tra le nazioni che potrebbero prendere parte a quel gruppo di volonterosi, ci sono l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, l’Egitto e il Qatar.

E dunque: non si fa un’alleanza militare, anche se solo temporanea e di scopo, con un Paese con cui non si hanno relazioni diplomatiche. È una speculazione, ma sembra che qualcosa stia cambiando anche solo perché di questa possibilità – intendendo l’inclusione del Qatar nel gruppo – se ne parla; poi non è chiaro quanto l’idea trumpiana sui volonterosi sunniti per la Siria possa concretizzarsi.

Da qui, comunque, il secondo segnale (certamente collegabile). Le forze armate qatarine hanno preso parte all’esercitazione Gulf Shield che si è chiusa in Arabia Saudita questa settimana. Il capo di Stato maggiore delle forze armate del Qatar, Ghanem bin Shaheen Al Ghanim, era presente alla cerimonia di chiusura delle manovre militari intra-Golfo a poche sedie di distanza da Re Salman.

Riad non ha diffuso commenti, ma è possibile che sia il concretizzarsi di un passo verso il riavvicinamento, di cui già un ufficiale americano aveva parlato alla Reuters lo scorso mese. Sarebbe la diplomazia militare a muovere questi primi step, e la conferma arriva dal fatto che mentre il capo di Stato maggiore qatarino era in Arabia, Doha non ha inviato rappresentati al summit della Lega Araba di Dhahran, tenutosi negli stessi giorni.

Questi riavvicinamenti potrebbero essere una vittoria della diplomazia americana giocata tramite il Pentagono. In oltre dieci mesi di crisi, il dipartimento guidato da Jim Mattis non ha mai sposato la linea dura di Riad – a differenza della Casa Bianca, che invece ha giocato più d’istinto, soprattutto nelle prime di settimane della crisi. I generali sanno l’importanza del Qatar nella strategia statunitense in Medio Oriente: il Paese ospita, ad al Udeid, la base logistica del Central Command, il comando geografico del Petangono che copre dall’Egitto all’Afghanistan. La base è non solo il punto di partenza dei raid che colpiscono i baghdadisti, ma anche il centro della dissuasione che gli Stati Uniti possono giocare ancora nell’area.

L’Arabia Saudita, fomentata dagli Emirati Arabi Uniti, nel giugno del 2017 aveva lanciato una campagna per isolare il Qatar sia diplomaticamente sia materialmente (chiudendo le rotte sia terrestri che aeree). Egitto e Bahrein avevano aderito: la motivazione formale era punire Doha perché supporta il terrorismo, la lettura profondo della situazione riportava la vicenda nel campo del confronto regionale con l’Iran, negli ultimi anni inasprito dai nuovi regnanti sauditi ed emiratini (i qatarini hanno rapporti con gli iraniani, ma molte delle relazioni sono collegate alla condivisione di un enorme giacimento di gas naturale).

Riad voleva cercare di riallineare il Qatar, che prima era un satellite ma poi nel tempo ha giocato assertività su diversi dossier regionali e internazionali spostandosi dall’orbita del Regno un po’ troppo verso Teheran. Inaccettabile per la visione strategica del nuovo erede al trono saudita Mohammed bin Salma, che ha bisogno di fedeltà estrema.

Doha potrebbe aver accettato le più importanti delle condizioni poste dal blocco isolante per la riqualificazione; ma d’altra parte i sauditi potrebbero essere tornati a considerare i qatarini alleati utili per il futuro delle regione. L’amministrazione americana sta chiedendo agli alleati regionali di essere più presenti, sopratutto sulla Siria, e soprattutto per contrastare la crescente influenza iraniana. Le divisioni in questo momento potrebbero non essere ben viste a Washington, che oltre a sforzi cerca anche fondi da mettere sul dossier siriano.

(Foto: US CentCom, una Fortezza Volante B-52 atterra ad al Udeid, in Qatar)

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