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Il punto di vista delle imprese ha incontrato quello delle istituzioni durante l’iniziativa “Start-up, dal nanismo agli unicorni: quali nuove politiche per scale-up?” organizzata a Milano da La Scossa in collaborazione con Talent Garden. Due panel tematici moderati dal presidente dell’associazione Michelangelo Suigo per discutere delle difficoltà delle piccole aziende innovative e delle possibili soluzioni da mettere in campo per aiutarle a risolvere il problema del “nanismo” che nel nostro Paese troppo spesso la fa da padrone.

Negli ultimi anni il numero di start-up presenti sul territorio italiano è aumentato notevolmente: solo nel primo semestre del 2018 sono cresciute del 6% raggiungendo la cifra di 8.897. Continuano però a preoccupare le loro dimensioni e anche il tasso medio di sopravvivenza. Su quasi 9.000 aziende innovative solo il 34,1% ha dichiarato di essere pienamente soddisfatto delle fonti di finanziamento accessibili, mentre il 21,7% degli startupper ritiene che i fondi a disposizione della propria attività siano insufficienti a coprirne i fabbisogni economici.

L’incontro – il secondo organizzato da La Scossa in tema di start-up dopo l’appuntamento romano tenutosi in primavera – si è posto come punto di partenza e di confronto per chi conosce da vicino le realtà di queste aziende. Molti tra gli speaker hanno parlato delle rispettive esperienze e cercato di individuare soluzioni e risposte comuni.

Come Marco Gay – presidente Assinform e amministratore delegato Digital Magics – che ha sottolineato quanto oggi nel nostro Paese a bloccare la crescita delle start-up sia un limite teorico e mentale più che reale. Ciò che caratterizza gli imprenditori innovativi, secondo Gay, è la paura di compiere il grande salto e passare dal nanismo agli unicorni. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Massimo Montefusco di Rds e il general manager del Polihub Claudia Pingue: tutti e tre convinti che uno dei maggiori rischi per le start-up sia di risolversi in un puro esercizio di auto-imprenditorialità.

Montefusco e Pingue hanno inoltre posto l’accento su quanto sarebbe importante per le aziende italiane un maggiore contatto con le corporate straniere che nel settore delle start-up risultano molto più avanzate. I due manager hanno raccontato come entrambi cerchino di supportare questa cooperazione con l’estero, attraverso borse di studio e attività di mentoring. Antonio Falcone, ad di Principal Sgr, ha ricordato che su 57 nuovi unicorni nati nel 2017 a livello mondiale, 53 sono stati finanziati da fondi di venture capital di cui nessuno italiano.

“In questo Paese manca la cinghia di trasmissione tra il denaro e l’economia reale – ha poi dichiarato il vicepresidente di Talent Garden Lorenzo Maternini – il legislatore deve intervenire per fare chiarezza e investire nel segmento delle start-up”.

Di contro i deputati Alessandro Fusacchia di +Europa e Mattia Mor del Pd hanno evidenziato le differenze tra il tessuto imprenditoriale estero e quello italiano, di regola meno incline all’innovazione. A loro giudizio a mancare non sono quindi le risposte della politica: il mancato sviluppo delle start-up sarebbe influenzato in questo senso dagli assetti economici del nostro Paese che presentano tante differenze rispetto a quelli esteri. “Occorre attrarre quei talenti italiani che scappano verso altri Paesi”, ha infine dichiarato Mor.

Insieme a loro erano presenti all’evento anche l’esponente della Lega Mauro Capitanio, il deputato di Forza Italia Antonio Palmieri e il deputato M5s Luca Carabetta. Quest’ultimo – vicepresidente della commissione Attività produttive – proprio nei giorni scorsi ha presentato in parlamento una proposta per far partire alla Camera un’indagine conoscitiva sull’innovazione in Italia. Tra gli obiettivi dell’iniziativa verificare l’efficacia delle norme varate a favore delle start-up a partire dal 2012, conoscere gli esempi virtuosi a livello territoriale e diffondere la cultura imprenditoriale per far crescere gli investimenti e l’innovazione in Italia.

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