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È opportuno riflettere sull’assenza in Italia di una vera e riconoscibile forza politica di Centro. Speranze e delusioni si sono alternate negli ultimi cinque lustri. Eppure, sin dal connubio di Cavour e Rattazzi del 1852 governare al centro è stata una costante.  C’è oggi chi vede in Forza Italia un partito cattolico-liberale figlio legittimo del Partito Popolare Europeo. Ed è vero. C’è però chi ritiene che il PPE non è assimilabile al “popolarismo” sturziano, perché valutato come unione di sigle di partiti moderati e conservatori. Ed è vera anche questa tesi. E allora? Caduto il Muro e vista la crisi degli ideali socialisti, l’unica cultura valida, in grado di contrastare qualsiasi forma di populismo, di qualunquismo, di localismo è quella del popolarismo. Seppellito il nostrano bipolarismo, è possibile lavorare a un “centro” di ispirazione cristiana, che lungo il cammino non cambi geneticamente, tanto da diventare un ircocervo o forse un cerbero: un partito che nasca dal basso, dalle affinità di pensiero degli elettori, di cittadini, di simpatizzanti con un programma chiaro e definito.

Chi si identifica con tale impostazione deve avere consapevolezza che agisce per rilanciare, mutatis mutandis, la gloriosa storia del popolarismo e della democrazia cristiana. L’impegno dei cattolici in politica ha portato l’Italia negli anni del dopoguerra, e ancora negli anni ‘60 e ’70, a diventare la quarta potenza economica mondiale, grazie all’opera di uomini come De Gasperi, Fanfani, La Pira, Aldo Moro. Le aggressioni all’Italia di Circoli culturali internazionali, di ispirazione liberista, niente poterono di fronte a una solida politica socio-economica interclassista. Gli statisti democristiani ebbero la determinazione di non abbandonare le politiche ad economia mista di stampo keynesiano, ricostruendo e agevolando crescita, sviluppo e benessere del Paese, tanto da diventare esempio a livello internazionale.  I cattolici in politica, in questi ultimi decenni, si sono impegnati in rinnovate prospettive, con la concreta speranza di un moderno cominciamento per la nascita di un partito laico, aconfessionale, europeo, democratico, popolare, d’ispirazione cristiana puntando senza troppe reticenze al recupero del “popolarismo” nel terzo millennio.

È vivo il desiderio di intervenire, per cancellare questa politica grigia, povera di pensiero e di proposte, sostenuta da un nuovo sistema elettorale balordo come il rosatellum, che continua a mantenere in vita consorterie elitarie e variopinte oligarchie: causa prima dell’allontanamento di tanti cittadini dall’interesse per la cosa pubblica. Bisogna lavorare per organizzare le volontà, metterle insieme, farle diventare soggetto di proposta; basta con partiti-club, vuoti e/o asfittici, privi di ubi consistam, senza supporto culturale, senza visione politica. I cattolici educati ad agire e a confrontarsi secondo propri modelli culturali, etici, politici, sociali hanno peculiarità diverse dal comune. Essi sanno di rappresentare nella vita pubblica gli ideali di giustizia e pace sociale, necessari se si vuole che l’Italia sia riconciliata e torni ad essere protagonista sul piano interno come in campo internazionale, soprattutto in questa contingenza storica, caratterizzata da egoismi laicisti e da relativismo, nichilismo, agnosticismo. Non si tratta di acquietare una nostalgia, ma di prendere atto che l’Italia non si governa senza la partecipazione attiva e concreta dei cattolici popolari, punto fermo dell’unica cultura fondante di questo Paese. La questione va esaminata con convinzione e rapidità. I cattolici dovranno riprendere il loro posto nella storia d’Italia ed essere forza centrale di proposta, per favorire benessere, sviluppo, istituzioni moderne. Senza arroganza e neppure senza tante timidezze.

Un vero centro per l'Italia di domani

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