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Le informazioni che giungono da alcuni ex affiliati di al Shabaab e dall’intelligence in Somalia, riportano di come l’organizzazione terroristica stia estorcendo più di 5mila dollari al giorno ai commercianti locali che quotidianamente trasportano cibo e beni di prima necessità agli sfollati sparsi negli accampamenti della regione somala. I profughi, che si sono stabiliti prevalentemente nella città di Baidoa, a 256 chilometri a nord ovest di Mogadiscio, ricevono il denaro tramite l’Onu, che invia loro mensilmente circa 80-90 dollari.

Questa situazione va a incasellarsi in un quadro già assai complicato che ci riporta con la mente all’inizio degli anni novanta, quando “i signori della guerra” ridussero alla fame migliaia di persone per poter usufruire e trarre profitto dagli aiuti internazionali. Scene di morte e disperazione che condussero, a ragion veduta, a un intervento militare multinazionale appoggiato dall’Onu. E oggi come ieri l’avidità di guadagno supera il diritto alla dignità umana. I commercianti che si rifiutano di pagare vengono “catturati e uccisi” ha confermato un ex combattente di al Shabaab che ora lavora con l’Agenzia nazionale somala di intelligence e sicurezza.

Da una località segreta nei pressi della città di Baidoa, un ex terrorista ha raccontato dettagliatamente come per ogni sacco di riso consegnato alla città dai mercanti locali, il gruppo alleato di al Qaeda, riesca a ottenere circa 3 dollari di pedaggio, rivendendolo poi a 18 dollari a Mogadiscio e a 26 dollari a Baidoa. E, come se non bastasse, sia i commercianti che i cittadini sono costretti a pagare una tassa annuale ad al-Shabaab.

Accuse pesantissime confermate dal governo regionale e dal presidente dello Stato sud occidentale della Somalia, Hassan Sheikh Ada. Anche il capo delle Nazioni Unite in Somalia, Michael Keating, ha riconosciuto quanto sta accadendo nel paese, confermando, però, che la maggior parte degli aiuti stranieri raggiunge le destinazioni previste. “Negare che stia accadendo sarebbe sbagliato”, ha chiarito. Aggiungendo anche che “sfortunatamente, coloro che ricevono assistenza dalle organizzazioni umanitarie vengono presi di mira dai militanti in cerca di soldi”.

I timori dell’Onu aumentano, come aumenta la siccità nel Paese. E il pericolo è proprio quello che a causa della conseguente carestia, al Shabaab possa ottenere una ancora maggiore opportunità di profitto.

In tutto ciò l’esercito militare somalo si trova diviso in un crescente mosaico di milizie rivali accomunate soltanto dalla labile speranza di poter sconfiggere i gruppi estremisti. La forza militare principale parrebbe, quindi, rimanere un contingente dell’Unione Africana di circa 22mila persone che quotidianamente tenta di farsi scudo e di strappare il controllo del sud da al Shabaab. Ma anche quest’ultimo sembra pian piano ritirarsi e diminuire, lasciando il paese in una condizione di fragilissima stabilità. La leadership dell’Unione Africana, ha ammesso infatti, di non riuscire a spingere al-Shabaab fuori dalle grandi strade che gli forniscono reddito.

Una circostanza molto delicata che, al momento dello smembramento del contingente dell’UA, lascerebbe un vuoto che inevitabilmente al Shabaab riempirebbe. Intanto i commercianti e i profughi somali, per sopravvivenza, per fame, continuano a cedere al ricatto dei terroristi.

somalia

Somalia: come gli aiuti Onu finiscono nelle tasche di al Shabaab

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