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C’è un piccolo giallo che intreccia il recente attacco a guida statunitense in Siria con la politica interna italiana. Si tratta del sottomarino americano a propulsione nucleare John Warner (SSN 765), che avrebbe partecipato alle operazioni dopo aver sostato, in realtà diverse settimane prima, nella rada del porto di Napoli. Il problema, sollevato dal sindaco del capoluogo campano Luigi De Magistris, è che la delibera 609 del 23 settembre 2015 ha dichiarato il porto di Napoli “area denuclearizzata”. La questione pare in realtà marginale nel più ampio posizionamento dell’Italia nell’Alleanza Atlantica. Secondo il presidente della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato, Andrea Manciulli, il ruolo di Napoli, in cui ha sede l’hub della Nato per il sud, andrebbe in realtà valorizzato, superando una polemica che sembra “esagerata”.

IL DIBATTITO SUL SOTTOMARINO

Che il John Warner abbia partecipato alle operazioni di attacco in Siria lo testimonia Aiir Source military, il canale youtube che raccoglie filmati relativi alle attività delle Forze armate Usa. Si vede il lancio di un missile Tomahawk da quello che viene identificato come l’USS John Warner, sottomarino nucleare di classe Virginia dell’Us Navy, deputato a svolgere missioni d’attacco (con diverse tipologie di armi), ma anche di sorveglianza, ricognizione e ricerca e soccorso. Il sottomarino risulta partito dal porto di Gibilterra il 5 aprile, nove giorni prima dell’attacco condotto contro i siti presumibilmente dedicati alle armi chimiche dal regime di Damasco. Precedentemente, il John Warner aveva partecipato, tra il 2 e il 16 marzo, all’esercitazione Nato Dynamic Manta 2018 (Dyma 18) a largo delle coste siciliane, una delle più imponenti attività addestrative dell’Alleanza atlantica a cui avevano preso parte anche alcuni assetti italiani. Il 20 marzo, il sommergibile avrebbe sostato nella rada della città di Napoli, fatto che non è andato giù al sindaco Luigi De Magistris che ha ricordato di aver dichiarato il porto “area denuclearizzata”. Le proteste, arrivate con evidente ritardo, dovrebbero prescindere all’eventuale partecipazione del John Warner all’attacco in Siria, avvenuto a distanza di settimane dalla sosta a Napoli. A fare chiarezza sarà comunque il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, che oggi pomeriggio è atteso per un’informativa alle Camere, proprio in merito alla crisi siriana. A chiedere chiarimenti al premier è stato ieri lo stesso leader del M5S Luigi Di Maio: “Spero che Gentiloni domani alle Camere chiarisca non è chiaro se quel sottomarino abbia partecipato all’attacco in Siria”.

UNA QUESTIONE MARGINALE

La polemica appare “esagerata” ad Andrea Manciulli, presidente della delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato. “Navi e sottomarini dell’Alleanza approdano da tempo a Napoli e in altri porti italiani, e ciò fa parte delle normali attività che non collegherei con l’attacco in Siria”, ha aggiunto Manciulli invitando “alla cautela”. D’altronde, “Napoli è una realtà destinata ad avere un ruolo strategico sempre maggiore nell’Alleanza, e questo perché l’abbiamo voluto noi rivendicando il nostro interesse nazionale”. Il riferimento è soprattutto all’Hub per il sud, la direzione strategica che la Nato ha attivato lo scorso settembre per comprendere e analizzare le minacce provenienti dal fianco meridionale. “In sede di vertice, l’Italia ha profuso un lodevole impegno nel richiedere che l’Alleanza potenziasse il suo sguardo sul Mediterraneo”, ha detto Manciulli.

VALORIZZARE IL RUOLO DI NAPOLI

Il ruolo di Napoli in tal senso è “una grande opportunità e non elemento accessorio”; perciò, “cercherei di valorizzare la centralità di Napoli evitando di creare motivi di frizione poiché si tratta di valorizzare il nostro interesse nazionale a cui la Nato, dopo diverso tempo, è venuta incontro”. L’Hub è “il nodo fondamentale dell’Alleanza sul fianco sud, un centro di altissimo livello che contribuisce a formazione di grandi professionalità”. Si tratta, ha rimarcato Manciulli, “di un ruolo non piccolo del quale l’Italia e la comunità campana e partenopea deve avere piena coscienza e valorizzazione”.

LA VOCE ITALIANA SULLA CRISI SIRIANA

Ciò si lega anche alla crisi siriana. Nel negare la partecipazione all’attacco, il premier Gentiloni ha ribadito il pieno rispetto dell’Alleanza Atlantica. “In ambito Nato siamo tutti concordi sul fatto che ci vogliano più registri, ed è evidente che l’Italia, per sua tradizione, abbia un ruolo più dialogante”, ha spiegato Manciulli ricordando tuttavia anche l’impegno dei nostri militari in Libano e Libia. “Il nostro ruolo – ha aggiunto – è offrire alla vicenda siriana una prospettiva più incline al dialogo”, non alternativa in ogni caso a un attacco “che ha avuto carattere sostanzialmente deterrente” giustificato “dall’uso di armi chimiche, come provato dalla commissione delle Nazioni Unite già l’anno scorso, nonostante gli accordi del 2013 per lo smantellamento completo”. In altre parole, ha rimarcato Manciulli, “l’Italia deve far capire che senza una prospettiva politica non si troverà la quadra sulla questione siriana”. L’obiettivo è un “Medio Oriente che si pacifichi; e il contributo italiano può essere importante avendo molti più rapporti rispetto ad altri Paesi con i tanti soggetti coinvolti nella crisi”. Questo suggerimento deve arrivare “ribadendo l’adesione ai valori fondamentali di libertà e democrazia su cui si fonda l’Alleanza Atlantica”.

UN SUGGERIMENTO AL PROSSIMO GOVERNO

Da qui, l’invito al prossimo esecutivo. “Negli ultimi anni, come forza di governo e come delegazione italiana all’Assemblea parlamentare della Nato, ci siamo battuti perché all’interesse a est corrispondesse un paritetico interesse verso le questioni del Mediterraneo”. Ciò, ha detto Manciulli, “non è di destra né di sinistra, ma riguarda l’interesse nazionale che il prossimo governo è chiamato a trattare come tale”. In tal senso, ha concluso, “apprezzo le parole di continuità strategia arrivate dalle forze uscite vincitrici dalle urne”. Il ruolo che l’Italia è riuscita a ritagliarsi tanto nella visione strategica dell’Alleanza, quanto nell’approccio dialogante alla crisi siriana rappresenta “un patrimonio che non deve essere perso”.

Manciulli

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