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Quasi otto giovani italiani su dieci conoscono in linea generale il concetto di intelligenza artificiale, ma solo uno su due sa di cosa si occupa l’IA Generativa. Sono alcuni dei risultati emersi dalla ricerca realizzata da Swg e inserita all’interno del XV Rapporto Civita “Next Gen AI. Opportunità e lati oscuri dell’Intelligenza Artificiale nel mondo culturale e creativo”. L’analisi è stata condotta su 1.500 giovani italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni, con l’obiettivo di verificare in che modo le persone utilizzano le nuove tecnologie nella loro vita quotidiana. Come immaginabile, ChatGpt è lo strumento più utilizzato (circa il 30% ha conosciuto le sue potenzialità almeno una volta, il 40% se parliamo di persone che lavorano nell’ambito scientifico-tecnologico e umanistico-sociale, ma la percentuale di coloro che utilizzano la versione gratuita schizza al 75%). DALL-E e Midjourney, generatori di immagini, riscontrano un successo del 10% e 9%, in voga soprattutto tra i più grandi.

Come detto, l’IA Generativa non è così esplorata sebbene il mondo sembra andare nella direzione da lei indicata. Almeno un terzo degli intervistati ha dichiarato di averne fatto uso per lo sviluppo di testi, mentre il 26% la sfrutta per attività di ricerca o di project management, soprattutto chi rientra negli ambiti medici o tecnologici. La questione che ruota attorno all’IA Gen è dunque chiara: finché è un mezzo di supporto che può facilitare il lavoro viene accettata di buon grado. Diverso il discorso sugli strumenti più invadenti, che impattano in modo più radicale. Ad esempio nelle relazioni umane o nei settori come il giornalismo, la musica o la produzione cinematografica dove l’uomo deve rimanere al centro.

Questo atteggiamento diffidente è noto come “tecnoscetticismo”, con 4 giovani su 10 che considerano l’intelligenza artificiale come un supporto alla creatività umana e non un sostituto. Ben 1 su 3 è spaventato che possa soppiantarla e solamente il 10% la vede come un qualcosa che può migliorarla.

In particolare gli artisti temono che l’avvento della tecnologia possa metterli in pericolo, andando a minare il diritto d’autore così come lo abbiamo sempre conosciuto, con il 70% che vorrebbe vedere la SIAE collaborare attivamente con lo Stato per proteggerli.

La stessa percentuale degli intervistati si aspetta un quadro normativo uniforme tra i paesi. In generale la richiesta è di maggiori regole, da applicare ovunque, con il 66% ritiene che serva una regolamentazione internazionale, coinvolgendo organismi come la World Intellectual Property Organization (WIPO).

Fino ad oggi dunque sembrerebbe che i giovani si avvicinino all’IA per curiosità, con una grande fetta di loro che testa gli strumenti in modo esplorativo. Inizialmente le sensazioni che si provano nell’approccio sono per lo più negative, come paura e tristezza. Tuttavia più ci si addentra nei meccanismi e ci si familiarizza, più cresce la fiducia. Chi utilizza l’IA in maniera assidua mostra sostanzialmente un profilo più ottimista di chi non lo fa.

Per aumentare il numero di persone che si fidano della tecnologia bisogna inevitabilmente passare dalla formazione. Sono necessari dei corsi approfonditi, che spieghino ai lavoratori i vantaggi e allo stesso tempo i rischi generati dall’IA. Lo si può fare aumentando la sinergia tra pubblico e privato, con lo Stato italiano che dovrebbe promuovere quante più collaborazioni possibili con le aziende. In questo modo, chi teme ripercussioni positive può essere convinto del contrario, mostrandogli che lo sviluppo e il progresso possono convivere con i principi morali ed etici.

Che rapporto hanno i giovani con l'IA? Cosa emerge dal XV Rapporto Civita

Dall’analisi del documento “Next Gen AI. Opportunità e lati oscuri dell’Intelligenza Artificiale nel mondo culturale e creativo” si osserva una generale propensione all’utilizzo delle nuove tecnologie, ma più per curiosità. L’IA Generativa è sfruttata da un numero ancora limitato. Con regole chiare e omogenee si può accrescere la fiducia e abbattere le paure

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