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Il rodaggio è finito, adesso sul Fintech è tempo di fare sul serio. Per la finanza tradizionale stanno per scattare i tempi supplementari, poi verrà il momento della verità, dentro o fuori. E chi non si sarà adeguato per tempo alle nuove regole della tecnofinanza, banche in primis, verrà irreparabilmente messo fuori mercato. Concetto ribadito a gran voce nel 2017 da un po’ tutti gli organismi finanziari, sia di vigilanza (qui uno speciale di Formiche.net) sia di rappresentanza, come l’Associazione bancaria. E questo perché gli istituti di credito sono i primi a doversi attrezzare per non soccombere.

IL CAMPANELLO DI BANKITALIA

I conti comunque sembrano non tornare. Altrimenti non si spiegherebbe la tirata d’orecchie che Bankitalia ha rifilato due giorni fa al sistema creditizio italiano, reo di fare ancora troppo poco per mettersi in scia all’innovazione, pur non avendo altra strada. “Entro dieci anni le banche italiane saranno diverse”, ha spiegato in un’intervista a la Stampa il vicedirettore generale di Bankitalia, Fabio Panetta (nella foto). Il fatto è che quello della finanza che corre sul web non sarà certo uno sconvolgimento da poco perché “andrà a finire che gli istituti di credito più innovativi e avanzati compreranno le società del Fintech” oppure che “le Fintech compreranno loro”. In pratica, il più forte vince la partita.

L’OMBRA DI AMAZON 

Anche perché a corroborare le preoccupazioni di Bankitalia in merito all’impatto del Fintech sulle banche italiane, c’è un’altro fattore. Ovvero la dimensione dei competitor. Amazon, tanto per dirne uno, che si è già dotato di una struttura finanziaria dedicata alla concessione di prestiti, proprio come le banche. O l’alter ego cinese, Alibaba, anch’esso da qualche mese entrato nel comparto dei finanziamenti. Persino Facebook e Google si stanno cimentando coi prestiti. Giganti cui non solo la Vigilanza italiana non se la sentirebbe di negare la licenza bancaria con cui competere nel credito tradizionali, ma che, grazie a una potenza di fuoco di migliaia di miliardi di dollari rastrellati in Borsa, potrebbero rilevare senza problemi buona parte del sistema bancario italiano.

LA REAZIONE DELLE BANCHE, IL CASO INTESA

Le principali banche italiane hanno comunque iniziato a prendere le loro contromisure in materia di Fintech. Se non altro quelle più grandi, che hanno maggiori possibilità di investimento. Il caso di maggior successo è quello di Intesa, primo gruppo italiano per capitalizzazione e quarto in Europa (qui il focus di Formiche.net sull’audizione in Parlamento sul Fintech del presidente Gian Maria Gros Pietro). L’istituto torinese ha lavorato molto negli ultimi mesi sulla propria digitalizzazione, fino a ottenere una piattaforma di internet banking tra le più avanzate d’Europa per offerta di servizi online e capacità di rispondere alle esigenze dei clienti.

LO SPRINT DI INTESA SUL FINTECH

Per questo premiata nella speciale classifica di Forrester research, che l’ha posta tra le tredici banche più digitalizzate al mondo e al terzo posto in Europa, dietro Garanti Bank (Turchia) e la spagnola BbVa. Risultati ottenuti anche grazie all’aumento della digitalizzazione sull’erogazione di prestiti e sull’emissione di carte: nel 25% dei casi avviene tutto in tempo reale, un ulteriore 60% in giornata. Molto è stato fatto anche sul personal financial management dove è possibile catalogare entrate e uscite e accantonare somme tramite la funzione Salvadanaio. E il servizio di chat e assistenza (categoria assisted-served features), sempre visibile e accessibile da qualsiasi pagina del sito tramite il menù di accesso veloce e la funzione Parla con noi l’innovativo motore di ricerca a linguaggio naturale. A tutto questo si aggiunge un altro caso, quello di Banca 5, la prima banca di prossimità (accessibile per esempio dalle tabaccherie) in Europa guidata dall’ad Silvio Fraternali e nata nel gennaio di un anno fa.

TRA MPS E MEDIOBANCA

Non c’è solo Intesa a farsi gli anticorpi contro il Fintech. Anche Montepaschi ha la sua branch digitale, confluita in Widiba, banca online del gruppo. Proprio pochi giorni fa è stato fatto un altro passo in avanti con l’apertura presso gli uffici di Siena del primo Corner di Widiba Dialog. Una nota spiega che, grazie alla visiera HoloLens, i clienti potranno condividere le informazioni insieme al consulente mediante degli ologrammi 3D e potranno interagire con essi attraverso dei gesti, rendendo ancora più immediate e dinamiche le operazioni. Una risposta al Fintech è arrivata anche da Mediobanca, attraverso CheBanca! la prima banca interamente sul web.

UNA STRADA ANCORA LUNGA

Ma, come detto, la rincorsa al Fintech è prerogativa delle banche più grosse e il sistema italiano fatica a cambiare pelle. Come emerge da un’indagine dell’Osservatorio Digital Finance del Politecnico di Milano condotta su oltre 50 banche e 15 gruppi bancari emerge come la maggior parte delle filiali sia ancora di tipo tradizionale, basata cioè su uno sportello a cui i clienti si rivolgono per qualsiasi tipo di operazione. Una minoranza di banche ha però installato chioschi self-service all’interno di alcune filiali (generalmente tra il 10% e il 20% della propria rete), che permettono al cliente di svolgere in autonomia alcune operazioni. Quasi tutti gli istituti di credito dispongono di Atm totalmente multifunzione, ma mediamente soltanto il 20% risulta evoluto e accetta versamenti, con punte del 50% nelle banche che hanno investito di più in questo strumento, mentre si scende al 10% negli istituti che hanno spinto di meno in queste soluzioni.

Fintech, come si stanno attrezzando le banche italiane contro Amazon & co

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