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Il presidente americano Donald Trump ama cinguettare. In un’intervista con il Washington Post (qui l’articolo di Formiche.net) ha raccontato che gli piace finire le giornate davanti alla tv con il telefonino in mano per commentare su Twitter i talk show di politica. Domenica scorsa, il magnate ora presidente ha detto a Fox News che se non fosse stato per questo social network probabilmente non sarebbe mai arrivato alla Casa Bianca. “Alcuni dei miei amici dicono ‘Oh, non usare i social media!’. Ma sono onesto, dubito che sarei qui se non fosse per i social media”.

MILIONI DI FOLLOWER

Trump conta su 40,9 milioni di follower su Twitter e twitta su ogni argomento possibile. Dall’assegnazione dei premi Oscar alle nuove nomine politiche. Sempre su Fox News il presidente americano ha spiegato un (suo) lato interessante: “Quando pubblico [qualcosa], immediatamente finisce nel vostro show […] L’altro giorno, per esempio, ho pubblicato una cosa. Due secondi dopo guardavo il vostro show e c’era”.

LE CRITICHE CONTRO DONALD

Durante la campagna elettorale delle presidenziali 2016 si è diffusa la voce che il suo staff delle comunicazioni gli aveva tolto le credenziali di accesso all’account Twitter personale. Molti leader politici hanno consigliato al presidente degli Stati Uniti di contenere i suoi tweet per eccesso d’impulsività. L’ex segretario di Stato americano, John Kerry, sostiene che l’impulsivo e martellante uso di Twitter di Trump contribuisce ad alimentare il “caos politico” a livello internazionale. Il senatore del Partito Repubblicano, Bob Corker, pensa che la retorica trumpiana a colpi di tweet possa trascinare gli Stati Uniti “sulla strada Terza Guerra Mondiale”.

L’ANALISI DELL’ESPERTO

Possibile però che, mentre la candidatura di Trump alle primarie repubblicane non veniva presa sul serio dai media e dall’establishment del proprio partito, sia stato l’uso strategico dei social network a spingerlo verso la presidenza. Secondo Kara Alaimo, professoressa di Pubbliche relazioni all’Università di Hofstra ed ex portavoce per gli Affari Internazionali del Dipartimento del Tesoro americano, è salutare per il sistema politico che “i social network possano offrire l’opportunità di far parlare persone come Trump, non molto connesse politicamente al popolo americano”. Alaimo spiega che, anche se Barack Obama può sembrare l’antitesi di Trump, “i due sono stati candidati anti-establishment che hanno sorpassato i rivali con l’uso dei social”. Tuttavia, aggiunge che “l’utilizzo che è stato fatto in questo ciclo elettorale è molto pericoloso per la democrazia”.

LE PAROLE FAVORITE

Trump fa e ha fatto quello che Michael Berland, Ceo della Edelman Berland (azienda che si occupa di ricerche e analisi di mercato in tutto il mondo), chiama “un continuo comizio su Twitter a tutte le ore”. SocialFlow ha calcolato che Trump è riuscito ad avere tre volte più esposizione gratuita sui social rispetto a Hillary Clinton. Le parole più usate da Trump? “Great” (“grande”), “winner” (“vincitore”), “winners” (“vincitori”), “loser” (“perdente”) e “losers” (“perdenti”).

UN MUCCHIO DI POST-IT

Un altro rischio lo spiega Kerric Harvey, autore dell’Encyclopedia of Social Media and Politics: Twitter “trasforma quello che dovrebbe essere una discussione profonda in un mucchio di post-it dispersi”. Una delle ragioni per cui un personaggio che non aveva mai parlato di politica seriamente è stato capace di vincere le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Trump è consapevole di questo potere: “Il fatto che io abbia così tanto potere in termini di numeri su Facebook, Twitter, Instagram, ecc. mi ha aiutato a vincere tutte queste elezioni, nonostante i miei rivali hanno investito molti più soldi di me”.

Il lato social (network) di Donald Trump

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