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Di fronte a un mondo sempre più complesso, nel quale le minacce evolvono a ritmi estremamente rapidi, con tecnologie dirompenti in grado di modificare profondamente il modo di condurre le operazioni militari, le istituzioni e le aziende della difesa devono riflettere insieme sulla struttura stessa di quell’apparato amministrativo-industriale che garantisce la sicurezza delle nostre società. Un dibattito che, se nel Vecchio continente stenta a decollare, è invece al centro delle riflessioni che arrivano dagli Stati Uniti. La Strategia industriale per la difesa nazionale (NDIS), pubblicata dal Pentagono all’inizio di quest’anno, sottolinea per esempio l’imperativo di rafforzare e modernizzare l’ecosistema industriale della difesa statunitense, stabilendo le priorità per mantenere i vantaggi strategici rispetto ai propri avversari attraverso una base industriale della difesa forte, competitiva e agile. Al centro di questa riflessione, c’è il ruolo che le aziende cosiddette “mid-tier” rivestono in questo campo, quali elementi di raccordo tra i grandi campioni di settore e le piccole imprese innovative.

Come registrato nel corso del dibattito all’Atlantic Council, “Strengthening the middleground of the defense-industrial landscape”, l’attuale architettura del comparto industriale a stelle e strisce è “a forma di clessidra”, con un piccolo numero di grandi gruppi di settore (leader globali), un gran numero di piccole aziende ma pochissime aziende che si posizionano in una fascia intermedia. A tracciare il perché di questa evoluzione è stato John Goodman, ceo di Accenture Federal Services e già vice sottosegretario per gli Affari industriali del dipartimento della Difesa Usa. Sul finire della Guerra fredda ci fu una contrazione dei budget, con l’effetto di un’ondata di fusioni all’interno del settore, a partire da quella tra Lockheed e Martin Marietta. Un processo che ristrutturò profondamente lo scenario industriale americano, fino alla decisone di opporsi a ulteriori fusioni adottata dal Pentagono negli anni Novanta. “Ma con le minacce che abbiamo di fronte oggi – ha detto Goodman – la questione non è più come gestire i bilanci in calo, ma come affrontare le crescenti minacce dei competitor”. In questo contesto, per Goodman la strategia industriale deve concentrarsi sull’aumento della velocità dell’innovazione e della resilienza della produzione, e su come il governo può influire su questi obiettivi.

Come registrato da Ellen M. Lord, già sottosegretaria alla Difesa per gli Acquisti e già presidente e ceo di Textron, “c’è un bisogno di velocità: ci sono tecnologie emergenti in rapida evoluzione e avversari capaci di adattarsi facilmente”. La guerra in Ucraina ha dimostrato tutte queste cose, oltre all’importanza della tecnologia commerciale e la necessità di avere materiale a sufficienza. “La quantità è una qualità a suo diritto”, ha detto Lord. Come si adegua il Dipartimento della Difesa a questa nuova realtà? “Dobbiamo avere una base industriale della difesa e una catena di approvvigionamento molto resilienti e adattabili, fino al livello dei prodotti finali”.

Ma l’attuale struttura “è molto lenta” ha commentato William J. Lynn III, presidente e amministratore delegato di Leonardo DRS e membro del consiglio di amministrazione dell’Atlantic Council, aggiungendo come questa lavori bene per un certo tipo di sistemi (portaerei, sottomarini nucleari, veicoli da combattimento terrestri), e meno bene per altri, come i sistemi software “ci vogliono due anni per far approvare un budget. È il tempo che Steve Jobs ha impiegato per sviluppare l’iPhone”. Se, infatti, in passato era la Difesa a sviluppare la tecnologia che poi esportava a livello commerciale (esempi di questo sono il Gps, o Internet), oggi l’equilibrio si è spostato. Un esempio di questo, per Lynn, è l’intelligenza artificiale “sviluppata in gran parte fuori dalla base industriale della difesa, ma fondamentale per il funzionamento dei sistemi operativi”. Con i conflitti che si moltiplicano e la tecnologia che accelera, passare per un processo di tre anni tra sviluppo dei prerequisiti e l’ottenimento dei fondi significa avere “un ritardo di tre anni, non accettabile di fronte alle minacce esistenziali di oggi.

Il problema, rileva Lynn, è che “il nostro sistema ha una propensione al rischio pari a zero: non ci si può permettere di avere un programma fallito, non ci si può permettere di sprecare denaro, non ci si può permettere di avere un test fallito. Eppure senza test falliti nulla può muoversi rapidamente”. L’obiettivo allora, ha sottolineato Lord, è “gestire il rischio, piuttosto che eliminarlo”. Certamente cambiare improvvisamente l’intero sistema è impossibile, tuttavia si può spingere per una maggiore flessibilità. Ed è qui che entrano in gioco le aziende “mid-tier”, come Leonardo DRS. Lord ha infatti ricordato come la maggior parte dei sistemi di combattimento di oggi siano basati sull’hardware, ma definiti dal software, e se il primo può restare in circolazione anche per anni, il secondo è invece aggiornato costantemente. Come sottolineato da Lynn, relativamente alla sua azienda “siamo agnostici rispetto alle piattaforme: non costruiamo carri armati, aerei e navi. Costruiamo i sensori e le comunicazioni che li accompagnano”. Un fattore cruciale, soprattutto quando si stringono i cordoni della borsa. La prima cosa che salta sono le piattaforme – ha sottolineato Lynn – ne vengono costruite di meno: “Ma ciò significa che si devono aggiornare le piattaforme legacy” e quindi “servono aziende in grado di mettere nuove cose su piattaforme nuove, così come nuove cose su piattaforme vecchie”. Questo tipo di flessibilità, agilità e innovazione è ciò che si ottiene dal livello intermedio di aziende.

Le medie imprese, inoltre, permettono di potenziare in maniera efficace anche la competitività, in un settore dove la concorrenza tra le grandi aziende è limitata, soprattutto dal momento che non sempre partecipano tutte a ogni programma. Lynn ha fatto l’esempio proprio di Leonardo DRS e Raytheon, competitor nel settore dei sensori e stabilmente in un testa a testa per il podio in questa fetta di mercato. “Avere una concorrenza in alcuni settori – ha detto Lynn – permette di produrre l’innovazione di cui si ha bisogno per portare i prodotti migliori ai combattenti in modo tempestivo”.

Questo però richiederà da parte dell’amministrazione l’assunzione di piani coerenti, prevedibili e trasparenti, soprattutto nel momento in cui chiede alle aziende di fare di più e di investire. “Stiamo parlando di imprese commerciali – ha sottolineato ancora Lynn – che devono avere un ritorno sugli investimenti”. Se i programmi cambiano ripetutamente, gli investimenti rischiano di andare sprecati: “È necessario bilanciare un po’ meglio l’esigenza di prevedibilità e trasparenza con le reali dinamiche di bilancio”.

Dagli Usa consigli per un nuovo modello di industria della difesa

Velocità, flessibilità e innovazioni saranno gli elementi della struttura del comparto industriale della difesa necessari per poter affrontare il moltiplicarsi delle minacce e l’evoluzione della tecnologia. Per raggiungerla, importante sarà il ruolo giocato dalle aziende “mid-tiers”, capaci di integrare le tecnologie innovative tipiche delle piccole realtà all’avanguardia sulle piattaforme dei grandi player globali, fornendo anche un incentivo alla competitività

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