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Venti “fotografie” che fanno emergere le diseguaglianze nel nostro Paese e un tessuto sociale sempre più lacerato. Sono quelle scattate dal giornalista Dario Di Vico, nel libro “Nel Paese dei disuguali. Noi, i cinesi e la giustizia sociale” (edito da Egea), presentato ieri pomeriggio presso il Centro Studi Americani. Nella sua inchiesta l’autore esamina “le vie infinite che ha preso la disuguaglianza”, alternando una fase di analisi a una descrittiva. “Prima ho raccolto il materiale, poi ho scavato dentro quei singoli mondi per cercare di comprenderli”, ha spiegato Di Vico.

Gli esempi nel libro sono molteplici: si passa dai cinesi di Prato, che rappresentano un problema a differenza di quelli di Milano, alle differenti abitudini alimentari dei giovani, che evidenziano la contrapposizione tra il nord sempre più salutista e un meridione dove sono in crescita i tassi di obesità e sovrappeso. Sotto accusa il “determinismo economico del Pil” e il “fossato che si è aperto tra le generazioni” a causa dell’impostazione statica e antiquata dello Stato, incapace di comprendere i mutamenti sociali, culturali ed economici avvenuti negli ultimi trenta anni. Entrando nell’aspetto politico, una delle tesi di Di Vico è che la diseguaglianza sia stata una materia prima “lavorata molto bene dalla sinistra che ha dato diritti alle persone disagiate, ponendosi come mediatore e costruendo così una macchina politica”.

Su queste teorie e analisi si sono confrontati rappresentati della politica nelle vesti di relatori, moderati dal direttore del Centro Studi Americani Paolo Messa. “È un libro ricco di visioni che ci illuminano su parti della nostra società che sono profondamente cambiate – ha sottolineato Claudio De Vincenti, ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno – Purtroppo chi fa politica ha perso il contatto con questa trasformazione che è iniziata alla fine degli anni ottanta”. De Vincenti ha rivendicato i risultati ottenuti dal governo che ha “rimesso in moto la crescita e dato un segnale di vitalità”, soprattutto nel Mezzogiorno, che dal 2015 “cresce più del centro-nord grazie alle responsabilità che lo Stato si è assunto negli ultimi tre anni”.

Di tutt’altra opinione Mara Carfagna, deputata di Forza Italia: “Il governo ha dato risposte parziali e poco incisive alla crisi, lo dimostra il fatto che cresciamo meno degli altri Paesi dell’Ue, nonostante la flessibilità che ci hanno concesso. La disoccupazione giovanile ha raggiunto tassi insostenibili e nel libro viene ben descritto l’impoverimento del ceto medio”. Nel mirino dell’ex ministro le politiche adottate da Renzi e Gentiloni: “Non si può ricorrere solo ai bonus, Di Vico indica un metodo politico valido: quello di fare scelte che non pagano nell’immediato. Ad esempio con i soldi spesi per il bonus bebè si sarebbero potuti incrementare migliaia di posti negli asili”.

A fornire un punto di vista diverso il presidente Giuliano Amato, protagonista della drammatica svalutazione che si rese necessaria per salvare il Paese nel luglio del 1992, richiamata dall’autore del libro. “Abbiamo pagato il boom della Cina e siamo stati vittima della loro ondata essendo noi un Paese formato per il 90% da piccole e medie imprese – ha spiegato l’ex premier – All’epoca solo Tremonti mise in guardia su questo pericolo. I posti in alto sono spariti, le piccole imprese non sono in grado di averne”. Nel mirino di Amato le liberalizzazioni come unica via da percorrere: “c’è stato un eccesso di fiducia nel mercato”, e un obiettivo chiaro: “uno Stato da rinnovare e ricostruire e non da abbattere, come si è fatto ad esempio con il blocco del turn over”.

Il "Paese dei diseguali" di Di Vico letto da Amato, Carfagna e De Vincenti

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