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Alla fine i senatori del Partito Repubblicano americano hanno rinunciato alla possibilità di abolire e sostituire l’Obamacare, il piano sanitario che fa da forte legacy interna per Barack Obama, imponendo la copertura sanitaria a chiunque, e che i conservatori detestano sia dal punto di vista pratico che ideologico (è costoso per le casse federali, richiede un’obbligatorietà non necessaria, è la loro posizione sintetizzata).

IL NO DI COLLINS E LA FINE DELLE SPERANZE

Lunedì sera la senatrice del Maine Susan Collins ha fatto sapere che non avrebbe votato la proposta repeal-and-replace della riforma sanitaria. Ed è stato quello il colpo di grazia al tentativo di distruggere l’Obamacare, e rimpiazzarlo con una nuova legge costruita dai repubblicani e dalla Casa Bianca di Donald Trump. Senza il voto di Collins, che aveva già contribuito ad affossare il secondo dei tre tentativi già fatti dai repubblicani in questi primi nove mesi del 2017 per far passare la loro legge, non ci sarebbero mai stati i consensi necessari. Questo perché altri due senatori, Rand Paul dal Kentucky e John McCain dell’Arizona, avevano già espresso parere contrario alla bozza che il loro partito avrebbe voluto portare in aula.

NUMERI E PROCEDURE

È stato secco il capo della maggioranza al Senato, Mitch McConnell: “Non abbiamo i voti”, ma “non abbiamo rinunciato. È solo che non abbiamo i voti per questa settimana”. Al Senato, grazie a una mossa procedurale, i repubblicani avrebbero potuto far passare la legge a maggioranza semplice, invece di quella complessa che necessita di almeno 60 voti, ma il tempo per farlo scade il 30 settembre (ed è improbabile che in questi due giorni cambi qualcosa). I Rep hanno 52 seggi, i Dem 48: la conta per ora diceva 51 NO contro 49 SÌ, dunque per evitare una sconfitta plateale, il voto sull’abolizione e sostituzione della riforma sanitaria è stato cancellato dall’ordine del giorno della camera alta (anche perché era praticamente impossibile che qualche democratico avesse potuto concedere concedere ai repubblicani il proprio voto).

PERCHÉ È IMPORTANTE

La questione della riforma sanitaria è un passaggio, sebbene centrale, di politica interna americana, ma la sua vicenda è interessante da un punto di vista più ampio perché potrebbe segnare il futuro dell’amministrazione. Trump e il partito sono in crisi profonda, e la mancata approvazione di una riforma su cui il presidente ha speso molto della sua campagna elettorale e molto della sua retorica politica di questi primi mesi, non fa che aggravare la situazione. La conseguenza è che Trump e i suoi, sentendosi traditi dal partito, ingaggino una battaglia interna ancora più feroce: d’altronde, per il presidente, la sconfitta è fondamentalmente legata alle dinamiche dell’establishment del partito che lo ha sostenuto, ed essere anti-establishment è una della sue forze in termini di consenso.

UN AVVISO A TRUMP

Lindsey Graham, uno dei due senatori (spesso critico con Trump) che aveva preparato la proposta di legge i congressisti avrebbero dovuto votare entro venerdì, ha messo le mani avanti: “Mitch – ha detto riferendosi a McConnell – e la leadership hanno fatto tutto quello che potevano”, chiunque affermi il contrario “non ha idea di quello che dice”. Questa dichiarazione è un messaggio alla Casa Bianca, che dopo i due fallimenti precedenti si era scagliata contro il partito, soprattutto contro McConnell, che ne è il leader principale. Trump potrebbe sfruttare la situazione per spingere le sue posizioni anti-establishment e di rottura rispetto al passato del partito: un processo che sta mettendo in moto, in vista della mid-term del 2018.

tpp

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