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Il Patriarca ortodosso russo, sua beatitudine Kirill, ha definito l’assassinio di cinque donne che uscivano dalla parrocchia di San Giorgio a Kizlyap in Daghestan, repubblica del Caucaso russo a maggioranza musulmana, come un “crimine cinico e terribile”. L’azione è stata rivendicata dai terroristi dell’Isis, con un comunicato ufficiale che non contiene però alcuna indicazione concreta capace di avallare tale rivendicazione nonostante le autorità abbiano già identificato il responsabile di quest’orrore. “L’uccisione di persone innocenti sulla soglia della chiesa è un crimine cinico e terribile, che non ha e non può avere alcuna giustificazione”, ha dichiarato il primate ortodosso in un messaggio pubblicato sul sito del Patriarcato. “Potrebbero compierlo – continua il messaggio – solo persone, i cui cuori sono pieni di male satanico e odio e in cui non c’è pace e amore”. Da secoli, in Caucaso vivono popoli che professano il cristianesimo e l’islam e che cercano di costruire le loro relazioni su una solida base di principi di convivenza e di rispetto per la cultura spirituale reciproca”, si legge sempre nella nota del patriarca. Ferma e immediata la condanna della terribile azione terroristica da parte dell’organizzazione dei musulmani del Daghestan, alla quale il mufti ha fatto seguire immediate condoglianze ai parenti delle cinque vittime.

Il Cremlino non esclude da parte sua che sia proprio un atto di terrorismo quello compiuto da un ventiduenne, senza ricordare però che solo pochi giorni fa un altro atto terroristico, importante ma meno grave di questo, è stato perpetrato nella capitale del Daghestan, quando sconosciuti non ancora identificati hanno preso di mira il rappresentante locale di Memorial, principale Ong di opposizione al presidente russo, Putin, riuscendo a distruggere la sua automobile, andate in fiamme. Secondo Memorial questa azione fa parte di un più ampio piano finalizzato a cancellarne la presenza nelle repubbliche caustiche, tanto che recentemente il rappresentante di Memorial in Cecenia è stato arrestato.

La piccola repubblica caucasica del Daghestan, stretta tra Cecenia e Georgia, ha dato i natali ai due terroristi che hanno perpetrato la strage della maratona di Boston del 2013, di cui parlò tutto il mondo come di questo orribile atto di terrorismo contro fedeli in uscita da un luogo di culto fosse pensato. A infiammare il Daghestan, all’inizio degli anno ‘90, è stato il contagio del gravissimo incendio che tanti lutti ha provocato nella vicina e tormentata Cecenia.

Il sanguinoso e terrificante atto terroristico che ha stroncato le vite delle cinque fedeli che uscivano da San Giorgio a Kizlyap si è verificato infine in un contesto politico locale molto caldo. I frequenti casi di corruzione che hanno scosso i vertici della repubbliche caucasiche, fino all’arresto del facente funzioni di primo ministro del Daghestan, secondo i critici del Cremlino starebbero portando a una nuova politica da parte di Mosca che intenderebbe controllare molto più direttamente queste Repubbliche, ad eccezione della Cecenia dove la leadership del fedelissimo Kadyrov non sarebbe in discussione. Un’operazione che andrebbe dal Daghestan fino alla neo annessa Crimea, tanto che dalla vicina Ucraina i critici di Putin hanno espressamente parlato di un approccio neo-colonialista di Mosca a tutta l’area, non limitato al Daghestan, da tempo ritenuto fuori controllo.

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