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Procedono gli incontri per la formazione del nuovo governo tedesco, la cosiddetta coalizione Giamaica. Questa settimana i partiti che potrebbero formare la prossima coalizione “Giamaica” (per via dei colori, CDU e CSU, cioè Unione, nero; liberali dell’FDP, giallo, e i Verdi) hanno fatto un primo punto sulle intese raggiunte in queste prime tre settimane di colloqui interlocutori: una maggior cooperazione tra Bund, cioè governo federale, e Länder nel contrasto al terrorismo; devolvere entro il 2025 il 10 per cento del Pil all’istruzione e alla ricerca; incremento decisivo nello sviluppo del digitale.

Procedono dunque i tavoli di lavoro, non senza intoppi e a volte contrapposizioni che rasentano la rottura. L’ultimo scontro si è registrato giovedì scorso e ha riguardato le politiche energetiche e la questione migranti. La contrapposizione tra Verdi e gli altri tre partner (CDU, CSU e liberali dell’FDP) era stato così duro, da decidere far decantare la questione e riaggiornarsi dopo il weekend. Inoltre, si sono incontrati i vertici dei quattro partiti per riappianare la situazione. Il tabloid Bild Zeitung aveva scritto che le chance per il costituirsi della coalizione “Giamaica” erano nel frattempo scese al 50 per cento.

Una conclusione probabilmente affrettata, anche perché, se non si riuscisse a raggiungere un’intesa, non resterebbero che e elezioni anticipate. In quel caso però non è detto che nazionalisti dell’AfD non riuscirebbero a rastrellare altri voti. Dunque CSU e CDU (l’Unione) sono in un certo qual modo costretti a trovare con Verdi e FDP la quadratura del cerchio. Anche se non è ancora dato sapere come, visto che anche alla ripresa dei lavori, lunedì, le tensioni sono subito di nuovo affiorate. All’ordine del giorno c’erano digitalizzazione, lavoro e pensioni. I Verdi insistono sulla possibilità di poter andare in pensione anche a 63 anni senza decurtazione a patto che si siano pagati i contributi per 45 anni, Unione e FDP vogliono che l’età di 67 anni valga per tutti.

Il mondo economico tedesco è tutt’altro che contento di questi continui stop and go e chiede che le trattative siano più veloci. Anche perché le differenze non sono poi insormontabili, sostiene Michael Hüther, direttore dell’Istituto tedesco di studi economici (IW), in un’intervista con il quotidiano Die Welt.

Non lo sono per i seguenti motivi: “La situazione sul mercato del lavoro è buona e non è che ci sia bisogno di aprire chissà quali cantieri. Anche di soldi ce ne sono abbastanza e con giusto un po’ di buona volontà si possono trovare progetti da portare avanti insieme”.

Un esempio di cooperazione fruttuosa potrebbe essere un progetto per ovviare alla mancanza di manodopera specializzata, che rischia di diventare una vera emergenza. Insieme i quattro partiti potrebbero elaborare un piano riguardo all’istruzione e all’addestramento professionale.

Poi va ripensata la politica di immigrazione. Un tema particolarmente spinoso, anche per responsabilità dei politici, afferma Hüther. “I politici non si sono mai veramente sforzati a distinguere nettamente tra migrazione economica e profughi. Dei primi abbiamo bisogno, ma dobbiamo essere noi a poter decidere che far venire. Altro discorso è quello riguardo ai profughi, che non vengono per risolvere i nostri problemi. Vengono perché loro stessi hanno problemi e perché temono per la loro vita”.

“Abbiamo capito”, è stato il messaggio unanime dei politici dopo lo sgradevole risveglio post elettorale, sgradevole per tutti eccezion fatta per i nazionalisti dell’AfD, i quali hanno invece festeggiato il loro ingresso nel Bundestag, il Parlamento Federale. Ecco, se veramente hanno i politici hanno capito, allora dovrebbero di esprimersi in modo ambiguo, pensa Hüther. Dovrebbero, dati alla mano, spiegare che, fino al 2015 la riduzione della disoccupazione in Germania è andata di pari passo con l’aumento dell’occupazione. Da quel momento in poi, invece, la crescita di posti di lavoro non ha più inciso, o quasi sul tasso di disoccupazione. E questo perché la manodopera impiegata è stata di livello superiore e “composta da migranti economici, non da profughi. Va inoltre detto che da ognuno di questi posti di lavoro dipendono entrate fiscali e contributi sociali, senza i quali la nostra attuale situazione economica positiva, non sarebbe pensabile. Questi sono i fatti e penso che anche un politico della CSU non dovrebbe avere problemi a spiegarli al proprio elettorato”.

Non sono, dunque, i lavoratori stranieri a “rubare” il posto ai disoccupati tedeschi di lunga data. Per questi andrebbero apportate correzioni alla riforma sociale voluta dall’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder. Sarebbe per esempio il caso di usare le casse dell’Agenzia federale del lavoro ben dotate in modo mirato per ogni singolo disoccupato di lungo corso. Si tratta di circa 750 mila persone e l’agenzia dispone dei fondi necessari per finanziare la loro riqualificazione. E, infine, Hüther auspica che si torni sui propri passi per quel che riguarda l’età pensionabile. La riforma Schröder prevedeva un progressivo innalzamento dell’età pensionabile fino a raggiungimento del 67esimo anno nel 2029. Ma il 1 giugno 2014, il governo di grande coalizione ha varato la legge di cui sopra. Per Hüther questo provvedimento, se non annullato si rivelerà un boomerang. Sia sul piano produttivo, visto che si tratta di persone con grande esperienza professionale, sia sul piano contributivo fiscale, percependo questi lavoratori perlopiù stipendi medio alti. Secondo l’economista sarebbe invece molto più sensato riflettere su una riforma che agganci l’età pensionabile all’aspettativa di vita.

Deutsche Bank, bund

Le prime grane tra i partner della possibile coalizione Giamaica in Germania

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