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All’indomani delle elezioni venezuelane tenutesi domenica 28 luglio, che hanno visto la ri-conferma del presidente Nicolás Maduro, la tensione continua ad essere alta. Migliaia e migliaia di manifestanti in tutto il Paese continuano a portare avanti proteste atte a denunciare i brogli elettorali che avrebbero permesso a Maduro di dichiararsi vincitore sul suo rivale, l’ex-esponente del corpo diplomatico Edmundo González Urrutia: Maduro ha dichiarato di aver vinto le elezioni con oltre 5,1 milioni di voti contro i 4,4 milioni del suo rivale; tuttavia, l’opposizione sostiene di aver ottenuto una vittoria schiacciante, con 6,2 milioni di voti contro i 2,7 milioni ottenuti dal presidente in carica. Lunedì 29 luglio numerosi residenti di quelle comunità povere storicamente vicine alle posizioni chaviste hanno marciato per la capitale attraverso Caracas per esprimere il proprio malumore nei confronti della situazione. Il giorno successivo, su invito dello stesso González e della leader dell’opposizione María Corina Machado, i manifestanti sono tornati per continuare le loro proteste.

La risposta del leader del Paese e della sua compagine governativa non si è fatta attendere. “Ritengo voi, signor González e signora Machado, direttamente responsabili della violenza criminale, dei feriti, dei morti e della distruzione”, ha detto Maduro durante una riunione di governo martedì, accusando González, l’altro candidato, di essere complice in un presunto colpo di stato fascista sostenuto da personaggi come il miliardario Elon Musk e da trafficanti di droga della vicina Colombia. Poche ore prima due importanti luogotenenti di Maduro, il capo dell’assemblea nazionale Jorge Rodríguez e il legislatore Diosdado Cabello, hanno chiesto l’arresto di Gonzalez e Machado. Un altro esponente dell’opposizione, Freddy Superlano, un ex legislatore che ha fatto campagna elettorale con González, era stato arrestato nella mattina di martedì, quando alcuni uomini in uniforme nera lo avevano prelevato a forza dalla sua auto spingendolo dentro ad un Suv.

Ma la linea dura non ha toccato soltanto i vertici. Il procuratore generale Tarek William Saab ha dichiarato che 749 persone sono state arrestate per “atti violenti” nelle proteste iniziate lunedì, durante le quali sarebbero rimasti feriti 48 tra agenti di polizia e soldati, nel tentativo di promuovere un “bagno di sangue”. Secondo Saab, un soldato sarebbe stato stato ucciso.

In un video messaggio, González ha denunciato la repressione di Maduro: “Purtroppo nelle ultime ore abbiamo ricevuto notizie di persone uccise e di decine di persone ferite e detenute”. L’Ong Foro Penal ha dichiarato che 11 persone sono morte negli scontri, cinque delle quali nella capitale.

La contestata affermazione di Maduro di aver vinto il voto ha fatto precipitare il Paese sudamericano in un altro capitolo di disordini e incertezza che ha spaventato i governi regionali. “Non posso dire di essere rilassato. Non lo sono. Sono preoccupato. Me ne vado preoccupato”, ha dichiarato martedì mattina al Financial Times Guardian Celso Amorim, l’inviato del presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, che ha avuto modo di confrontarsi con il leader venezuelano, il quale ha assicurato che avrebbe reso disponibili i risultati delle elezioni “in un breve periodo di tempo, da quanto ho capito”, ma anche con Gonzàlez: “L’impressione che ho è che l’opposizione abbia i registri… e che i numeri non corrispondano. È una situazione molto complessa e lo sarà ancora per molto tempo. La cosa più importante è la pace”, ha affermato Amorim.

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