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Galeotto fu il retweet. L’ambasciatrice Usa alle Nazioni Unite Nikki Haley, uno dei volti prominenti dell’amministrazione Trump, è incappata in una reprimenda ufficiale per aver violato una normativa federale, l’Hatch Act. che proibisce ai membri del governo di fare propaganda elettorale. La sua colpa? Aver usato il suo account personale su Twitter (@nikkyhaley) per ritwittare un tweet di Donald J. Trump (@realDonaldTrump) con il quale, era il 19 giugno scorso, il presidente faceva il suo endorsement ad un candidato al Congresso, Ralph Norman.

La condotta illecita segnalata e sanzionata dall’U.S. Office of Special Counsel (OSC) non riguarda tanto il singolo atto dell’ambasciatrice, il retweet, quanto una strategia comunicativa condivisa tra gli altri da Trump in persona: la scelta di avvalersi, per le proprie esternazioni, di un account privato e non di un profilo ufficiale riconducibile alla carica ricoperta e affidato ad uno staff professionale.

Il problema sollevato dall’OSC, aver violato l’Hatch Act, non vede imputabile il presidente né il vicepresidente, ma in filigrana si intravede una critica a Trump per la spregiudicata e, secondo alcuni, irresponsabile maniera di usare senza filtri i social network per condizionare il dibattito pubblico. I tweet al vetriolo di The Donald, come sappiamo, sono diventati la dieta quotidiana di giornalisti politici e cittadini, americani e non, ma anche dei collaboratori del dittatore nordcoerano Kim Jong-un, che cercano di leggere tra le righe della debordante comunicazione trumpiana per capire, e magari prevedere, quale sia la posizione ufficiale del governo degli Stati Uniti nella crisi nucleare. È la logica della disintermediazione, con la quale esponenti della politica saltano a piè pari gli uffici stampa, e le redazioni giornalistiche, per investire direttamente, e influenzare, l’opinione pubblica interna ed internazionale.

Il caso Haley ha origine il 19 giugnio, quando l’ambasciatrice sceglie di cliccare il pulsante retweet per far rimbalzare il tweet di @realDonald Trump: “Ralph Norman, che corre per il Congresso nel quinto distretto della Carolina del Sud, sarà un sostegno fantastico per il mio piano di tagliare le tasse e….”. Un comitato indipendente chiamato Citizens for Responsibility and Ethics di Washington (CREW), storce il naso, e decide di presentare un esposto all’OSC. Il quale si prende tutto il tempo per analizzare la questione, fino ad emanare, cinque giorni fa, la sua sentenza, comprensiva di analisi complessiva della situazione.

“Le nostre indagini”, scrive l’OSC nella lettera al CREW, “hanno confermato che il 19 giugno l’ambasciatrice Haley ha ritwittato il tweet del presidente Trump” su Ralph Norman. Abbiamo scoperto che @nikkihaley è l’account personale dell’ambasciatrice Haley, che lei ha usato prima di diventare ambasciatrice, e che non ha altri account Twitter. Al tempo del retweet in questione, l’immagine del suo profilo Twitter era (infatti) la foto ufficiale con la bandiera americana alle sue spalle, e l’immagine di copertina era la fotografia dell’Ambasciatrice Haley con il presidente Trump e altri membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite in una stanza della Casa Bianca. Le informazioni del profilo riportavano (inoltre) che lei è l’Ambasciatrice degli Stati Uniti alle Nazioni Unite e molti dei suoi post e foto riguardavano argomenti ufficiali. A ciò deve aggiungersi che la homepage del sito ufficiale della missione Usa alle Nazioni Unite include un link all’account @nikkihaley”.

Accertato il fatto che l’account privato di Nikki Haley ha tutti i crismi di un canale di comunicazione ufficiale, e di fronte al fatto che da quel profilo è partito il retweet partigiano, l’OSC effettua la sua valutazione alla luce della normativa federale. “L’Hatch Act”, riporta la lettera dell’OSC, “limita alcune attività politiche degli esponenti del governo federale, con l’esclusione del presidente e del vicepresidente. Di conseguenza, come Ambasciatrice alle Nazioni Unite, l’Ambasciatrice Haley deve considerarsi vincolata dall’Hatch Act e le è proibito, tra le altre cose, di usare la sua autorità pubblica o influenza allo scopo di interferire coni risultati di un’elezione o tentare di influenzarli. Per esempio, in base a queste disposizioni, non può usare il suo titolo ufficiale mentre si impegna in un’attività politica o la sua posizione ufficiale per sostenere o opporsi ad un candidato. Per attività politica si intende un’attività che mira al successo o al fallimento di un partito politico, un candidato ad una posizione politica, o una fazione politica”.

Con quei 140 caratteri rimbalzati dal profilo di Trump a quello di Haley, l’ambasciatrice alle Nazioni Unite ha dunque violato la legge. L’OSC ha pertanto provveduto, come si specifica nella lettera al CREW, a notificarle la violazione, invitandola ad astenersi in futuro da comportamenti scorretti. Non sono stati però presi provvedimenti, in quanto Haley, quando le è stato riferito che con quel retweet poteva aver eluso le disposizioni dell’Hatch Act, ha provveduto a cancellare il post incriminato, e si è inoltre astenuta nei mesi successivi dal ricadere nello stesso errore.

La vicenda del retweet illegale contiene in nuce una potenziale rivolta di establishment contro l’anarchia della comunicazione, ufficiosa sulla carta ma ufficiale negli effetti, di Trump e dei suoi collaboratori. Anche se l’Hatch Act non riguarda la carica del presidente e del suo vice, è evidente infatti come a Washington vi sia preoccupazione per la sfilza di esternazioni senza controllo che parte dagli smartphone dei detentori del potere. Un modo di comunicare che viola le regole non scritte dell’aplomb presidenziale, e che definisce i nostri tempi segnati dal flusso costante di tweet dall’account privato del commander in chief. Uno stile di vita cui Trump non intende rinunciare ma che a desta inquietudine in chi, nella capitale, intende tutelare l’immagine della Casa Bianca. La guerra dei 140 caratteri, intanto, continua dalle parti di @realDonaldTrump, che già gongola al pensiero di poter disporre del doppio dello spazio per fucilare nemici e oppositori e blandire gli amici.

Chi e come in Usa ha rampognato Nikki Haley per un retweet

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