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Tra tutti gli argomenti che spingevano il movimento separatista catalano, l’aspetto economico era il più attraente. Ad ogni presentazione, in tutti i manifesti della campagna elettorale, il risparmio di circa 16 miliardi di euro (prodotti in Catalogna e destinati ai catalani) sembrava bastare come motivazione per la secessione della Spagna. Ora che il referendum per l’indipendenza del 1° ottobre è passato, scatenando una crisi senza precedenti con il governo centrale spagnolo, i conti economici si sono trasformati nel peggior incubo della regione con aspirazioni di nazione indipendente.

IL MALE È STATO FATTO

La segretaria di Stato per l’Economia spagnola, Irene Garrido, ha confermato ieri che l’incertezza in Catalogna comincia ad avere effetti concreti nell’economia generale. Si è innescata un fenomeno di rallentamento che aumenterà nei prossimi giorni. Durante un evento organizzato dalla Commissione Nazionale dei Mercati e della Competenza (CNMC), Garrido ha spiegato che, nonostante la situazione politica influisca su tutta l’economia del Paese, l’impatto più duro “si concentra fondamentalmente nell’economia e nella società catalana”. La segretaria di governo ha detto che l’incertezza non si prolungherà per molto tempo ancora e nega assolutamente che la dichiarazione di secessione potrà diventare realtà. Il male però è stato già fatto in parte perché molti investimenti e imprese sono fuggiti dalla Catalogna.

IL RIMPROVERO DELLE IMPRESE

Intanto, le imprese che rappresentavano quella prosperità economica – della quale tanto si vantava la Catalogna – ora cominciano a fare pressione al governo di Carles Puigdemont (nella foto). Il Circolo dell’Economia, un’associazione catalana che riunisce centinaia d’imprese, economisti e accademici, ha chiesto la convocazione immediata di elezioni regionali. Sostengono che è l’unica soluzione possibile per frenare “la drammatica dinamica economica che vive la regione”.

NUOVE ELEZIONI IN CATALOGNA

L’associazione è molto potente in Catalogna e riunisce rappresentanti di grande compagnie catalane tra cui CaixaBank, Sabadell, Colonial e Puig. In un comunicato ufficiale ha avvertito che la regione può incamminarsi verso una mancanza di controllo, insicurezza giuridica e malessere sociale se non si fanno al più presto le elezioni locali e si elimina la minaccia della dichiarazione unilaterale d’indipendenza. “Alla marcia delle imprese si è unita recentemente l’aumento della frattura sociale e la possibilità, reale e immediata, di un profondo deterioramento dell’autogoverno, […] sembra logico e sensato conoscere, con la precisione e rigore di un processo elettorale, la mappa delle preferenze della società catalana”, si legge sul sito web di Circolo dell’Economia della Catalogna. È il secondo invito dall’associazione. Il primo è stato presentato il 4 ottobre.

PIROMANI DELL’ECONOMIA CATALANA

Il ministro dell’Economia catalano e vicepresidente della Generalitat, Oriol Junqueras, e l’imprenditore separatista, Oriol Soler, sembrano “due piromani per l’economia catalana”. La metafora è di Nacho Cardero, direttore del sito web di analisi e approfondimenti El Confidencial in Spagna.

LA COLPA DI MINIMIZZARE LA CRISI

Secondo il giornalista, così come Puigdemont minimizzò la fuga delle imprese alla vigilia del referendum, Junqueras non ha fatto bene i conti con la realtà e adesso si trova ad affrontare che l’economia catalana potrebbe essere ipotecata per una crisi che molti negano ancora. “Come spiegare ai corrispondenti stranieri con cui godevano parlando in tante lingue che la repubblica catalana non è esattamente il Shangri-La che avevano venduto – scrive Cardero -; come confessare agli investitori che hanno acquistato titoli che forse questo paradiso commerciale non è quello che avevano raccontato, quel tessuto produttivo blindato alle ingerenze straniere, quel mantello protettore europeo che alcuni cattedratici di Harvard e professori dell’Iese si sono impegnati in difendere fino all’ultimo in un atteggiamento più irresponsabile che ingenuo”.

Cardero dice che “mentre Junqueras si sforza inutilmente – guardate la fallita riunione con le multinazionali – di spegnere gli incendi provocati dalla fuga continua d’imprese, accanto a lui c’è Oriol Soler, il Rasputin della Generalitat, che non solo s’impegna a bloccare il naspo antincendi ma passa le ore aggiungendo benzina al fuoco. […] Dai due Jordis siamo passati ai due Oriols. […] Prima appiccano il fuoco e ora si offrono di spegnerlo”.

PREVISIONI (NEGATIVE) PER LA CRESCITA

Intanto, a risentire del colpo del mare magnum catalano è anche l’economia spagnola. Il governo ha ridotto le previsioni di crescita del Pil per il 2018 di quattro decimi e l’Autorità Fiscale Indipendente stima un rallentamento tra quattro e dodici decimi, che si traduce in 5 e 13,5 miliardari per quest’anno. Cardero punta il dito su “la paralisi degli investimenti, la perdita di fiducia internazionale, la mancanza di sicurezza giuridica e gli scioperi. È lo sport nazionale: giocare con le cose da mangiare e spararsi nei piedi”.

Che sta succedendo all'economia della Catalogna con i venti secessionistici

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