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Nel documento di Strategia Energetica Nazionale (SEN), da poco licenziato dal Governo, grande attenzione è stata dedicata ai  problemi di governance dei mercati energetici, altamente caratterizzati dallo sviluppo tecnologico degli impianti. In particolare, si pone in luce come l’Italia mantenga ancora un gap di costo rispetto ai diretti partner europei, sia per quanto riguarda il prezzo del gas che dell’energia elettrica. E questo malgrado i progressi realizzati negli ultimi anni, sia a livello di organizzazione dei mercati (ad esempio quelli inframarginali), sia a livello di infrastruttura come il cavo di Alta tensione che unisce la Sicilia col continente. Inevitabili sono perciò le ricadute sulla competitività delle aziende e del potere d’acquisto delle famiglie, specie quelle in condizioni di povertà energetica.

Quest’ultimo è il punto più spinoso, sia perché va ad incidere sulla parte più debole del tessuto sociale, sia perché il mercato dovrebbe essere in grado, meglio del regime di monopolio pubblico, di assicurare il godimento di un bene di pubblica utilità, come l’energia, a tutti, in primis, ai più deboli.

Invece, come ricorda il documento “sul gas, sebbene in diminuzione, rimane significativo il gap di costo tra la piattaforma di scambio italiana (PSV) e quella omologa olandese (TTF), che per il 2016 è stato circa pari a 2 €/MWh”, mentre sull’energia elettrica, il gap di prezzo si riscontra, in generale, rispetto alla media europea e, in particolare, rispetto alla Francia. La causa di tale differenza va ricercata in un maggiore costo dell’energia all’ingrosso in Italia e da elevatissimi oneri di sistema dovuti agli incentivi alle rinnovabili (siamo ormai arrivati a 16 mld l’anno!) e ai contributi, in forte crescita nell’ultimo anno, connessi alla promozione dell’efficienza energetica”.

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Fonte: Bloomberg

Figura 1 – Evoluzione dei prezzi gas TTF e PSV[1]

A livello europeo, lo scorso anno è stato approvato il Clean Energy Package che definisce target  per la penetrazione delle rinnovabili e linee guida per l’armonizzazione dei mercati elettrici. La finalità  ultima è la tanto proclamata costituzione di un mercato unico europeo dell’energia nel quale le fonti energetiche rinnovabili (FER) siano il più possibile integrate. In particolare  è previsto il superamento della direttiva 28/2009/CE, proponendo l’obiettivo del 27% di generazione da rinnovabili sui consumi lordi finali a livello comunitario entro il 2030.

Il punto che si pone come estremamente problematico sono i costi  che un simile  schieramento richiederebbe: ad oggi, lo sforzo finanziario preventivato per le FER si aggira intorno a 220 – 230 miliardi nei 20 anni stimati per la remunerazione cominciata col primo conto energia intorno al 2005.

Il costo di installazione dei nuovi impianti è in rapido abbassamento e con esso le linee di finanziamento. Tuttavia si prevedono ulteriori investimenti – e quindi spese –  per gli accumuli di potenza resesi necessari per poter gestire  il massiccio e crescente flusso di energia generato dalle rinnovabili che, come noto, è intermittente. Quello degli accumuli sarà il più significativo degli investimenti tecnologici sia per la generazione che, soprattutto, per la rete, consentendo, anzi, per quest’ultima, un meno angoscioso ritmo necessario per il suo ammodernamento.

Sarà quindi indispensabile pianificare l’intero sforzo finanziario che occorrerà al sistema e che gli utenti dovranno sostenere, numeri sui quali la SEN ha inevitabilmente glissato.

Peraltro, tale imponente operazione di mutamento tecnologico avverrà in regime di libero mercato per tutti, a seguito del superamento del regime di maggior tutela, attualmente previsto per il 1 luglio 2019. Cosicché è facile prevedere che, almeno in una prima fase i costi per le famiglie e le PMI vadano a crescere e non a scemare, con buona pace per la competitività del Paese.

[1] TTF = prezzo di scambio su mercato olandese; PSV = prezzo di scambio su mercato italiano. Esclusa la componente logistica

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