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“Se il capo delle Forze armate e il presidente si trovano in posizioni di scontro su qualcosa, allora il capo militare va” aveva detto domenica Emmanuel Macron in un’intervista al Journal du Dimance. E infatti la mattina di mercoledì 19 luglio, poco prima della riunione settimanale del Consiglio di difesa all’Eliseo, il capo di Stato maggiore dell’esercito francese, il generale Pierre de Villiers è andato: si è dimesso in disaccordo sulla politica per la spesa militare adottata da Macron (che ha già accettato le sue dimissioni). La scorsa settimana l’ufficiale era stato protagonista di un’intervento accesso contro il presidente (a tratti pure volgare) davanti alla Commissione Difesa dell’Assemblea: l’audizione doveva essere a porte chiuse, ma poi qualcuno ne ha raccontato qualche particolare colorito ai giornali, e Macron s’è trovato dinanzi alla diffusione pubblica della notizia del capo delle forze armate che diceva ai parlamentari che non si sarebbe “fatto fottere” dalle promesse del presidente.

Il 13 luglio, nell’elegante giardino dell’Hotel de Brienne, Macron aveva già ripreso la questione durante un incontro con il mondo militare (antipasto classico alle celebrazioni della Bastiglia del giorno dopo, ma stavolta “più in pompa” scrive il Monde): i panni sporchi si lavano in casa, diceva, mentre faceva chiaramente capire che non avrebbe accettato insubordinazioni pubbliche, sottolineando che lui è un tipo che rispetta gli impegni che si prende (“Sono il tuo capo, so portare a termine gli impegni che prendo” è uno dei passaggi molto ripresi di quel discorso).

Ossia: de Villiers si lamentava in commissione per un taglio alle spese per la difesa nel 2017, ma Macron annunciava in quella sede che la Francia aumenterà gli investimenti militari dal 2018 fino a toccare nel 2025 il tetto del 2 per cento del Pil imposto (in modo non vincolante) dalla Nato. Il taglio di quest’anno ha un altro genere di impegni da rispettare invece: è frutto di una manovra per contenere il deficit al di sotto del 3 per cento, allinearsi ai parametri europei e soprattutto dimostrare serietà alla Germania (il partner che Parigi vuole calamitare sulla propria linea, in primis sui programmi di difesa comune: esempio, il nuovo progetto, molto politico, per un caccia di Quinta generazione).

Potremmo “non riuscire a mantenere il modello di esercito che abbiamo”, è la spiegazione de Villiers per la sua rabbia. Quel modello è in effetti già impegnativo, “la Francia è un Paese che lo strumento militare lo usa con costanza” ha spiegato l’esperto Jean-Pierre Darnis in una conversazione su Formiche.net. Presuppone uno sforzo dispendioso e logorante nel Sahel, per esempio, dove i soldati dell’operazione (geopolitica vestita da anti-terrorismo) Barkhane combattono con il caldo, con il vento e con la sabbia, che ingolfa i motori degli elicotteri aumentandone rapidamente l’usura – e dunque, dice il generale, per essere efficienti servono soldi subito, non il taglio da 850 milioni di euro con cui Macron vorrebbe riportare Parigi nei parametri dei bravi paesi europei.

Il doppio rimprovero, quello al Brienne e l’altro successivo sul Journal du Dimanche, è la testimonianza che “il giovane presidente è desideroso di mostrare la propria autorità sull’esercito”, scrive il Figaro. L’incarico di de Villiers sarebbe dovuto scadere teoricamente il 31 luglio, anche se Macron gli aveva chiesto di restare per un altro anno: le dimissioni del generale sono un gesto simbolico perché l’offerta del presidente si portava con sé la promessa di non tagliare la spesa militare. Allo stesso tempo la linea dura del presidente è un messaggio che l’Eliseo invia ai subordinati – Macron chiede fedeltà, ma lo scontro rischia di creare una divisione con i vertici miliari.

(Foto: Video Efe, Emmanuel Macron e Pierre de Villiers durante le celebrazioni del 14 luglio)

 

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