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(Articolo ripreso da www.graffidamato.com)

Neppure di fronte agli attacchi del terrorismo islamista a Barcellona e in Finlandia, che ha naturalmente commentato da par suo, spaziando da est a ovest, Eugenio Scalfari ha saputo resistere alla tentazione di occuparsi anche dell’ormai miserevole, sempre più miserevole teatrino della politica italiana. Dove partiti e correnti si combattono per la conservazione o la conquista di un potere che nessuno poi potrà riuscire a gestire davvero nel nostro ormai superatissimo sistema istituzionale, peraltro privo sinora, e destinato assai probabilmente a rimanere privo di una legge elettorale davvero organica, capace di produrre due rami omogenei del Parlamento.

Ogni volta che una maggioranza, di centrodestra o di centrosinistra, ha provato a riformare la Costituzione in vigore dall’ormai lontano 1948, concepita quindi in tutt’altro clima e da tutt’altre forze politiche, ha fatto un buco nell’acqua. O non ha superato la conferma referendaria o, se è riuscita ad evitare l’ostacolo, ha prodotto un obbrobrio di cui poi si pentita, come avvenne nel 2001, sotto il secondo governo di Giuliano Amato, per cambiare i rapporti fra Stato e regioni e intasare letteralmente di conflitti la Corte Costituzionale.

Ma torniamo a Scalfari e al suo interesse per il teatrino della politica italiana, come lo chiama spesso Silvio Berlusconi senza però rinunciare a parteciparvi anche lui con quel suo avanti e indietro nei rapporti con vecchi o nuovi alleati, reali o presunti. Il fondatore di Repubblica se l’è presa, in particolare, con Matteo Renzi. Del quale però ha scritto catullianamente, da Catullo. Che si contende storicamente con Marziale, Ovidio e altri del mondo latino il famoso “Nec tecum nec sine te vivere possum”. Non posso vivere, cioè, con te né senza di te.

A distanza di soli sette giorni dalla domenica in cui lo aveva incitato, se si fosse veramente sentito un uomo di sinistra, ad andare sulla sua strada senza inseguire i vari Bersani, D’Alema e anche Pisapia, trattato invece con i guanti dai cronisti e dagli altri editorialisti di Repubblica, Scalfari ha scritto del segretario del Pd: “Gli do consigli non richiesti, gli faccio critiche ancora di meno. Renzi da solo non può fare nulla. In buona compagnia non ci vuole stare. Vuole decidere da solo e tutto lui da solo, magari facendo qualche mezza alleanza non cucita ma imbastita, che è molto diversa. Imbastita con Alfano, imbastita con Franceschini, forse anche con Delrio e forse addirittura con Berlusconi. Se questo è il suo modo di procedere, alla fine non conterà niente, anche se dovesse diventare presidente del Consiglio”.

La tiratina o tiratona d’orecchie al segretario del Pd è stata chiusa da Scalfari richiamando una vecchia canzone di Tony Renis: “Dimmi quando tu verrai, dimmi quando quando…..”.

Credo che a quest’ora Matteo Renzi abbia già chiamato al telefonino Scalfari per rabbonirlo. Non ci resta che aspettare domenica prossima per vederne gli effetti.

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