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La manovra, ormai, è in vista. La si può scorgere da lontano, ma sempre più vicina. Circa 25 miliardi, euro più euro meno, dentro i quali incastonare il rifinanziamento del taglio del cuneo contributivo per i redditi fino a 25 mila euro (7 punti) e 35 mila (6 punti), con un intervento che costerebbe oltre 9 miliardi e riguarda circa 14 milioni di lavoratori che in questo anno si sono visti arrivare fino a 100 euro al mese in più in busta paga. Ma anche la rimodulazione dell’Irpef, con le aliquote che passerebbero da 4 a 3, riducendo la seconda dal 35% al 33% e alzando il tetto fino ai 60 mila euro di reddito (come chiesto dalla Lega). In mezzo, 5 miliardi per la natalità e una spinta ai fringe benefits.

Prima, però, c’è da colmare un’altra casella, comunicante per la verità con quella della manovra: e cioè spedire alla Commissione europea il cosiddetto piano strutturale di bilancio. Ovvero la strategia con cui l’Italia imposterà il suo percorso di graduale ma costante rientro da debito e deficit in eccesso, una volta ripristinate, a partire dal prossimo gennaio, le regole del nuovo Patto di stabilità. Più sarà morbida la traiettoria, più spazio ci sarà nella finanziaria. Viceversa, più stringenti saranno i paletti, meno lasca sarà la manovra.

D’altronde, con la riforma del Patto di Stabilità, Bruxelles ha stabilito che i Paesi con un debito pubblico superiore al 60% del Pil o con un disavanzo pubblico superiore al 3% del Pil, tra i quali spicca l’Italia, dovranno presentare un documento specifico nel quale indicare nel dettaglio la traiettoria della spesa netta aggregata, delle riforme e degli investimenti che copra un periodo di quattro o cinque anni (in base alla durata della legislatura). Il percorso di risanamento dei conti potrà essere esteso a 7 anni nel rispetto di determinati criteri.

A Bruxelles i piani erano attesi per il 20 settembre, ma molti dei 27 Paesi sono in ritardo e la Commissione ha già assicurato una certa elasticità. I piani sono comunque attesi prima del 15 ottobre, senza sovrapposizioni con la scadenza per il Documento programmatico di bilancio, il Def, mentre la legge di bilancio è prevista in Parlamento entro il 20 ottobre. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, ha tuttavia rispettato la scadenza, portando oggi in Consiglio dei ministri, la bozza del Piano strutturale di bilancio, prima che venga spedito a Bruxelles.

La filosofia di fondo del Piano (che verrà trasmesso alle Camere dopo aver recepito le revisioni statistiche apportate dall’Istat nell’ambito della Revisione generale delle stime annuali dei Conti nazionali del periodo 1995-2023, che verranno diffuse la prossima settimana) rimane sempre la stessa, improntata alla prudenza e alla responsabilità, senza azzardi. “Il governo continua a portare avanti una politica fiscale prudente e responsabile, proponendo un percorso di rientro dal disavanzo eccessivo realisticamente più ambizioso di quello prefigurato dalla Commissione europea attraverso la traiettoria tecnica, impegnandosi a scendere sotto la soglia del 3% del rapporto deficit/Pil già nel 2026”, si legge nella nota diffusa dal Tesoro al termine del Cdm. “Dopo il 2026, il percorso proposto consentirà di garantire la stabilità del debito pubblico italiano e permettere alla finanza pubblica di affrontare con maggiore efficacia le sfide future”.

Quanto alla spesa, la posta di bilancio più sensibile per l’Europa, vista la sua capacità di impattare sul disavanzo, “la traiettoria di spesa netta inserita nel piano, che rappresenta il nuovo indicatore univoco sottoposto alla sorveglianza della Commissione, è in linea con le aspettative delle autorità europee. Nell’orizzonte temporale considerato il tasso di crescita della spesa netta si attesterà su un valore medio prossimo all’1,5%. La traiettoria, inoltre, è’ coerente con l’andamento dei principali saldi di finanza pubblica già previsti ad aprile (nel Def, ndr)”.

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