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La mossa a sorpresa di Cerberus Capital nella partita Alitalia ha già prodotto un primo effetto: ridestare le speranze dei sindacati, annichiliti dalla candidatura delle low cost come easyJet e dagli spezzatini lacrime e sangue di Lufthansa. I rappresentanti dei lavoratori, infatti, intravedono la possibilità di un azionariato aperto ai dipendenti (proposta UilTrasporti e sostenuta anche dall’Ugl) e soprattutto appoggiano l’unica possibilità che la compagnia venga ceduta tutta intera, come vorrebbe Cerberus stando alle indiscrezioni del Financial Times.

Ma sulle reali possibilità che il fondo statunitense di private equity dia seguito al suo interesse, la polemica è aperta. Intanto va detto che Cerberus, gestito tra gli altri anche dall’ex vice presidente Usa Dan Quayle (con Bush sr dal 1989 al 1993), non ha presentato un’offerta vincolante, lasciando passare la data ultima del 16 ottobre scorso. Si era palesato all’inizio della procedura di vendita, entrando anche in data room, per poi defilarsi a causa delle «condizioni restrittive previste dal bando».

Ora, sempre sul filo del condizionale, avrebbe deciso invece di manifestare un interesse ai tre commissari straordinari, Luigi Gubitosi (in foto), Enrico Laghi e Stefano Paleari, con un’offerta tra 100 e 400 milioni di euro, spiccioli per un fondo con 30 miliardi di dollari di capitale gestito, «per prendere il controllo di Alitalia», coinvolgendo lo Stato italiano e i dipendenti nella gestione della compagnia. Proprio quest’ultimo punto apre il primo fronte di interrogativi. Cerberus Capital Management, infatti, è statunitense e come soggetto extracomunitario secondo le regole Ue dovrebbe fermarsi al 49% del capitale. Ciò presuppone che la quota pubblica, insieme a quella dei lavoratori Alitalia, dovrebbe ammontare al 51%. Il ruolo dei dipendenti, in realtà, non è chiarito ma affidato a una formula ambigua: «condivisone di profitto». C’è poi una seconda questione che tocca il regolamento di gara, dopo la pubblicazione del bando finale il primo agosto scorso. Perché non ci fossero malintesi, i commissari hanno addirittura pubblicato un documento per chiarire alcuni passaggi del bando, relativi proprio alla partecipazione dei soggetti interessati a presentare offerte per la compagnia intera, oppure per i lotti Aviaiton (attività di volo e manutenzione) e Handling (i servizi di terra).

L’unica strada per far rientrare in gara chi non abbia presentato l’offerta vincolante è quella di costituire cordate «tra soggetti ammessi alla procedura e anche con soggetti che non abbiano presentato la manifestazione di interesse». In altre parole, Cerberus dovrebbe cercare una sponda con easyJet o Lufthansa . Ma l’abbinata cozza con le intenzioni del fondo, che sarebbero quelle di «mantenere l’azienda come compagnia nazionale italiana», senza perciò «individuare determinati beni, né acquistare solo aerei o rotte», che è invece quanto vorrebbero fare easyJet e Lufthansa . Escluso un annullamento della procedura di gara in corso, perché non ci sono appigli legali per farlo, resterebbe altrimenti solo l’ipotesi più estrema, cioè che la gara non vada a buon fine, che tutti gli altri concorrenti si defilino. In tal caso Cerberus potrebbe così aggiudicarsi la partita per abbandono. Ma non se ne parlerebbe comunque prima del 30 aprile prossimo, data ultima per migliorare le offerte già presentate. Al suo attivo nel settore aereo, Cerberus ha l’acquisizione nel 2004 di una quota di Air Canada (il 9,2% per 184 milioni di dollari) e la partecipazione alla privatizzazione della compagnia portoghese Tap.

Intanto continua a far discutere la questione del prestito ponte di 600 milioni concesso ad Alitalia e rimpinguato di altri 300 milioni col dl fiscale. Dopo i rilievi dei tecnici di Camera e Senato, l’Europarlamento ha chiesto alla commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager, di «applicare in modo stretto» le regole sugli aiuti di Stato «in modo stretto e uniforme a compagnie europee come Alitalia e Air Berlin». Secondo i deputati europei, «gli aiuti alla ristrutturazione» nel settore aereo rappresentano «una delle forme più distorsive» di aiuto di Stato. L’Europarlamento ha chiesto di applicare le stesse regole anche alle compagnie low cost.

(Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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