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Salvo sorprese – difficili ma impossibili da escludere del tutto – entro venerdì la Camera dirà sì al Germanellum. Eppure, neanche tra le forze politiche che si sono accordate sulla nuova legge elettorale – Pd, Forza Italia e MoVimento 5 Stelle – il testo del provvedimento sta facendo registrare il pieno dei consensi. Il caso più emblematico in questo senso è rappresentato dalla multiforme galassia pentastellata dalla quale continuano a levarsi critiche e dubbi. Nonostante la determinazione di Beppe Grillo e da alcuni dei principali esponenti a cinquestelle, Luigi Di Maio e Danilo Toninelli su tutti. Voci di dissenso che arrivano non solo, o non tanto, dagli eletti in Parlamento ma anche e soprattutto da giornalisti e intellettuali che potrebbero essere definiti di area, apprezzati e seguiti dagli attivisti del movimento.

IL GERMANELLUM SECONDO TRAVAGLIO

Qualche giorno fa, ad esempio, con un editoriale al vetriolo (qui l’articolo di Formiche.net) non l’ha affatto toccata piano Marco Travaglio, che per definire il testo della nuova legge elettorale ha usato un’altra espressione al posto Germanellum. L’ha ribattezzato il “merdinellum“, a sottolineare quanto l’accordo tra Pd, Forza Italia e M5s non gli piaccia. Un attacco durissimo, il più critico che il direttore del Fatto Quotidiano abbia mai sferrato contro i vertici del movimento, che pure, in tutti questi anni, ha spesso e volentieri difeso: “A furia di sentirsi dire che devono accettare i compromessi e sporcarsi le mani, i 5Stelle stanno facendo entrambe le cose con la legge elettorale. E non è un bel vedere”. Tra i vari aspetti contestati da Travaglio – alcuni dei quali corretti nel corso del voto di ieri in commissione Affari costituzionali – c’è anche la mancata previsione del voto disgiunto: ” In Germania, per la Camera elettiva (Bundestag), gli elettori hanno due schede e danno due voti, che possono essere disgiunti: uno al candidato uninominale di collegio, uno al listino bloccato proporzionale di circoscrizione (che può essere anche di un altro partito)”. Mentre da noi  non funzionerà così: “Avremmo una sola scheda per ogni ramo del Parlamento e non sceglieremmo alcun candidato: dovremmo barrare il simbolo di un partito e così implicitamente votare il candidato del nostro collegio (indicato a sinistra della scheda) e il listino bloccato dello stesso partito (a destra)“.

I DUBBI DI GIANNULI

Parole diverse ma concetti simili li ha espressi anche Aldo Giannuli (qui una sua recente intervista a Formiche.net), professore di Storia contemporanea all’Università di Milano e intellettuale apprezzato dalla galassia pentastellata. Nonché tra i fondatori dell’associazione intitolata a Gianroberto Casaleggio – fondata dal figlio Davide – e autore nella prima parte del 2014 di una serie di lezioni trasmesse sul blog di Grillo proprio in materia di legge elettorale. In un post pubblicato sul sito personale (consultabile a questo link), Giannuli ha messo nero su bianco le sue numerose critiche al testo della nuova legge elettorale, in particolare a proposito della clausola di sbarramento al 5%. Che, ad avviso dello storico, avrebbe effetti distorsivi del principio di rappresentanza, oltre a non giovare affatto ai cinquestelle: “Il più interessato all’operazione è ovviamente il Pd che cercherebbe sicuramente di rosicchiare sia alla sua destra che alla sua sinistra, sia per togliersi dai piedi i suoi scissionisti, sia per giocare la carta del voto utile e riconquistare il primo posto ai danni del M5s. Mentre non si capisce che vantaggio abbia il M5s da questa soluzione il cui esito più probabile sarebbe quello di regalare all’asse Pd-Fi una comoda maggioranza sia alla Camera che al Senato“.

LO SFOGO DI TAVERNA

Non che i gruppi di Camera e Senato siano unanimemente favorevoli al germanellum, comunque. Nei giorni scorsi più di un dubbio lo aveva espresso Roberto Fico, uno dei leader della cosiddetta ala ortodossa del movimento. E lo stesso aveva fatto anche la senatrice Paola Taverna, che era arrivata a definire la nuova legge elettorale unmega-porcellum“.  E nonostante lo stop di Grillo alle polemiche, ieri Taverna sarebbe tornata a esprimere tutte le sue perplessità nel corso di un’assemblea tra i parlamentari pentastellati. “Questo non è il tedesco, non prendiamoci in giro. Questo accordo andrebbe fatto saltare“, avrebbe dichiarato la senatrice secondo quanto riferito oggi dal Fatto Quotidiano. Ma i malumori si estenderebbero anche ad altri esponenti pentastellati, tra cui il giornale diretto da Travaglio annovera pure un’altra senatrice, Laura Bottici.

LA REPRIMENDA DI BECCHI

Stupisce un po’ meno, invece, la netta critica del professore di Filosofia all’Università di Genova Paolo Becchi, in passato considerato uno degli ideologi del movimento con il quale ha però rotto ormai da più di un anno. In questo intervento pubblicato sul Fatto Quotidiano – in questi giorni come non mai carico di voci critiche nei confronti dei pentastellati – Becchi ha messo all’indice il no dei cinquestelle al voto disgiunto formulato ieri in commissione Affari costituzionali della Camera: “Toninelli & Company dovrebbero essere espulsi dal partito, perché se loro sono, come ha richiamato Grillo di persona sul blog, soltanto dei portavoce dovevano votare per quell’emendamento“. Visto che – ha ragionato ancora Becchi – gli iscritti erano stati chiamati a esprimersi sul sistema elettorale tedesco di cui fa parte anche il voto disgiunto. Amara la conclusione del professore: “Voteranno tutti insieme, PD, FI, M5s e Lega, un sistema elettorale che pensano ognuno di poter utilizzare per i loro scopi e che invece avrà come conseguenza soltanto quella di portare il paese nel caos più totale. Senza rappresentanza e senza governabilità“.

Ecco tutti gli sbuffi a 5 stelle (non solo di Marco Travaglio) sul Germanellum

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