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Il presidente degli Stati Uniti ha ammesso su Twitter di aver passato informazioni di intelligence su un piano terroristico dello Stato islamico ai russi — quelle informazioni erano state condivise con gli americani dai servizi segreti israeliani, che non ne avevano consentito la divulgazione. Donald Trump lo ha scritto in due tweet mattinieri in cui ha ripreso lo scoop del Washington Post che dal pomeriggio di lunedì sta invadendo le prime pagine di tutti i giornali del mondo: “Come presidente ho voluto condividere con la Russia (in una riunione della Casa Bianca apertamente pianificata), ho il diritto assoluto di farlo, fatti che riguardano il terrorismo e la sicurezza dei voli aerei. [Ci sono] Motivi umanitari, oltre che io voglio che la Russia intensifichi notevolmente la lotta contro ISIS & terrorismo” ha scritto Trump.

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Il punto centrale è quel “ho il diritto assoluto di farlo”, come a chiarire che essendo presidente ha la possibilità di desecretare qualsiasi cosa vuole (è in effetti così, secondo la legge americana).

IL CHIARIMENTO DI TRUMP COLPISCE LO STAFF

Così facendo Trump ha chiarito il linguaggio controverso contenuto nella nota ufficiale diffusa per la Casa Bianca dal Consigliere per la Sicurezza Nazionale HR McMaster, che aveva detto lunedì: “L’articolo pubblicato oggi, per quello che dice, è falso. Il presidente e il ministro degli Esteri russo hanno parlato di molte minacce ai nostri paesi, comprese minacce attraverso l’aviazione civile. In nessun momento – nessun momento – le fonti e i metodi dell’intelligence sono stati discussi. E il presidente non ha diffuso nessuna operazione militare che non fosse già pubblica”. In pratica McMaster accusava il Washington Post di aver scritto che Trump aveva fatto saltare la copertura delle fonti e i metodi di intelligence americani, ma l’articolo firmato dai giornalisti Greg Miller e Greg Jaffe non parla di questo: dice che forse i russi potrebbero esserci arrivati, ma il punto su cui batte è che Trump ha condiviso con funzionari di Mosca (un paese avversario) informazioni code-word, ossia così classificate da richiedere una parola d’ordine per parlarne, ottenute tramite un paese alleato, senza che l’alleato ne fosse a conoscenza. Di più: nel pezzo si legge anche quelle informazioni erano conosciute soltanto da una strettissima cerchia di uomini dell’intelligence americana, a causa della loro altissima sensibilità.

NEGARE DI NON NEGARE

McMaster aveva usato quell’artificio retorico per non confermare l’enorme errore commesso dal presidente, ma nemmeno smentirlo del tutto; infatti era sembrato evidente che quel metodo usato dal consigliere era soltanto un escamotage per uscire da una situazione molto imbarazzante, alla quale lui stesso era presente, finita poi in pasto alla stampa. Insomma: era vero che Trump gli aveva dato quelle informazioni al ministro degli Esteri e all’ambasciatore russo, ma McMaster non lo voleva ammetterlo apertamente, per questo aveva spostato il discorso su altro (l’attenzione sulla fonte e sul metodo è per altro centrale comunque, perché è argomento che le intelligence hanno a cuore). Alla fine però è stato il presidente stesso a fare una specie di passo avanti rispetto alla posizione ufficiale tenuta dallo staff della Casa Bianca. Nel giro di una settimana è la seconda volta che succede una cosa del genere: giovedì scorso Trump aveva smentito in Tv la posizione ufficiale sostenuta dai suoi uomini sul caso del licenziamento del capo dell’Fbi James Comey; ‘era una richiesta del dipartimento di Giustizia’, dicevano i suoi per tenerlo un po’ più distante dalla controversa vicenda, ‘l’avrei licenziato a prescindere’ ha detto lui.

SMENTITI ANCHE I RUSSI

Nel frattempo dalla Russia è arrivata una smentita generale. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha scritto su Facebook: “Ragazzi, ma ancora leggete i giornali americani? Prendeteli per vari usi, ma non per leggerli”. Zakharova ha definito l’intera vicenda “un altro falso”, e il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, sentito dalla CNN sulla notizia ha detto che per la Russia “questo non è un argomento. Sono solo sciocchezze”. A specifica domanda ‘potrebbe negare?’, Peskov ha risposto: “Assolutamente non vogliamo avere niente a che fare con queste sciocchezze”. Trump praticamente ha segato anche la linea ufficiale di Mosca, ma il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale Mike Anton s’è sperticato nel dire che quei due tweet non sottintendono che lui abbia realmente condiviso quelle informazioni con i russi. Anton sostiene questo perché Trump non ha detto niente apertamente a proposito di ‘informazioni segrete’. Morale della storia trovata da Erik Erikson sul blog conservatore che dirige, The Resurgent: Trump si preoccupa molto di più di quello che dicono i giornali, piuttosto di quel che dicono i suoi consiglieri — Erikson ha scritto di conoscere una delle due fonti che ha passato informazioni al WaPo, e di non aver dubbi sulla bontà, perché “il tipo è molto trumpiano”.

Come non russa Donald Trump con le info degli 007 Usa su Isis

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