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In un caldo fine settimana di fine maggio, dove chi a Bruxelles resta in città corre a cercare frescura al Bois de La Cambre (la Villa Borghese della capitale belga), è stata presentata (non si sa bene da chi, ma comunque nei piani alti della Commissione), la proposta di trasformare lo European Stability Mechanism (meglio conosciuto come Fondo Salva Stati) in un Fondo Monetario Europeo (Fme) per prestiti a breve termine a Stati dell’unione monetaria in difficoltà.

Non è un’idea del tutto nuova. Nel febbraio 1980, al X Congresso del Movimento Federalista, venne approvato con grande clamore la proposta di dare vita a un Fondo monetario europeo come precursore di una futura unione monetaria. Venne anche presentato un dettagliato regolamento del Fondo. Non se ne fece nulla non solo per la macchinosità che spesso accompagna le proposte del Movimento Federalista, ma anche in quanto l’accordo europeo sui cambi (meglio conosciuto come Sme) era stato appena creato e già navigava in pessime acque.

Gli esperti consultati dalla commissione economica del Parlamento europeo hanno frenato sull’idea di trasformare il fondo salva-Stati Esm in un vero e proprio Fondo monetario europeo (Fme). L’idea potrebbe rientrare nelle ipotesi sul futuro dell’Unione economica e monetaria ma, al momento, è solo oggetto di riflessione nelle capitali e nelle istituzioni europee. Secondo uno degli esperti, Daniel Gros, economista e capo del think tank Ceps, che ha scritto un parere per gli eurodeputati della commissione Econ, il termine Fme dovrebbe essere usato con cautela.

Intanto, il Fondo monetario internazionale ha due funzioni (sorveglianza e aiuti) che nell’Eurozona sono invece assegnate a soggetti diversi. La prima a Commissione ed Eurogruppo, la seconda all’Esm. “Non c’è necessità di modificare questo assetto”, spiega Gros. Basterebbe, invece, introdurre due modifiche “fondamentali” all’Esm. Primo, i programmi di aiuti dovrebbero fare a meno del contributo del Fmi (e quindi non sarebbero soggetti alle sue richieste, come sta avvenendo per la Grecia). Secondo, i Paesi dell’Eurozona dovrebbero riunire le loro quote al Fmi in un’unica partecipazione, che si aggirerebbe sui 60 miliardi, da usare per salvare un Paese dell’euro con condizioni “più leggere” di quelle che impone il Fmi attualmente. Anche Charles Wyplosz, altro esperto che ha consigliato gli eurodeputati, è d’accordo sull’inutilità di modificare i compiti delle istituzioni. Ed evidenzia il rischio di ‘azzardo morale’: con un Fondo monetario europeo gli Stati avrebbero meno resistenze ad aumentare il loro debito, sapendo che verrebbero salvati.

Condivido questi commenti e ne aggiungerei uno più fondamentale. Come ben documentato in un saggio recente di Giorgio La Malfa e Robert Sidelsky, il Fmi nacque a Bretton Woods come proposta americana (il piano White) che si contrapponeva con quella britannica (il piano Keynes) che tramite la Clearing Union mondiale e la nuova moneta anch’essa mondiale (il Bancor) avrebbe creato una vera e propria unione monetaria tra i 44 Paesi usciti vincitori dalla seconda guerra mondiale , e quelli che poco a poco si sarebbero aggiunti ad essi). L’Fmi si basa su cambia gestiti collegialmente ed interventi per prevenire (od impedire) svalutazioni competitive e restrizioni commerciale. Difficile vedere come possa funzionare nell’ambito di un’unione monetaria e in un mercato unico. Avrebbe – è vero – la possibilità di emettere obbligazioni sintetiche (e loro tramite anche una certa mutualizzazione dei debiti). Compiti, però, che possono essere svolti dalle istituzioni esistenti senza cambiarne nomi o aggiungerne altre.

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Cosa penso dell'idea di un Fondo Monetario Europeo

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