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Il Senato americano ha votato quasi all’unanimità (97 favorevoli contro 2 contrari, i repubblicani Rand PaulMike Lee) per alzare nuove sanzioni contro la Russia come punizione per l’interferenza compiuta nelle elezioni presidenziali americani dello scorso novembre.

LE ACCUSE

Mosca è accusata dall’Intelligence Community, che ha raccolto provo evidenti come quelle uscite sui media e contenute in un report dell’Nsa, di due generi di attacchi informatici: con uno ha cercato direttamente di inserirsi nei software per il voto (e secondo le informazioni di Bloomberg la penetrazione di quest’operazione è superiore a quel che si pensa); con un altro ha colpito i democratici, diffondendo comunicazioni riservati sottratte ai membri del partito e dello staff di Hillary 2016, da cui sono nate diverse informazioni alterate – costruite e rilanciate da siti pro-russi in una vera e propria campagna di diffamazione per denigrare la candidata dem.

IL PACCHETTO

Il pacchetto votato (che è stato collegato a un provvedimento contro l’Iran, colpevole di continuare con la proliferazione dei missili balistici), oltre ad applicare nuove sanzioni contro strutture militari che passano armi al governo siriano e a quelle dell’intelligence russa che hanno compiuto i cyber attacchi, definisce un limite legislativo allo Studio Ovale, permettendo al Congresso di valutare eventuali decisioni del presidente sull’abolizione o l’alleggerimento delle sanzioni stesse. Essendo il Senato a maggioranza repubblicana, è evidente che si tratta di una restrizione che il partito ha imposto alla presidenza. Da sottolineare che l’azione bipartisan arriva in un momento in cui la polarizzazione politica è piuttosto avvelenata, con la collaborazione parlamentare ai minimi, dopo che la Casa Bianca ha spinto i repubblicani all’abrogazione dell’Obamacare senza alcun dialogo con i democratici, e i democratici che vedono la presidenza Trump come la peggiore delle iatture possibili.

IL VALORE POLITICO

È fondamentale mettere il Congresso come “arbitro finale” su queste decisioni, ha spiegato il leader della minoranza dem Chuck Schumer, visto che l’amministrazione sembra “piuttosto ansiosa” di allentare la presa su Mosca; Schumer, insieme a Ben Cardin del Maryland, ha guidato i democratici verso un’azione dura contro la Russia, scrive Politico. Il segretario di Stato Rex Tillerson, nonostante abbia sottolineato l’importanza di punire la Russia, non ha appoggiato il decreto e ha chiesto una legislazione più morbida, che soprattutto permette al presidente di gestire le sanzioni in funzione dei rapporti che si stanno creando con il Cremlino. Si pensa che la Camera, che ha posizioni più aperte verso Mosca e soprattutto più trumpiane, possa cambiare le cose, diluendo la legge prima che passi alla firma del presidente – che dovrebbe tuttavia non porre il veto, vista la larga maggioranza con cui è passato e per evitare polemiche in aggiunta alla complicata situazione in cui si trova il Russiagate.

 

putin russia

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