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Nei giorni scorsi il senatore Mario Mauro, ex ministro della Difesa del governo Letta, e il collega Paolo Romani, entrambi di Forza Italia (Romani ne è capogruppo al Senato) sono stati protagonisti di un viaggio in Siria dove hanno incontrato, tra l’altro, il rais Bashar el Assad. A Formiche.net Mauro racconta al telefono: “Siamo un partito particolarmente orientato a fare chiarezza sui fatti in modo diretto”.

I MOTIVI DEL VIAGGIO

Dunque è stato questo lo scopo della visita, fare chiarezza sulla guerra civile? “La visita è legata all’analisi della situazione – spiega Mauro – che non a caso è stata letta da Papa Francesco come un ipotetico scenario di guerra globale, perché in realtà quella che i media hanno dipinto come una guerra civile è un’importante guerra regionale in cui si fronteggiano paesi in lotta per l’egemonia nel Golfo e nel Medio Oriente”. In effetti, che le rivolte siriane (da cui è scoppiata la guerra civile) siano state occasione di un confronto proxy tra diversi attori è da tempo consolidato. “In mezzo c’è la nuova politica neo-ottomana di Erdogan che ha destabilizzato l’area. Ma quell’area risente anche di problemi come lo spill-over dei rifugiati, che aggrava il quadro in paesi vicini come il Libano, la sicurezza di Israele, la postura russa e americana”. Secondo Mauro ci sono vari elementi che possono riportare alla mente la Guerra civile spagnola, che fu d’anticipo alla Seconda guerra mondiale: “Non capendo per tempo cosa sta succedendo sul terreno si rischiano conseguenze nel mondo intero”. E dunque Forza Italia, dopo sette anni dall’inizio della guerra siriana, ha fatto questo passo per poter fornire al nostro paese una visione tersa della situazione: fuori da lobby e circoli interessati, “spesso collegati a movimenti sunniti wahhabiti o alla Fratellanza”, aggiunge Mauro. Allo stesso tempo, dice il senatore ed ex ministro della Difesa, è importante far sentire la vicinanza di Roma al popolo siriano, “per sperare che l’Italia sia capace di iniziativa per recuperare i rapporti diplomatici e sistemare la questione dell’embargo”.

I CRIMINI DI ASSAD

Lunedì 18 settembre, si è dimessa Carla Del Ponte (ex ministro della Giustizia svizzera) dalla commissione che all’Onu indaga (da sette anni) i crimini di guerra di Damasco, dicendo in faccia all’ambasciatore siriano alle Nazioni Unite che il governo di Damasco ha usato armi chimiche sui civili: Del Ponte sostiene che l’impunità nei confronti di Assad è uno dei fallimenti “inaccettabili” della nostra era. Assad è in effetti un dittatore spietato che ha represso con il sangue le rivolte contro il suo regime, ha compiuto attacchi chimici sui civili, ha lanciato barrel bomb, ha rinchiuso gli oppositori in prigioni sotto tortura: sebbene questo, da un po’ di tempo è in corso su di lui una riqualificazione diplomatica, fondamentalmente sponsorizzata da Russia e Iran (e non troppo contestata dagli Stati Uniti). Non rischiano di passare per impopolari i contatti diretti con il rais? “Nessun dubbio sul fatto che il contesto siriano sia caratterizzato non da una democrazia matura – dice Mauro –, ma da una struttura che sopravvive alla grande storia del Baath (il partito panarabo da cui viene Assad e suo padre, che governa la Siria da decenni, ndr). Ma capovolgiamo la domanda: perché abbiamo smesso di sostenerli? Perché abbiamo smesso di fidarci?”. Il senatore si riferisce al fatto che il governo siriano è stato per lungo tempo un alleato occidentale e forse, aggiunge, quando lo accusiamo dei crimini che ha commesso non lo facciamo soltanto per essere paladini globali dei diritti umani, ma perché abbiamo deciso di compiacere i desideri dei nostri alleati che hanno preso posizioni anti-Assad. Un esempio? “Gli interessi occidentali con i sauditi o con il Qatar”.

LE ARMI CHIMICHE E L’INFORMAZIONE SULLA SIRIA

A Mauro preme puntualizzare sulla questione armi chimiche, ricordando che il periodo più caldo il dossier l’ha vissuto proprio mentre lui era ministro della Difesa, e le forze governative gasarono col sarin la popolazione civile del quartiere Ghouta di Damasco (il numero di morti è attualmente imprecisato, ma furono diverse centinaia). “Francesi e inglesi avevano chiesto di bombardare i siti chimici di Assad in quella circostanza, ma dopo una discussione ministeriale in sede Nato, e una più corposa e allargata al G20, noi italiani ci facemmo promotori di una lettura più attinente alla realtà, perché colpendo Assad avremmo rischiato di far arrivare entro natale al Nusra (la filiale qaedista siriana, che adesso va sotto la sigla JFS, ndr) e l’Isis a Damasco”. Era il 2013. “Poi ci furono i contatti con Russia e Stati Uniti per l’accordo di smantellamento. Tanto è stato fatto, per questo la dottoressa Del Ponte dovrebbe riformulare la sua analisi: c’è ancora l’uso di armi chimiche? C’è qualcuno che è in grado di dimostrarlo?”. In effetti c’è stato un attacco ad aprile del 2017 per cui le intelligence occidentali hanno incolpato il regime, e c’è Israele che almeno da fine 2016 ha denunciato pubblicamente che la Siria non ha rispettato l’accordo Onu sulla cancellazione del proprio arsenale, ma conserva e produce armi chimiche. Mauro aggiunge un altro aspetto: “Abbiamo potuto verificare sul campo che il gioco mediatico su chi ha fatto cosa contro la popolazione civile è molto sofisticato: ed è una questione che che mi hanno colpito ancora di più della tragedia vista sul terreno. Per esempio, abbiamo verificato non solo in modo diretto, ma anche sentendo cittadini di ogni parte politica e religiosa, che barili celesti riempiti di gas propano e usati come bombe sono stati tirati con delle rudimentali catapulte molto efficienti, che sparavano dai quartieri di Aleppo dove c’erano i gruppi jihadisti”. Sì, ma le immagini degli elicotteri del regime che sganciano barrel bomb sulle aree civili sono ovunque… “Certo, essendo quella siriana l’unica forza aerea presente… Ma abbiamo verificato di persona anche che l’aviazione siriana è in uno stato decadente, quasi inefficiente”. Ma ciò non ha impedito che barili esplosivi siano stati sganciati (quantomeno anche) dagli elicotteri del regime, e talvolta arricchiti con bombole di cloro per massimizzare i danni.

IL MENO PEGGIO

Aggiunge Mauro, pragmaticamente: “Sopra di tutto c’è un nodo strutturale, Assad era il minore dei mali. Il presidente siriano è un uomo dai toni e dai modi affabili, certo questo non vuol dire che non siano la maschera di un dittatore, però davanti alla popolazione siriana c’era l’opzione ‘o lui o finire con la testa tagliata se si sbagliava a respirare’ sotto i gruppi johadisti”. Dobbiamo prendere atto della situazione e ragionare sulla base di questa: “Il regime ha vinto la guerra. Ciò nonostante c’è il ministero della Riconciliazione, guidato da un ministro che ha perso un figlio negli scontri, che sta facendo un lavoro straordinario, permettendo a chiunque decida di redimersi di ricevere un’amnistia. E noi dall’esterno dobbiamo solo accompagnare questo momento della storia siriana, perché protagonisti della mediazione devono essere i siriani. Per questo, francamente, non capisco come i rappresentati delle istituzioni che si occupano di diritti umani come Del Ponte decidano adesso di uscire: è evidente che questo è il momento della mediazione, non della guerra”.

IL FUTURO SIRIANO

C’è sempre quella questione impunità: è questo che contestano i critici di questo genere di approccio pragmatico alla situazione. Riprendere la ricostruzione da qui, e il futuro siriano da qui, rischia di far passare Assad come un presidente perenne impunito. “Non credo che Assad sia destinato a prescindere al governo della Siria. Gliel’ho contestato personalmente, lui è rimasto molto colpito, ma penso che l’ideologia Baath sia al tramonto, e non è da escludere che la Fratellanza e i movimenti jihadisti restino una realtà politica interna. Però, ripeto, sarò forse un po’ brutale, ma tutto deve essere guardato con il realismo di chi sa che a vincere la guerra è stato il regime”. Secondo Mauro gran parte di quella che è la società civile siriana ha compreso poco della posizione europea: l’ex ministro si riferisce al mondo accademico che aveva forti contatti con l’Occidente, “la vera opposizione era frutto di questa osmosi di rapporti, ma tutto è finito con l’embargo, si sono sentiti traditi”. Cancellare l’embargo è uno dei punti di interesse secondo il senatore. Ora, dice, hanno forte domanda di solidarietà da Germania e Italia: e, se nel caso tedesco la questione si collega alle politiche sui rifugiati del governo, il feeling con l’Italia c’è per due ragioni. “Innanzitutto, prima della guerra era il primo partner commerciale della Siria, ma poi c’è un canale privilegiato con le chiese cristiane di Siria e la Santa Sede, e molte delle informazioni più attinenti alla realtà sono uscite proprio da questi ambienti. È da lì che ho capito che la situazione siriana andava approfondita direttamente”.

 

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