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L’improvvisa espulsione dei rappresentanti del partito neonazista tedesco (AfD) dal gruppo europeo di Identità e democrazia è stata letta da molti osservatori come il passo decisivo di Marine Le Pen verso l’area del governo. Sia del governo francese, le presidenziali si terranno nel 2027, sia, un giorno, del governo europeo.

Nel 2018 la donna che aspira a prendere il posto di Emmanuel Macron cambiò il nome del partito del padre, da Front a Rassemblement National, per affrancarsi dai cascami e dall’ombra funesta del petenismo. Ha smesso da tempo di predicare l’uscita della Francia dall’Euro, due mesi fa a Bruxelles si è astenuta sull’invio degli aiuti a Kiev e ha definito “eroico” il popolo ucraino. Segnali. Segnali di disgelo che alludono ad un’inedita disponibilità a riconoscere l’Unione europea, a rispettare la linea della Nato e a troncare i rapporti politici con Vladimir Putin colmando di conseguenza quel gap di credibilità che affligge sia lei sia il gruppo di Identità e democrazia. Una svolta moderata che, se confermata dai fatti e col tempo, farebbe di Marine Le Pen e del Rassemblement National un attore politico legittimo e con pari dignità.

Si è scritto, sull’Huffingtonpost, che abbia come prima cosa provato ad entrare nel più istituzionale gruppo dei Conservatori europei (Ecr), ma il presidente del gruppo, Giorgia Meloni, avrebbe posto il veto. Lo avrebbe fatto per non perdere il primato di leader più votato del gruppo e di conseguenza lo scettro della presidenza. Dicono infatti i sondaggi che l’8 e 9 giugno il Rassemblement National dovrebbe eleggere 30 europarlamentari e Fratelli d’Italia 23. Preclusagli, dunque, la possibilità di entrare dalla porta principale nel grande salone dei giochi europei, a Marine Le Pen non è rimasto altro da fare che provare ad entrare dalla finestra rendendo presentabile il gruppo in cui si trova. Identità e democrazia, appunto.

Il processo è lungo, alcuni compagni di viaggio ancora discutibili. Incerta, soprattutto, è la determinazione della Le Pen: si tratta solo di tattica o la sua è una vera strategia? Per sciogliere il dubbio servirebbe una Bad Godesberg della destra estrema. Un discorso pubblico, l’ufficializzazione di una visione nuova accompagnata da una nuova narrazione. Allora sì che la Francia potrebbe avere un presidente donna e Giorgia Meloni potrebbe ritrovarsi in Europa un alleato di peso o un antagonista potente nella rappresentanza della destra continentale. E chissà che una Bad Godesberg non ne tiri un’altra.

Perché servirebbe una Bad Godesberg delle destre europee. L'opinione di Cangini

Il processo è lungo, alcuni compagni di viaggio ancora discutibili. Incerta, soprattutto, è la determinazione della Le Pen verso l’area del governo. Sia del governo francese, le presidenziali si terranno nel 2027, sia, un giorno, del governo europeo: si tratta solo di tattica o la sua è una vera strategia?

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