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Continua la pressione internazionale sul Venezuela di Nicolás Maduro. Durante la sessione di ieri alle Nazioni Unite, l’ambasciatrice degli Stati Uniti, Nikki Haley, ha avvertito del pericolo che il Venezuela diventi “una seconda Siria” e ha chiesto ai membri dell’organizzazione di unire sforzi per cercare una soluzione alla crisi politica e sociale del Paese sudamericano. “Il Venezuela è sull’orlo della crisi umanitaria – ha detto Haley -. Manifestanti pacifici dell’opposizione sono stati feriti, arrestati e assassinati dallo stesso governo. Non ci sono medicine, gli ospedali non riescono ad operare ed è difficile trovare il cibo” (qui l’articolo di Formiche.net sui farmaci che mancano in Venezuela).

LA PREOCCUPAZIONE DEGLI USA

Le dichiarazioni di Haley sono in linea con le condanne del governo di Donald Trump contro il governo di Nicolás Maduro. Haley ha insistito che l’amministrazione statunitense è preoccupata per “le manovre antidemocratiche del regime di Maduro e la crisi economica ed istituzionale del Paese”. “La comunità internazionale deve dire: ‘rispettate i diritti umani delle persone’. Se no, si ripresenterà la situazione di altri paesi come Siria, Burundi o Corea del Nord”, ha detto l’ambasciatrice.

LE PRESSIONI DELL’OSA

L’ambasciatore del Venezuela all’Onu, Rafael Ramírez, ha replicato accusando gli Stati Uniti di alimentare la violenza in Venezuela. Ma ad accendere l’allarme sul Venezuela non sono soltanto gli Usa: l’Organizzazione di Stati Americani (Osa) sta facendo pressioni sul regime di Maduro per la chiedere la liberazione dei prigionieri politici e la convocazione di nuove elezioni. Il 31 maggio ci sarà una sessione straordinaria a Washington per discutere sulla crisi venezuelana.

“GLI EBREI DEL XXI SECOLO”

In un intervento trasmesso dalla tv dello Stato, Maduro ha dichiarato che i chavisti sono gli ebrei del XXI secolo: “Siamo i nuovi ebrei del XXI secolo, coloro che Hitler perseguì, questo siamo. Non portiamo la stella di David qui, abbiamo il cuore rosso con voglia di lottare e picchiare per la dignità umana, e sconfiggeremo questi nazisti del XXI secolo, questi fascisti”. Il presidente venezuelano ha fatto riferimento all’ondata di proteste all’estero (chiamate “escraches” e risalgono all’epoca della dittatura argentina), contro le sedi diplomatiche e contro gli ex ministri che sono rimasti a vivere fuori dal Venezuela. “Ritengo responsabile Julio Borges, leader e capo del Bureau della Unità democratica (e presidente dell’Assemblea nazionale, ndr) per tutti gli abusi, tutta la violenza, tutta la insurrezione armata, tutto l’odio fascista, tutta la persecuzione e divisione che stanno generando a livello nazionale e in alcuni posti del mondo contro i venezuelani del bene, i venezuelani della pace”.

L’INTERVENTO DI ALFANO AL SENATO

Mentre a pochi passi dal Senato un gruppo di militanti del Partito Comunista Italiano manifestava contro le critiche del governo italiano al regime di Maduro, il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha detto ai senatori che “in Venezuela c’è il concreto rischio di una guerra civile”, a fronte della “mancanza di volontà politica di superare lo scontro e avviare un dialogo genuino”. Secondo il ministro, “il governo di Caracas non ha compiuto nessuno degli atti necessari per un dialogo sostanziale perché non è stata messa mano a un calendario elettorale, non sono stati liberati i prigionieri politici e non si è cessato di assumere provvedimenti discriminatori contro i leader dell’opposizione”. Alfano ha ricordato che nonostante le pressioni e gli appelli per cominciare un vero dialogo tra le parti in conflitto, il governo venezuelano ha scelto l’isolamento e la negazione dei problemi umanitari.

GLI ARGOMENTI DI GIANNI MINÀ 

In un’intervista pubblicata dal sito L’Antidiplomatico, lo scrittore e giornalista Gianni Minà insiste nella difesa del modello socialista di Maduro. Secondo lui, le manifestazioni dell’opposizione perseguono la fine del governo, e rispondono ad interessi economici degli Stati Uniti: “Così come in passato si puntava alla fine del governo di Chávez e si arrivò al golpe dell’aprile del 2002. Dopo le 43 vittime del 2014 che sono state responsabilità diretta per la quasi totalità della destra golpista e reazionaria (come testimonia il Comitato delle vittime delle Guarimbas) l’opposizione violenta è tornata a prendere in ostaggio il paese e sono tornati i morti in Venezuela”.

Per Minà “il fatto che non ci siano le multinazionali del petrolio Usa (o le sue alleate europee) a gestire le risorse venezuelane è uno scandalo per i padroni del mondo”. La violenza nelle strade, e la mancanza di cibo e alimenti, secondo lui sono il risultato di un piano organizzato dall’estero. “Maduro, eletto con il 50,78% dei voti nel 2013, magari non ha le capacità politiche che aveva Chávez – ha detto a L’Antidiplomatico -, ma certamente finora ha saputo resistere a questo scorretto assedio, smentendo le previsioni e rispettando la democrazia”.

Venezuela, c’è il pericolo di una seconda Siria?

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