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Tutti coloro che seguono la grande musica concertistica, sia da camera sia sinfonica con partecipazione di un solista-pianista, conoscono il nome di Martha Argerich, certamente da numerosi anni la più nota pianista al mondo e ospite dei principali festival.

Nata in Argentina, Martha ha iniziato gli studi con la madre, insegnante di pianoforte e dai cinque ai quindici anni si è formata con il pianista Vincenzo Scaramuzza. Ha debuttato in concerto all’età di otto anni. Poco più che una bambina, trasferitasi in Europa con la famiglia nel 1955, studiò in Austria con Friedrich Gulda. Ha seguito inoltre i corsi di perfezionamento di Arturo Benedetti Michelangeli ad Arezzo e Moncalieri, nel 1960. Benedetti Michelangeli sosteneva di averle insegnato “la musica del silenzio”.

Nel 1957, a soli 16 anni e nel giro di poche settimane, vinse due importanti premi – il concorso Ferruccio Busoni di Bolzano ed il concorso pianistico di Ginevra – La sua carriera ne ha ricevuto una spinta importante. È stata chiamata “genio del pianoforte”, “miracolo della natura”, “ciclone argentino”, ed ancora “leonessa della tastiera”.

È stata sposata due volte. Col compositore e direttore d’orchestra Robert Chen (Chinese: 陈 亮声; pinyin: Chén Liàngshēng) fino al 1964, con il quale ha avuto una figlia, Lyda Chen-Argerich, violinista. Tra il 1969 e il 1973 col direttore svizzero Charles Dutoit, padre della seconda figlia Annie Dutoit, con il quale continua ad esibirsi e registrare. Ha avuto anche una relazione col pianista Stephen Kovacevich, dalla quale è nata Stephanie Argerich.

Nel 1990 le viene diagnosticato un melanoma maligno. In seguito al trattamento il cancro va in remissione. Una recidiva nel 1995, con metastasi ai polmoni e linfonodi, richiede un secondo trattamento aggressivo al John Wayne Cancer Institute, con rimozione di parte di un polmone e l’utilizzo di un vaccino sperimentale. Il tumore va di nuovo in remissione. Per gratitudine Argerich tiene alla Carnegie Hall un recital devoluto all’istituto. Nel 2013 viene presentato un film sulla sua vita, diretto dalla figlia Stephanie: Bloody Daughter.

È da anni  instancabile nel promuovere la formazione di giovani pianisti (si ricordino, tra gli altri, Alessandro Mazzamuto, Gabriele Baldocci, Mauricio Vallina, Sergio Tiempo, Polina Leschenko), per mezzo dei suoi festival annuali a Lugano: “Una settimana di ininterrotto bagno di musica per esecutori e pubblico, lasciando carta bianca a una concertista fra le più grandi del nostro tempo. Con un modo di suonare molto particolare, pieno di intuizioni e soluzioni ogni volta originali, che fanno parlare del suo pianismo come di qualcosa di adolescenziale”.

In Italia, la letteratura su Martha Argerich è piuttosto scarsa. Non mancano saggi nei programmi di sala dei concerti o lavori in libri collettanei. Occorre, quindi plaudire Zecchini Editore per aver fatto tradurre e per aver pubblicato Martha Argerich: L’enfant et les sortilèges del musicologo francese Olivier Bellamy, indubbiamente il libro più completo sulla pianista, ausilio indispensabile per chi frequenta i suoi concerti.

Il lavoro traccia la vita artistica della Argerich da quando era bambina ai giorni nostri in ventidue agili capitoletti che si gustano rapidamente (Olivier Bellamy, Martha Argerich: L’enfant et les sortilèges, Zecchini Editore 2017, pp.356, 25 euro). Nella presentazione di Carlo Picardi si sottolinea la visione “esistenziale” della musica caratteristica della Argerich.

Un libro da non perdere.

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Marta Argerich, la leonessa della tastiera

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