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L’ultima tornata di nomine nelle società partecipate pone due interrogativi: quali sono i presupposti e i progetti futuri legati agli avvicendamenti nelle aziende controllate; qual è e quale deve essere il ruolo dello Stato nell’economia. Non intendiamo entrare nel merito delle singole nomine, né partecipare al giochino delle presunte appartenenze politiche e partitiche. A noi interessa chiarire quali sono i progetti industriali che stanno alla base delle scelte dei nuovi apici aziendali. Se, infatti, nel caso delle riconferme è ragionevole attendersi un’azione orientata ai business plan annunciati al mercato, nei casi di rinnovo si impone una riflessione. Presidenti e amministratori delegati di società quotate in borsa, controllate dallo Stato e rappresentanti settori importanti dell’economia, si cambiano se fanno male il proprio lavoro o se si oppongono alle strategie dell’azionista. E se l’azionista, in questo caso il ministero dell’Economia, non si è lamentato dei risultati economici, dobbiamo pensare che c’è o ci sarà un cambio di strategia.

Cioè, per essere chiari: le Poste verranno (ulteriormente) privatizzate? E Leonardo-Finmeccanica diventerà più aggressiva sui mercati internazionali portando a casa più commesse, o sarà vittima-spezzatino dell’aggressività dei concorrenti francesi, tedeschi ed americani?. A queste domande è urgente che il Governo dia una risposta. In modo da chiarire anche qual è, oggi, il ruolo dello Stato nell’economia: programmatore, facilitatore o anche gestore?.

Andrebbe poi superata la norma che limita le scelte in merito alle privatizzazioni ed alle nomine dei nostri campioni nazionali al binomio Mef-Palazzo Chigi marginalizzando, ad esempio, il ministro per lo Sviluppo Economico. Eppure stiamo parlando di politica industriale, energetica, di industria della difesa, di telecomunicazioni: settori nevralgici per il Paese e le cui leve di decisione politica sono inevitabilmente mosse nel dicastero di via Veneto, visto anche il peso specifico delle aziende in questione: Eni, Enel, Leonardo e Poste Italiane capitalizzano nel complesso 113 miliardi, un quarto del valore del listino principale milanese.

La borsa, i mercati, le banche d’affari, stanno già giudicando con i loro parametri i nuovi vertici delle aziende controllate dallo Stato. Ma il giudizio non può limitarsi agli andamenti di borsa, pur importanti. Sarebbe forse opportuno aprire nel Paese un discorso serio sull’intervento dello Stato nell’economia, riflettere sulla politica di privatizzazioni finora realizzata e valutarne pregi e difetti. Soprattutto non lasciare che eventuali scelte sbagliate o miopi possano accentuare il declino economico del sistema-Paese alle prese con un difficile dialogo con Bruxelles sulle misure da prendere per evitare spiacevoli procedure di infrazione.

welfare, sentenza, corte costituzionale

Poste Italiane, Leonardo/Finmeccanica e le domande sui progetti industriali

L’ultima tornata di nomine nelle società partecipate pone due interrogativi: quali sono i presupposti e i progetti futuri legati agli avvicendamenti nelle aziende controllate; qual è e quale deve essere il ruolo dello Stato nell’economia. Non intendiamo entrare nel merito delle singole nomine, né partecipare al giochino delle presunte appartenenze politiche e partitiche. A noi interessa chiarire quali sono i…

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