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Che succede tra i vertici delle due banche venete che cercano di evitare il bail-in e il governo? Per caso ci sono tensioni? E il capo azienda di Popolare di Vicenza e Veneto Banca pensa che il ministero dell’Economia possa e debba avere un ruolo più incisivo a Bruxelles e non solo a Bruxelles? A far balenare questi interrogativi, che implicano una interlocuzione tra gli istituti Popolare di Vicenza e Veneto banca con il Tesoro sono alcune recenti analisi giornalistiche. Entriamo nei dettagli.

IL COMMENTO DEL CORSERA

Il governo di Paolo Gentiloni sta sottovalutando il pericolo che Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che necessitano di almeno altri 5 miliardi di aumento di capitale, possano essere messe in risoluzione con le regole del “bail-in”. A lanciare l’allarme è stato il vicedirettore del Corriere della Sera, Daniele Manca, in un editoriale del 7 marzo che comincia proprio così: “L’Italia sta correndo gravi rischi sui quali non si sta ponendo la necessaria attenzione. Nella quarta regione più ricca d’Europa, ci sono due banche che ne hanno accompagnato lo sviluppo e che, a causa di una gestione a dir poco dissennata, con il loro fallimento potrebbero causare gravi danni all’intero Paese”.

IL RISCHIO CHE SI CORRE

Il rischio a cui Manca fa riferimento è chiaro: se le regole europee sul bail-in dovessero essere applicate senza eccezioni (come invece si sta cercando di fare per il Monte dei Paschi, dove si sta studiando l’intervento pubblico tramite la ricapitalizzazione precauzionale), a pagare il conto delle perdite potrebbero essere azionisti e obbligazionisti, non soltanto subordinati (come appunto da ricapitalizzazione precauzionale), e nel caso peggiore perfino correntisti con più di 100 mila euro sul conto. Se così fosse, sarebbe la prima volta in Italia e nell’intera area dell’euro che si applicano le regole del bail-in così come sono state concepite, nell’ottica cioè di fare in modo che a pagare per il dissesto non sia più lo Stato con denaro pubblico, e quindi in ultima istanza i contribuenti, bensì gli azionisti e gli obbligazionisti. Proprio perché le due venete farebbero da “apripista”, non si conoscono le conseguenze di una tale prospettiva. Ma il rischio paventato da molti è che si inneschi una crisi di fiducia che potrebbe travolgere l’intero sistema bancario italiano.

SCONTRO DI MOLTI INTERESSI

Scrive Manca nel suo editoriale: “Il risultato (dell’attuale situazione, ndr) è una barocca architettura che sta sperimentando sulle due banche italiane il funzionamento di una regolamentazione europea tutt’altro che perfetta e nella quale si scontrano molti interessi”. C’è infatti da considerare che la Bce, che esercita il potere di vigilanza, “vorrebbe che le banche chiedessero con un aumento di capitale più soldi possibile per evitare che un domani possa essere accusata di aver sottovalutato il problema”. Al contrario, la Commissione europea “vuole che si mettano meno soldi possibili pubblici per evitare che i cittadini paghino gli errori altrui e quindi il conto del fallimento”. In questo contesto, mette in guardia il vicedirettore del Corriere, “più si ritarda e più l’Esm potrebbe essere della partita, il che significherebbe introdurre sul nostro Paese elementi forti di controllo sulle nostre politiche”. Va infatti ricordato che il Meccanismo europeo di stabilità (Mes, in inglese European stability mechanism, Esm) prevede una cessione di sovranità da parte del paese che lo utilizza.

IL GOVERNO

In questo contesto, cosa potrebbe fare il governo Gentiloni? Secondo Manca, “il governo (unico interlocutore della Commissione) dovrebbe far sentire con forza la sua voce. Si deve far capire che in questo caso non possono essere né i tempi né le regole di una burocrazia punitiva e che tende a salvaguardare se stessa e non a risolvere i problemi, a scandire il risanamento e rilancio di infrastrutture necessarie allo sviluppo del Paese. Pena l’ingigantirsi delle crisi invece della loro risoluzione”. Sembra di capire che, secondo Manca, il governo dovrebbe attivarsi per evitare il ricorso all’Esm, che potrebbe rilevarsi tanto più pericoloso quanto più si consideri che l’Italia sta già rischiando la procedura di infrazione per deficit eccessivo.

IL PRECEDENTE DI RENZI

Il governo Gentiloni, per molti aspetti, è considerato in continuità con quello del suo predecessore Matteo Renzi. Il quale, secondo alcune ricostruzioni, fu tra i registi della defenestrazione di fine estate, al Monte dei Paschi, dell’ex ad Fabrizio Viola, in sintonia con l’attuale ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ironia della sorte, Viola è da poco arrivato alla guida della Popolare di Vicenza, di cui è chiamato a studiare la fusione con Veneto Banca con l’obiettivo di mettere in sicurezza i due istituti di credito. Quindi, farà qualcosa oggi Padoan per aiutare Viola e le sue banche? E questo significherà anche evitare una crisi di sistema per l’Italia? È probabile che a breve questi interrogativi troveranno risposta perché la crisi delle banche venete è più urgente che mai.

Fondo Risoluzione, Popolare

Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che cosa succede tra Viola, Gentiloni e Padoan?

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