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Carbone addio, ma senza fretta. L’Italia prova a lasciarsi alle spalle la lunga stagione degli idrocarburi, ma non mancano certo le incognite. E forse non bastano nemmeno i propositi del Movimento Cinque Stelle che nel loro programma sull’energia (qui il documento), prospettano la fine della dipendenza da idrocarburi entro il 2050. Ma c’è da lavorare sodo, aumentando il bacino del consenso verso l’energia del futuro. Anche per questo i grillini hanno presentato oggi, alla Camera, uno studio (qui il documento) sui costi per la salute e per l’economia delle centrali a carbone. Viste, dai pentastellati, come una sorta di male oscuro, forse oggi finalmente vulnerabile.

TUTTI I COSTI DEL CARBONE

La ricerca, realizzata da un gruppo di Ong e organizzazioni ambientaliste quali Wwf, Can (Climate Action Network), Heal (Health Environment Alliance) e Sandbag, ha posto l’accento sui costi in termini di vite e di Servizio sanitario. Secondo lo studio, che ha passato al setaccio 280 centrali europee, l’inquinamento da centrali a carbone è responsabile di decine di migliaia di casi di malattie, con costi per i sistemi sanitari europei che nel 2013 hanno raggiunto quota 62,3 miliardi di euro. In un anno l’inquinamento da centrali a carbone è stato responsabile di quasi 23 mila morti premature in tutta Europa (oltre 1.600 solo in Italia), non molte meno delle 26 mila vittime causate ogni anno dagli incidenti stradali. Gli impianti più nocivi per la salute dei cittadini di altri paesi, precisa lo studio , si trovano in Polonia (responsabili di 4690 decessi prematuri oltreconfine), Germania (2490), Romania (1660), Bulgaria (1390) e Regno Unito (1350). Si stima inoltre  che i costi totali in Europa per la salute associati ai fumi delle centrali a carbone italiane siano tra 920 milioni e 1,7 miliardi all’anno.

IL CASO DI CIVITAVECCHIA

Anche l’Italia ha il suo polmone nero, almeno secondo il deputato grillino e membro della commissione Attività produttive, Davide Crippa, ovvero Civitavecchia (l’impianto Enel di Torrevaldaliga)“dai bilanci che abbiamo potuto visionare finora abbiamo appreso che ancora la metà dell’energia prodotta è di fonte fossile, più o meno il 52%. E non giova certo sapere che l’impianto di Civitavecchia chiuderà nel 2039. Siamo l’unica forza politica che ha una strategia energetica, il nostro primo obiettivo, in ordine temporale, è proprio la fuoriuscita dal carbone, nell’arco di una legislatura. Il 13% dell’energia prodotta in Italia viene dal carbone. È insostenibile. Per questo “la settimana prossima consegneremo le nostre proposte per la Sen al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. Siamo disposti a confrontarci su questi temi su cui stiamo lavorando da anni”. Pensare che secondo gli esperti di Sandbag, che hanno elaborato dati della commissione europea, la centrale di Torrevaldigia figura tra i dieci impianti più dannosi in Europa con 10,2 milioni di tonnellate emesse lo scorso anno, dietro ai colossi polacchi e tedeschi della lignite.

COSI’ IN EUROPA

E in Europa, che succede? Tra i paesi a subire di più le conseguenze, spiega la ricerca, della “nuvola oscura”, come l’anno chiamata i relatori, sono la stessa Germania (3630 morti premature tra inquinamento interno ed esterno), Italia (1610), Francia (1380), Grecia (1050) e Ungheria (700).  Gli impianti più nocivi per la salute dei cittadini di altri paesi, precisa lo studio , si trovano in Polonia (responsabili di 4690 decessi prematuri oltreconfine), Germania (2490), Romania (1660), Bulgaria (1390) e Regno Unito (1350).

ENERGIA A CINQUE STELLE

Tornando agli ambiziosi programmi grillini, visto che come ha precisato lo stesso Crippa “siamo forza di governo a tutti gli effetti”, eccone i principali target (qui il focus di Formiche.net). Progressivo abbandono delle fonti fossili con diverse fasi a medio, 2030, e lungo termine, 2050. Nel lungo termine potrà avvenire la completa decarbonizzazione, con produzione di energia da fonti rinnovabili al 100%. E abbandonare l’importazione di energia da fonti nucleari. Riduzione dei consumi ed efficienza energetica: fissare da subito importanti obiettivi di riduzione dei consumi finali di energia aggiornando l’anno di riferimento a una data recente, utile a ridurre le emissioni climalteranti, di almeno l’80/95% rispetto al 1990. Sostenere la migrazione dei consumi termici verso il vettore elettrico, sostituire i mezzi di trasporto individuale e collettivo con mezzi che utilizzano combustibili alternativi come energia elettrica con l’impiego di energia rinnovabile ed idrogeno. Prevedere misure per favorire l’accumulo dell’energia nelle sue varie forme, privilegiando la diffusione di piccoli impianti domestici, e addio al petrolio anche nei trasporti e in agricoltura entro il 2050.

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