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Le tensioni non riguardano solo il ministero dello Sviluppo Economico, con il ministro Carlo Calenda a favore, e il sottosegretario Antonello Giacomelli contro. Divisioni solcano anche il Partito democratico. Ecco chi si è espresso a favore, e chi contro, la seconda tranche di privatizzazione, prevista entro l’estate, di Poste Italiane, la società guidata da Francesco Caio e presieduta da Luisa Todini.

LA PRIVATIZZAZIONE

In ballo c’è il collocamento sul mercato di un altro 30% del capitale di Poste Italiane attualmente nelle mani del ministero dell’Economia e delle Finanze. La cessione della prima tranche (35,5%) realizzata nell’ottobre 2015, ha generato entrate per 3,1 miliardi, mentre quest’ultima dovrebbe portare nelle casse del Tesoro circa 2,4 miliardi di euro. Il capitale della società quotata in Borsa dal 2015 è suddiviso tra Cassa depositi e prestiti (35%), Tesoro (29,3%), investitori istituzionali (21,8%) e singoli investitori (13,9%).

LE DISCUSSIONI NEL GOVERNO: CHI È A FAVORE

Per Calenda e Padoan non c’è da discutere. Bisogna privatizzare Poste, non tutta ovviamente, e rimettere in ordine i conti così come ci chiede l’Europa.
“Per ridurre il debito verranno utilizzate diverse leve, compresa quella delle privatizzazioni”, ha dichiarato il numero del Tesoro sottolineando che “l’idea sul perché si fanno le privatizzazioni non è cambiata” e che “l’obiettivo non è solo di fare cassa, ma anche quello di aumentare l’efficienza manageriale. Le privatizzazioni fin qui fatte e quelle che si faranno, non tolgono il posto di guida dello Stato, gli obiettivi strategici che uno Stato affida rimangono pienamente operativi”, ha detto Padoan.
Gli fa eco Calenda: “Sono assolutamente favorevole a privatizzare Poste; naturalmente non si parla di tutta, il controllo rimane nelle mani del governo. Credo che fare le privatizzazioni in un Paese ad alto debito sia importante, altrimenti non si capisce come ridurre il debito e fare investimenti”, è il commento del ministro dello Sviluppo economico a margine di una conferenza stampa su Almaviva.

E CHI SI OPPONE

Il sottosegretario allo Sviluppo economico, con delega alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, continua invece a mostrarsi “preoccupato e perplesso per la privatizzazione di Poste”. “Capisco l’esigenza di ridurre il debito pubblico, ma avanzerò una proposta su come raggiungere l’obiettivo senza procedere a una seconda tranche di privatizzazione di Poste Italiane”, ha detto Giacomelli a margine di un’audizione al Senato.

Nei giorni precedenti Giacomelli ha anche inviato una lettera ai vertici del Pd per invitare il partito a riflettere: “La scelta di procedere ad una ulteriore collocazione sul mercato di una quota del capitale di Poste Italiane, avanzata nelle ultime settimane, ha implicazioni molto serie – ha scritto Giacomelli -. Implicazioni che credo vadano ben ponderate dalla maggioranza che sostiene il governo e, prima di tutto, dai gruppi parlamentari del Pd. Vorrei, però, sgombrare il campo da un equivoco. Non è in discussione la necessità di ridurre il debito pubblico ma, in nome di questa esigenza, non si può certo porre ogni ipotesi di privatizzazione sullo stesso piano”.

La paura di Giacomelli è che, “per mantenere la promessa di alti rendimenti, si finisca per intervenire drasticamente su aspetti di minor interesse finanziario ma di maggiore utilità sociale, ovvero a discapito della rete di sportelli, del recapito, del personale dedicato ai servizi locali” e paventa il pericolo che “la vendita di un secondo pacchetto di azioni inevitabilmente finisca per incidere fortemente sul ruolo di Poste e del suo servizio, oltre che sul livello occupazionale”.

IL COMMENTO DI DELRIO

Anche un altro ministro di peso come Graziano Delrio, titolare del ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, si è mostrato molto cauto sul tema delle privatizzazioni: “Ho dei problemi, Matteo, a privatizzare le Frecce con dentro il trasporto regionale usato dai pendolari”, ha detto Delrio nella direzione del Pd riferendosi alla privatizzazione di Ferrovie dello Stato.

LE SPACCATURE NEL PD

Tensione anche tra i Dem. In una lettera al capogruppo del Pd, Luigi Zanda, 26 senatori hanno chiesto una riflessione sulle privatizzazioni, in particolare per Poste. Tra di loro c’è qualche renziano e molti franceschiniani. Matteo Orfini, presidente del Partito Democratico, durante la direzione del partito ha affermato: “Non si affronta il problema del debito con le privatizzazioni. Occorre una grande strategia di investimenti pubblici. Ma per il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan i dubbi del presidente del partito, così come quelle del ministro delle infrastrutture “sono timori sbagliati. Andremo avanti”.

Dalla parte di Calenda c’è invece il viceministro all’Economia Enrico Morando: “Senza polemica nei confronti di nessuno, come ha detto lo stesso Padoan, le privatizzazioni le faremo”, ha detto Morando.

Poste Italiane, ecco le tensioni nel governo sulla privatizzazione

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