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C’è una persecuzione ignorata, in pieno XXI secolo: è quella dei cattolici che, in Cina, continuano ad essere fedeli al Papa. Malgrado Roma e Pechino stiano cercando da quasi 20 anni un modus vivendi per convivere e consentire libertà di culto per i cattolici, il 27 aprile scorso la polizia cinese ha fatto irruzione nel corso di una Messa cattolica clandestina. Ma che cosa c’è alla base di questo scontro? C’è una storia molto lunga che, dal 1949/’51 ad oggi, non ha risparmiato colpi di scena. La racconteremo in tre puntate qui su Formiche.net.

COME I CRISTIANI ARRIVARONO IN CINA

La Chiesa e la Cina hanno relazioni molto antiche. Secondo la Catholic Encyclopedia (edizione 1911), l’introduzione del cristianesimo in Cina è stato ascritto a San Tommaso, ma anche a San Bartolomeo. E nel III secolo Arnobio, retore cristiano, parla dei “Seres” insieme a Persiani e Medi, raggiunti: “Dalle opere del Signore e dei propri Apostoli”.

Si dice che i nestoriani, condannati dal Concilio di Efeso nel 431, abbiano raggiunto la Cina nel VII secolo e risulta la costituzione di una sede metropolitana in Cina nel 411. Ma mancano notizie certe. È solo attorno al 1625 che i gesuiti di Pechino vengono informati di un resto archeologico, una pietra, scoperta nel 1623 a Cheu-Che, vicino Ch’ang-ngan. È il francese padre Nicolas Trigault mandato a vedere la pietra: c’è sopra l’iscrizione di una croce e poi si legge “Monumento che commemora l’introduzione e la propagazione della nobile legge di Ta T’sin nel Regno di Mezzo”. E poi prosegue narrando che attorno al 635 le Scritture sarebbero state tradotte in cinese, attorno al 638 sarebbe stato aperto un monastero e così via. A introdurre la religione tale Olopen, forse storpiatura cinese di Ruben o Rupen, o di rabban, cioè monaco.

I nestoriani prosperarono almeno fino al ‘200, poi cominciarono le prime missioni cattoliche: la prima è dell’aprile 1245, a contendersi il viaggio verso la Mongolia per mediare gli interessi della cristianità sono francescani e domenicani. Incontrano Batu, nipote di Gengis Khan, nel febbraio 1246: una lettera spedita da Batu viene recapitata ad Avignone nel 1247. Poi pian piano i contatti s’intensificano e si creano le prime missioni nell’Asia centrale: è il 1370 quando Guglielmo di Prato, professore all’Università di Parigi, viene nominato a Pechino. Caduti i mongoli ed ascesi i Ming, nel 1368, la storia s’interrompe. Nel frattempo nel 1577 Gregorio XIII crea per Cina, Giappone ed isole dell’Estremo Oriente la Diocesi di Macao. Poi nel 1659 Alessandro VII erige due vicariati apostolici e nel 1690 Alessandro VIII erige la Diocesi di Pechino per compiacere i portoghesi.

Ma è con i gesuiti, nel ‘600, che comincia l’epopea della Chiesa in Cina. Arriva il marchigiano Matteo Ricci che comincia a dare forma alle missioni nel Celeste Impero. Ci saranno persecuzioni e martiri nel ‘700 e nell’800. Sono ora i colonialisti francesi e britannici a difendere i cristiani, anche se attorno al 1870 muoiono ancora tanti missionari. E la Rivolta dei Boxer aggiunge altro sangue.

MAO CACCIA I MISSIONARI

Ecco, questo è l’antefatto. La nostra storia, però, comincia nel 1949 quando Mao Tze Tung decide di cacciare i missionari cattolici dal suolo cinese (nel 1955 ne restavano appena 20 sugli oltre 5mila di sei anni prima). Questo perché la religione cattolica viene vista come qualcosa di estraneo alla storia e cultura cinesi. E soprattutto perché presta obbedienza a una figura, il papa, che è considerato un capo di Stato straniero. A Mao che un altro possa avere potere sul suo territorio non va affatto bene. E provvede: i primi anni ‘50 sono anni di espulsioni in massa per gli stranieri, ma arresti e incarcerazioni (o il laogai, il “campo di rieducazione”) per i cinesi, siano essi sacerdoti o laici. Che peggiorano dopo il ‘51, quando Roma riconosce l’isola ribelle, Taiwan. E ci apre una Nunziatura, cioè un’ambasciata, che è però sguarnita dal 1972.

IL CORAGGIO DI KUNG

È significativa la risposta che il cardinale Ignazio Kung Pin-mei, al quale è dedicata un’apposita fondazione negli Stati Uniti che si occupa di tenere alta l’attenzione sulla Chiesa cattolica clandestina, diede quando il governo gli chiese di denunciare Pio XII e iscriversi alla nascente Associazione Patriottica, la “chiesa” nata per rimpiazzare la Chiesa clandestina: “Sono un vescovo cattolico apostolico romano. Se denunciassi il papa, non solo non sarei un vescovo, ma neanche un cattolico. Potete tagliarmi la testa, ma non mi toglierete mai le mie responsabilità”. Imprigionato tra il 1955 e il 1977, lui che nel 1950 era stato nominato come primo vescovo cinese di Shangai divenne cardinale in pectore (e cioè in segreto) per volontà di Giovanni Paolo II nel 1979, per poi essere pubblicato nel 1991. È morto nel 2000.

PIO XII CONTRO MAO

Pio XII reagì alla cacciata ed alle discriminazioni contro i cattolici in Cina. È del 1952 la lettera apostolica Cupimus imprimis nella quale scrive ai cinesi: Siamo stati sommamente rattristati nel sapere che tra voi la chiesa cattolica viene considerata, presentata e combattuta come nemica della vostra gente; che i suoi vescovi, gli altri sacri ministri e i religiosi e le religiose molto spesso, purtroppo, o vengono allontanati dalle loro sedi, o sono ostacolati nel libero esercizio delle loro mansioni, come se essa (…) obbedisse a interessi umani e alla bramosia di potere terreno.

Papa Pacelli rincuorò i fedeli cinesi, spiegò che la Chiesa in Cina voleva soltanto svolgere la sua predicazione senza aspirare ad alcun posto di potere. Poi, nel 1954, tornò sul tema con l’enciclica Ad Sinarum Gentem: In questi ultimi anni, purtroppo, le condizioni della chiesa cattolica in mezzo a voi non sono per niente migliorate; anzi sono aumentate le accuse e le calunnie contro questa apostolica sede e contro coloro che si mantengono ad essa fedeli; è stato espulso il nunzio apostolico, che presso di voi rappresentava la Nostra persona; e si sono intensificate le insidie per ingannare le persone meno illuminate. E si scagliò contro il movimento delle “tre autonomie”, nato nel 1950 per dare autonomia finanziaria, amministrativa e di apostolato alla Chiesa cattolica cinese, rendendola quindi indipendente dal Vaticano. La condanna dei sostenitori di tale movimento fu netta: Ma in realtà essi cercano, per venire alla cosa principale, di costituire finalmente presso di voi una chiesa, come dicono, «nazionale»; la quale non potrebbe più essere cattolica, perché sarebbe la negazione di quella universalità ossia «cattolicità», per cui la società veramente fondata da Gesù Cristo è al di sopra di tutte le nazioni e tutte singole le abbraccia.

Nel frattempo, però, Pechino aveva prima fondato (1951) l’Ufficio degli Affari Religiosi, la Sara (State Administration for Religious Affairs, Amministrazione Statale per gli Affari Religiosi), che è incaricata prima di tutto di: “Proteggere la libertà di culto dei cittadini cinesi come richiesto dalla legge, tutelare i diritti e interessi legittimi dei gruppi religiosi e le loro sedi d’attività, assicurare che i capi religiosi conducano regolari attività religiose, assicurare ai cittadini che vogliano far questo di prendere parte a regolari attività religiose”. Ma c’è anche il compito di “studiare vari credo religiosi”, o anche preparare norme in merito alla religione e controllarne l’applicazione. La Sara lavora con i governi locali “appianando” eventuali problemi in tema di religione. Soprattutto, siccome la politica c’entra sempre, la Sara deve: Supportare iniziative a promozione del patriottismo, socialismo, riunificazione della madrepatria e solidarietà tra i singoli aderenti ai gruppi religiosi; unire e motivare i cittadini con credi religiosi ad aiutare il processo di riforma ed apertura del Paese, come la costruzione economica.

L’ASSOCIAZIONE PATRIOTTICA VS. LA CHIESA CATTOLICA CLANDESTINA

E con questo siamo alla fine di questa prima puntata. Nel 1957 è stata così costituita l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese. È una “chiesa” che non riconosce alcuna autorità se non quella dello Stato. Non è fedele al papa, i suoi vescovi ufficialmente non sono nominati dal Papa. Da ultimo si sta cercando un modus vivendi per consentire di “riconoscere” da Roma i vescovi “ufficiali”. È un dialogo lungo e paziente, ma ad oggi i vescovi “patriottici” non riconosciuti dal Vaticano si contano sulle dita di una mano. Al punto che nel febbraio scorso si è potuto parlare di un accordo ormai vicino.

Dall’altro lato c’è la Chiesa cattolica clandestina, con 8 milioni circa di fedeli (ma il numero preciso non è noto) e da sempre nel cuore dei papi. Nel 2007 così scriveva Benedetto XVI a proposito del difficile rapporto con Pechino e con i “patriottici”: Il papa, quando concede il mandato apostolico per l’ordinazione di un Vescovo, esercita la sua suprema autorità spirituale: autorità ed intervento, che rimangono nell’ambito strettamente religioso. Non si tratta quindi di un’autorità politica, che si intromette indebitamente negli affari interni di uno Stato e ne lede la sovranità. (…) Auspico che si trovi un accordo con il Governo per risolvere alcune questioni riguardanti sia la scelta dei candidati all’episcopato sia la pubblicazione della nomina dei Vescovi sia il riconoscimento — agli effetti civili in quanto necessari — del nuovo Vescovo da parte delle Autorità civili.

Sono vent’anni e più che si lavora a questa conciliazione e i colpi di scena, come vedremo nella prossima puntata, non mancheranno.

papa francesco

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