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I casi di Mps e dei due istituti veneti hanno evidenziato una grave lacuna del sistema bancario europeo: non c’è oggi un meccanismo efficace e certo per gestire le crisi, da applicare con velocità quando serve. Quando una banca è in difficoltà si attivano procedure complicate e si interpretano i commi delle direttive, con lungaggini insensate nelle emergenze (che richiederebbero rapidità d’azione e certezza delle procedure). Il risultato è una trafila di procedimenti che hanno una ragion d’essere solo dal punto di vista delle singole autorità coinvolte (Commissione Ue e Bce), ma che rallentano le soluzioni, con danni alle banche da salvare.

Alla base di tutto c’è una mancata risposta politica a due domande: gli aiuti di Stato servono o no in casi di emergenza? E, se servono, come vanno applicati? Le risposte dell’Europa sono state finora equivoche, sia ora che in passato. La Ue ha adottato le due soluzioni più estreme: prima del 2013 gli aiuti alle banche erano concessi sempre, dopo il 2013 mai. Così la direzione Concorrenza della Commissione Ue ha cristallizzato una disparità concorrenziale che ha danneggiato l’economia italiana (anche per la colpevole disattenzione della politica italiana che ha accettato il cambiamento delle regole, come spesso ricordato). Ora però serve una riflessione su come creare un sistema per gestire le crisi bancarie in modo più flessibile, senza aspettare che le correzioni siano introdotte soltanto dopo un fallimento in Germania. Nel frattempo nel vuoto della politica è stato affidato un potere enorme ai tecnici, i sacerdoti cui spetta l’interpretazione delle leggi.

La Ue ha appena messo in piedi (con la direttiva Brrd) un nuovo meccanismo per le crisi, basato sul bail-in. Peccato che si sia già rivelato inefficiente. È un dato di fatto: finora banche e autorità hanno fatto di tutto per scappare dal bail-in, per evitare un effetto-contagio, perdite di fiducia e, in definitiva, un ulteriore peggioramento della situazione. Lo si è visto a fine 2015: tutte le banche Ue in difficoltà (anche le quattro regionali italiane) hanno accelerato le risoluzioni per evitare il bail-in, in partenza da gennaio 2016. E dopo questa data si sono cercate eccezioni di ogni tipo per scongiurare la svalutazione di titoli senior e depositi. Basti pensare a Mps . La soluzione è stata trovata nell’articolo 32 della Brrd, che consente le ricapitalizzazioni pubbliche precauzionali per le banche con deficit negli scenari avversi degli stress test (con il burden sharing limitato ad azioni e titoli subordinati). Per alcuni giorni si è avuta l’impressione che le ricapitalizzazioni preventive potessero funzionare. Ma poi anche quella strada si è rivelata tortuosa e incerta.

Il piano di Mps è in preparazione da settimane, senza che sia chiaro quanto capitale serva e a quali condizioni potrà essere utilizzato per pulire i bilanci dalle sofferenze. Le ricapitalizzazioni precauzionali infatti non possono essere utilizzate per le perdite future ma solo per quelle immaginarie degli stress Eba-Bce. Per le banche venete non si sa neppure se la ricapitalizzazione precauzionale sarà possibile poiché gli istituti potrebbero non essere considerati solvibili. Già questa è una situazione pericolosa e incerta: per mettere a posto i dettagli tecnici serviranno altre discussioni e altro tempo. Ma lo scenario potrebbe ulteriormente peggiorare: svanite le ricapitalizzazioni precauzionali, non c’è alternativa al bail-in. Così per le banche venete resta in piedi la possibilità di svalutare le obbligazioni ordinarie (in certi casi sottoscritte molto prima della Brrd) e se non fosse sufficiente anche i depositi oltre 100 mila euro. Sarebbe un evento più devastante dell’annullamento dei titoli subordinati delle quattro banche. L’Europa è davvero pronta a correre questo rischio? Lo avrebbe corso anche in una crisi francese o tedesca? Oppure l’Italia farà ancora da cavia? Nei giorni scorsi anche il presidente delle good bank Roberto Nicastro ha suggerito modifiche alla Brrd per correggere gli errori della prima scrittura. Servono alternative al bail-in e un’autocritica sul divieto assoluto di aiuti di Stato, definendo una volta per tutte condizioni chiare per il loro eventuale utilizzo, da applicare rapidamente e senza incertezze normative in caso di necessità. Nessun Paese può permettersi di giocare con la risorsa più preziosa per le banche, ovvero la fiducia dei clienti.

Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

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