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Forse perché l’argomento è difficile per una generazione di europeisti cresciuti marciando per la pace e contro la bomba, il dibattito sulla creazione di un “deterrente nucleare” sotto il controllo di Bruxelles non ha forse ricevuto l’attenzione che meriterebbe. Secondo il New York Times la proposta, portata avanti con particolare calore dalla Germania, avrebbe guadagnato slancio con i dubbi sulla continuata disponibilità degli Stati Uniti – specialmente sotto la Presidenza Trump – ad offrire un “ombrello difensivo” all’Europa in assenza di una maggiore collaborazione alla copertura della spesa. Se è questo il contesto, allora è evidente che uno degli obiettivi dell’ipotetica “forza di dissuasione nucleare” sarebbe quello di acquisire una nuova copertura militare al minor costo possibile.

L’idea però attira anche chi vuole dimostrare che il “Progetto Europeo” sia ancora vitale, che non si arenerà solo per l’incomprensione degli elettori ingrati di alcuni stati membri. E poi, i paesi “seri” hanno la bomba. Non dovrebbe averla anche la Ue? Oltre ai problemi politici e d’immagine per l’Unione, che si è finora vantata dell’approccio “soft” alle relazioni internazionali, nasce la questione di chi potrebbe dare queste armi a Bruxelles. Le potenze nucleari europee sono solo due, il Regno Unito e la Francia con la sua “Force de frappe”. Il crescente astio nei rapporti tra Londra e Bruxelles – nonché gli stretti legami dei primi con gli Usa – quasi certamente escludono l’apporto britannico, anche se l’idea di qualche tipo di “appoggio esterno” è lenta a morire ai livelli strategici dell’Ue, perfino dopo l’esito del referendum Brexit. Toccherebbe dunque alla Francia fornire la force de dissuasion.

Qui le alternative sarebbero due: o che il Paese ceda le sue armi all’Unione – impensabile – o che queste vengano spostate altrove in Europa, restando però sotto il controllo della Francia, come le atomiche Usa dislocate presso alleati. Nemmeno questo lo vorrebbero i francesi, ma la Germania pensa di avere modo di convincerli: con i soldi. Il parlamentare tedesco Roderich Kiesewetter, portavoce per la politica estera del CDU – il partito di Angela Merkel – spiega che il piano avrebbe quattro elementi chiave: “L’impegno francese ad usare le armi per la difesa comune europea, il finanziamento tedesco per dimostrare la natura ‘collettiva’ del programma, un comando congiunto e un piano per dislocare le testate francesi in altri paesi europei”.

Che ciò possa succedere pare per ora improbabile. Oliver Thränert, del Center for Security Studies, ETH Zurich, scrive su Policy Perspectives che la creazione di un deterrente nucleare europeo “non solo sarebbe molto costosa, ma anche un campo politicamente minato, pieno di potenziali conseguenze indesiderate”. Aldilà di cosa ne pensino gli analisti, è difficile che la pacifica popolazione europea possa accettare che uno dei costi per mandare avanti il “processo di unificazione” dell’Ue – già in crisi di sostegno popolare  – debba essere quello di dotare Bruxelles dell’effettiva capacità di lanciare un attacco nucleare. Un po’ a sorpresa invece, l’idea potrebbe non dispiacere del tutto agli Stati Uniti. Doug Bandow, del think tank conservatore americano Cato Institute, scrive con brutale chiarezza anglosassone: “Anziché aspettarsi che gli Stati Uniti rischino uno scambio nucleare per proteggere l’Europa, gli europei stessi dovrebbero assumersi tale rischio”.

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