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Nuovo anno, nuove divergenze nella squadra del Fatto Quotidiano? Qualcuno se lo chiede dopo aver letto le principali firme del giornale sulle vicende del Movimento 5 Stelle. Se infatti in chiusura di 2016 erano state le burrascose mosse della giunta romana di Virginia Raggi a mettere su fronti opposti il direttore del Fatto cartaceo Marco Travaglio, il direttore de il fattoquotidiano.it Peter Gomez e l’editorialista ed ex direttore Antonio Padellaro (qui la ricostruzione di Formiche.net), a provocare diverse prese di posizione all’interno al giornale sono ora il nuovo Codice degli eletti voluto da Beppe Grillo e l’invettiva contro i media con la richiesta di una Giuria Popolare. Si susseguono così le divergenze tra i giornalisti filo-grillini, dopo che anche tra Michele Santoro e lo stesso Travaglio sono volate scintille (qui e qui).

TRAVAGLIO DIFENDE GRILLO

La linea editoriale l’ha ribadita nell’editoriale di ieri il direttore del quotidiano cartaceo Travaglio che ha elogiato la scelta del Movimento di “fissare chiaramente le cose da fare nei vari passaggi che attraversa un eletto o un iscritto (due figure da tenere ben distinte) quando finisce sotto inchiesta o processo”, specificando però che “il merito delle regole stabilite è ovviamente discutibile”. Travaglio ha smontato le ricostruzioni giornalistiche che parlano di “svolta garantista” di Grillo: “Mai i vertici 5 Stelle hanno espulso qualcuno dei loro o messo nero su bianco l’obbligo di dimettersi per altri soltanto sulla base di un’indagine in corso”. Quindi “altra balla” sul “salvagente ad personam” per la Raggi che “sarà soltanto la prima cavia, sempreché sia vero che la Procura di Roma si accinge a indagarla”. Infine la chiosa: “Dei 5 Stelle, almeno finora, si è potuti dire di tutto, ma non che rubino, confutano, si facciano corrompere, intaschino denaro pubblico”.

PADELLARO BACCHETTA GRILLO

Ben altro trattamento viene fornito a Grillo e ai 5 Stelle dal predecessore di Travaglio alla guida del giornale, ossia da Padellaro, ora presidente della società editrice del Fatto. Nel suo commento di ieri non in prima pagina l’ex direttore si rivolge al leader del Movimento dicendogli che “non serve il Minculpop a 5 Stelle”, tirando quindi in ballo nientemeno che l’organismo del Ventennio fascista per criticare l’uscita del comico genovese contro giornali e tv italiane. “È come se le scelte adottate dal garante del M5S – scrive Padellaro – poggiassero su di un equilibrio instabile: un passo in avanti su convinzioni maturate nella pratica istituzionale, per poi ricadere all’indietro nel movimentismo più rozzo e vendicativo”. Grillo, commenta l’ex direttore del Fatto, dovrebbe “interrogarsi sul concetto di democrazia”, proprio in funzione degli otto-nove milioni di cittadini che dal 2013 gli danno fiducia. “Davvero essi chiedono di essere governati da una classe dirigente nata sul principio di uno vale uno ma oggi costretta a rispondere delle proprie azioni a uno soltanto? – conclude Padellaro -. Davvero questa parte della nazione non è in grado di distinguere tra informazione corretta e informazione taroccata e sente impellente la necessità di un Minculpop a cinque stelle?”. Diverso il tenore del commento di Travaglio: “Il problema da cui parte Beppe Grillo è vero, le bugie più grosse sono quelle che diffondono tv e giornali, ma la soluzione che propone è ingenua e non ha nessuna possibilità di funzionare”. Per il direttore del Fatto, l’idea di una giuria popolare che valuti l’operato dei giornalisti è “balzana ma non pericolosa, non c’entra nulla con l’olio di ricino”. “Molto più pericoloso – sottolinea Travaglio – è quello che dice il presidente Antitrust Giovanni Pitruzzella, cioè che il potere pubblico debba intervenire per bloccare le presunte bugie sul web. Pericolosa è la risoluzione del parlamento europeo, che lo impegna a contrastare la propaganda contro l’Ue”.

DIVERSITA’ DI VEDUTE SU RAGGI

Qualche settimana fa, ospite di Lilli Gruber a Omnibus negli studi di La7 insieme a Corrado Augias (qui la puntata), Padellaro era andato ben oltre, come oggi sottolineato da Francesco Damato nei suoi Graffi per Formiche.net. L’editorialista del Fatto aveva elogiato la nostra Polizia dopo l’uccisione del terrorista tunisino Amis Amri, criticando invece Grillo perché “fare l’opposizione è una cosa e governare i problemi è altro”. Da qui la stilettata alla Raggi, sempre difesa invece da Travaglio: “La Raggi poteva non cooptare personaggi di dubbia moralità e fare una giunta più efficace. Vogliamo dire che il primo round è andato male? Vogliamo aspettare il secondo round? Gli diamo una prova di appello? Io gliela darei”. E pensare che invece Gomez proprio pochi giorni prima aveva invocato le dimissioni della sindaca dopo l’arresto di Marra. La difesa di Raggi da parte di Travaglio ha attirato le perplessità di un ex parlamentare dipietrista, Elio Lannutti, leader di Adusbef, autore di esposti e denunce spesso enfatizzate dal blog di Grillo, come ad esempio sul caso Mps. Come ricostruito da Andrea Picardi su Formiche.net, da tempo il direttore del Fatto Quotidiano è (implicitamente) finito nel mirino di Lannutti per le posizioni in merito al caso Raggi.

LE DIFFERENZE SU GENTILONI

Sempre nel corso di quella trasmissione condotta da Gruber, Padellaro aveva riconosciuto che “noi come Fatto abbiamo espresso sospetto che Gentiloni sia un avatar di Renzi. Ecco – aveva aggiunto – può darsi che con i mesi che verranno, diamogli un primo round, dimostri di avere una sua autonomia. Anche perché si sta giocando una grande partita, non ho mai visto un uomo politico che decide di bruciarsi per fare comodo a un amico”. Per la cronaca, come ricordato da Damato, in quegli stessi giorni Travaglio aveva bollato Gentiloni come Genticloni, accusandolo di essere eterodiretto da Matteo Renzi.

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