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Si stanno avvicinando i giorni delle “manovre” di finanza pubblica: il 10 aprile è la scadenza per il Documento di economia e finanza (Def) e per il Programma nazionale delle riforme (Pnr). Contemporaneamente, occorre rispondere, con azioni e fatti, ai rilievi dell’Unione europea (Ue) alla legge di bilancio 2017. Saggezza suggerisce che ci sia una “manovra” unica, non due manovre distinte, anche in quanto la scadenza naturale della legislatura è tra circa un anno. Sarebbe anche contemplabile una manovra estesa sino alla fine del 2018, con una prima parte da attuare questa primavera e la seconda da incorporare nella legge di bilancio da varare entro Natale. È essenziale che gli orientamenti ed i contenuti siano essenzialmente i medesimi.

Da interviste, voci di Palazzo, dichiarazioni a mezza bocca, si deduce che il governo sta mettendo a punto una manovra su due pilastri: spending review per ridurre la spesa e, quindi, il carico tributario (specialmente quello sul lavoro); rilancio dell’investimento (e pubblico e privato) con obiettivi sia di breve periodo (migliore utilizzazione dei fattori produttivi) sia a lungo termine (aumento della produttività tramite la disponibilità di maggiore capitale sociale). I due pilastri sono ineccepibili.

Occorre, però, chiedersi come verranno attuati. Su Formiche.net, ho trattato spesso di  spending review e degli scarsi risultati ottenuti dalle cinque edizioni sino ad ora avute affidate a Commissari. Su questi temi, ho scritto libri sia accademici sia divulgativi, l’ultimo una ‘guida’ spending review basata su esperienze internazionali e redatta in modo che potesse essere adottata anche delle fatidiche massaie di Voghera (La Buona Spesa con Stefano Maiolo, Biblioteca del Centro Studi ImpresaLavoro). Se si è, finalmente, deciso di fare qualcosa di serio occorre rispondere a due domande: a) a quale istituzione affidare una spending review di lungo periodo (meglio ancora permanente come negli Usa, in Francia, in Gran Bretagna, in Germania ed in altri Paesi); b) quale metodo adottare. Propongo da decenni che ne venga incaricata la Ragioneria Generale dello Stato (Rgs), non Commissari precari e provvisori, e che si utilizzino l’analisi costi benefici (estesa alle opzioni reali) ed il ‘metodo degli effetti’. Se queste proposte non sono, per un motivo o per un altro, accettabili, il governo ne formuli altri. Non si può eludere il problema.

Per quanto attiene in particolare all’investimento pubblico e soprattutto a quello per infrastrutture, esce in questi giorni, per Marsilio Editori, un libro importante che verrà presentato al Cnel il 23 marzo: Programmare e/è pianificare. Una lunga storia critica di Ercole Incalza, il quale, in varie capacità, è stato uno dei protagonisti della infrastrutturazione del Paese dall’inizio degli anni ottanta ad oggi. Sono 430 pagine dense che ricostruiscono le vicende, le difficoltà, le problematiche, gli ostacoli dell’investimento per opere pubbliche in Italia. Si può non essere d’accordo con ogni riga o paragrafo (io stesso dissento su alcuni punti), ma si tratta di lavoro che il governo dovrebbe studiare con cura al fine di individuare quali sono le soluzioni da mettere in atto alle problematiche sollevate. Anche in questi casi, se le proposte non sono ritenute valide, se ne formulino alternative. Non si può eludere il problema.

Ultimo punto. Dal 1995 al 2008, sono stati tenuti, presso le varie diramazioni della Scuola nazionale della pubblica amministrazione, oltre duecento corsi di formazione in metodi e tecniche di valutazione della spesa sia di parte corrente sia in conto capitale; numerosi finanziati su fondi europei. Dal 2008 sono stati praticamente sospesi. Se non andavano bene quelli modulati sui programmi europei, si formulino alternative. Ancora una volta, non si può eludere il problema.

goverbo, padoan,

Consigli non richiesti al governo su riforme, spending review e investimenti

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