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L’onorevole Roberto Speranza – annunciando di voler presentare nella prossima campagna congressuale la sua candidatura alla guida del Pd in competizione con quella di Renzi – ha affermato di voler andare “là dove il partito non riesce più ad essere ovvero nelle fabbriche, nelle periferie e nei luoghi del disagio sociale”.

Proposito il suo sicuramente lodevole, a mio avviso, che dovrebbe essere condiviso da tutti i possibili competitor del segretario in carica, ma che mi suscita subito una domanda che però non vuole in alcun modo essere impertinente. Ma sinora l’onorevole Speranza – che pure è un autorevole rappresentante della minoranza del Partito democratico – dove è stato, se solo ora vuole andare nei luoghi del grande disagio sociale? Non ha forse anche lui frequentato troppo (almeno sinora) i conciliaboli romani dell’area di appartenenza, riducendo al minimo i suoi contatti coi territori e i ceti colpiti dalla crisi? Ma poi, è proprio così sicuro che tanti dirigenti locali del partito – ma anche tanti uomini e donne nel Governo ed amministratori del Pd di città e Regioni – non siano stati e non siano tuttora ben più di lui a contatto con operai, disoccupati e precari e i loro problemi?

Ad esempio, dobbiamo forse ricordare all’On. Speranza lo strenuo lavoro quotidiano al ministero dello Sviluppo economico della viceministra Teresa Bellanova, impegnata su tante grandi vertenze per difendere in tutti i modi migliaia di occupati in pericolo? E dobbiamo forse ricordare all’On.Speranza l’altrettanto assiduo impegno dell’ex sottosegretario (ora ministro alla Coesione e al Mezzogiorno) Claudio De Vincenti sulle questioni dell’Ilva e del suo grande stabilimento di Taranto che con i suoi 11.222 addetti diretti è la più grande fabbrica d’Italia? A proposito del siderurgico ionico, inoltre, chi scrive non ricorda di aver visto (almeno sinora) l’On.Speranza confrontarsi in affollate assemblee cittadine con operai, tecnici e dirigenti dell’Ilva sul presente e il futuro del sito ionico: esperienza che, invece, vede impegnati molto spesso parlamentari tarantini come l’On. Ludovico Vico.

Così come, (almeno sinora), non è stata segnalata un’assidua presenza dell’On.Speranza – e di altri autorevoli rappresentanti della minoranza che pure ritengono di essere più vicini ai ceti del disagio sociale rispetto alla maggioranza renziana – a grandi manifestazioni popolari svoltesi sui territori per salvare posti di lavoro, dall’Eni di Gela all’Alcoa nel Sulcis, dalla Miroglio nel Tarantino alla vertenza dell’Ex Om a Bari, seguita invece quotidianamente dal Sindaco del capoluogo il renziano Antonio Decaro e dal presidente della regione Puglia Michele Emiliano (che renziano non è), per non parlare della sua assenza sulle difficili problematiche di alcune Pmi del comparto aeronautico nell’area di Brindisi, seguite invece dagli onorevoli locali Mariano e Tomaselli.

Insomma, l’impressione netta che si ricava dai pur lodevoli propositi dell’On. Speranza – ma naturalmente ci auguriamo di sbagliarci – è che il suo costante riferimento “ai luoghi dove il Pd non riesce più ad essere” sia più una sorta di richiamo retorico che non un’affermazione realmente documentata. E anche il suo essere andato a Monfalcone – ove è stata sconfitta elettoralmente la giunta di Centro-sinistra che governava da lungo tempo la città dei “grandi cantieri” – dovrebbe indurlo a chiedersi subito se realmente quella specifica amministrazione sia stata efficace nel governo della città, invece di attribuire sempre e solo le responsabilità di quella sconfitta al Jobs Act e all’abolizione dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori.

E poi l’On. Speranza vuole andare nelle fabbriche, ma per dire che cosa? Si è pienamente consapevoli di quanto sta realmente accadendo in molte industrie in diverse aree del Paese, in cui è entrata negli ultimi anni una nuova generazione di operai qualificati e di tecnici laureati fra i quali si sta diffondendo un percepibile disagio (fra l’altro) per un egualitarismo salariale contrattualmente tutelato che finisce di fatto col mortificare prestazioni lavorative ad alto contenuto di professionalità che neppure la contrattazione integrativa in azienda riesce pienamente a valorizzare? E c’è pertanto nei propositi “operaisti” dell’On. Speranza un’analisi approfondita e scientificamente attendibile dei tanti profili e delle autentiche attese di tutti coloro che sono impegnati nel lavoro delle fabbriche che lui vorrebbe andare a visitare? Operai, quadri e tecnici, lo si ripete, ai quali in molti casi non sta tanto a cuore il ripristino dell’art. 18 quanto l’effettivo riconoscimento di mansioni, qualifiche e retribuzioni per prestazioni fra loro ormai molto diversificate, con differenze che l’ormai avviato programma Industria 4.0 tenderà ulteriormente ad accentuare: una grande questione, questa, che si profila in un tempo ormai imminente e che metterà a dura prova sindacati, partiti, associazioni di categoria, giuslavoristi, legislatori, e tutti coloro che a vario titolo e a vari livelli sono impegnati nel mondo del lavoro o che si accingono a entrarvi.

E’ comprensibile dunque un certo propagandismo di chi si candida alla segreteria nazionale del Pd, ma sarebbe saggio (e prudente per tutti) non intestarsi in esclusiva una sensibilità verso determinati ceti sociali, perché l’incontrarli de visu potrebbe riservare molte sorprese e imporre subito dopo rapidi aggiornamenti di analisi e di proposte.

3 domande birichine a Roberto Speranza su Sud, industria e operai

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